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Mi sento trasportare verso il piano superiore per poi essere gettata sul mio letto a pancia in giù. Non riesco a muovermi, sono paralizzata dalla paura e dal dolore.
Mi sfila i pantaloni della tuta, mi mette una mano sulla bocca e sprofonda dentro di me. Tutta la sua rabbia adesso la sta sfogando così. Dentro di me.
Vorrei urlare, divincolarmi, resistere ma non ce la faccio.
Sto inerme a sopportare la violenza.
Sento un dolore diverso da quello di dieci minuti fa. Lancinante, infuocato sulle natiche, fianchi e schiena. Morsi.
Esce da me e io traggo un sospiro di sollievo.
La speranza dura poco perché mi gira supina e mi penetra nuovamente. Non riesco a guardarlo negli occhi quindi fisso fuori dalla finestra aspettando, sperando in un miracolo.
Porta la sua mano alla mia gola e stringe.
Dopo 34 minuti viene sulla mio ventre. Non sono sicura che abbia usato precauzioni.
Si distende nel letto vicino a me e mi bacia
R: allora arrivederci tesoro.
Mi fa l' occhiolino, si riveste e se ne va lasciandomi sul letto senza pantaloni, sanguinante con lo sguardo perso nel soffitto.
Non sento più niente. Non riesco a sentire niente.
Non voglio più sentire niente.
Sono persa


Ragazzi non odiatemi, nei prossimi capitoli vedremo il Signor Mario Molinari all' opera

La chiamavano CalvairateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora