Capitolo ventiquattro.

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Passarono molte settimane da quel brutto 15 ottobre, giorno in cui, conobbi un nuovo lato dei miei così detti 'Amici' Alice e Francesco. Li avevo sempre considerati come fratelli e non mi sarei mai aspettata un' accoltellata alle spalle. Gabriele ancora non sapeva  e non si domandava niente, per fortuna, il motivo per il quale non uscissi più con loro due. Molto probabilmente pensava che avessi poco tempo a disposizione per via dei miei piccoli lavoretti che svolgevo dopo scuola, sia per la preparazione alla maturità.

In casa mia la situazione cambiò, Alessio, mio fratello grande, una sera a tavola, ci informò con aria indifferente che tra lui e Sara era finita. Non aggiunse una spiegazione al riguardo. Io curiosa ero spronata dal chiedergli una motivazione, ma notai lo sguardo, spietato di mia madre che mi osservava, ciò mi fece intendere che non era il momento giusto. Qualche giorno dopo, invece trovai mia madre in cucina che piangeva, sommersa da fogli. Mi disse che si era indebitata e che molto probabilmente avrebbe dovuto vendere il negozio, per mantenere mia sorella in America. Non volevo che mia madre soffrisse ne volevo che mia sorella tornasse, senza finire il suo piano di studio, perciò decisi di darle i miei risparmi, accumulati dai miei lavori. Inizialmente mia madre non acconsentì, ma dopo una lunga discussione con mio padre, accettarono i soldi, non erano molti, ma sommati a quelli di mio padre riuscimmo a salvare la situazione.
A casa di Gabriele la situazione non era migliore, i suoi genitori, erano sul punto di rottura. Sua madre aveva scoperto , che suo marito aveva preso il vizio dell'alcool. La sera, dopo cena, lui usciva e andava nel bar vicino casa a bere e quando era ora di rientrare non si reggeva in piedi, e la situazione più andava avanti, più peggiorava. Sua madre non lo volle dire a Gabriele, per paura, ma era sotto gli occhi di tutti.

A scuola i miei voti stavano migliorando e la professoressa di matematica, era molto contenta dei miei progressi, partecipavo a molti progetti scolastici, nella speranza che me li contassero come crediti.
Gabriele andava a scuola una settimana si e due no, le cadute di salute le aveva molto spesso e si alternava tra casa e ospedale. Era sottoposto a chemioterapia e a radioterapia, ancora, perché pare che la combinazione di questi due trattamenti, allunghi la vita dei pazienti. La nostra paura di un carcinoma , venne abbattuta, quando il dottore che lo aveva in cura lo negò.

'Abbiamo ottime notizie oggi. Gabriele il tuo tumore, sta cedendo. Mi spiego meglio, sembrerebbe che stia regredendo, ovviamente è ancora presto per cantare vittoria, ma per ora gioiamo con questa bella notizia'

Quel pomeriggio, avevo deciso di accompagnarlo a fare la chemioterapia. Era la prima volta, si dopo tutti quei mesi, me ne vergogno ancora.
La sala era composta da delle pareti grigio topo, con i soffitti bianchi. Mi dava un senso di oppressione, che cercavo di non trasparire agli occhi di Gabriele.
Quando entrò, tutti lo salutarono, sia gli infermieri sia i pazienti, era di casa.
'Come stai Gabriele?'
'Oggi meglio, te Carla?'
'Alla fine hai risolto quell' esercizio di matematica? '
' Si, dopo due ore! ' sorrise e allungò una mano verso me' Lei è la mia ragazza, Silvia'
'Che bella ragazza ti sei scelto! Io sono Carla.' mi porse la mano ed io la strinsi sorridendole. Aveva la testa avvolta in una benda, ciò mi fece presumere, che avesse perso tutti i capelli, per via della cura. Gli occhi grandi, incavati per la sofferenza, ma si poteva ancora notare il loro bellissimo colore: azzurro ghiaccio.
Un'infermiera lo chiamò e ci fece strada in un'altra saletta, riuscivo a sentire solo i nostri passi e i 'bip' fastidiosi dei vari macchinari.
Oltrepassata la porta, mi sentii 'rinascere', avevamo lasciato alle spalle, quel luogo orribile ed eravamo arrivati in questa enorme sala con delle bellissime finestre, che davano su un bellissimo panorama. Alla nostra sinistra vi era un bancone grande, con tre infermiere indaffarate, tra scartoffie e telefoni. La ragazza che ci aveva accompagnati chiese alle tre ragazze, la cartella clinica di Gabriele e annuendo con la testa, in modo serio ci fece accomodare dall'altra parte della stanza. Vi erano dieci finestre, divise l'una dall'altra da dei muri in cartongesso, ad ogni blocco, si potevano contare una poltroncina e una sedia. Gabriele senza alcuna indicazione, si mise seduto sulla poltroncina e chiuse gli occhi. L'infermiera mi sorrise e indicò la sedia accanto a lui, così mi accomodai. Sparì per poi tornare con le flebo. Fece delle smorfie quando gliele inserì sotto pelle, ma non emise neanche un suono.

Passarono un paio di minuti prima che interruppe quel silenzio.
'Può darsi che mi sentirò male, ma tu non avere paura, va bene? Mi capita spesso, ma è normale'
'Ok..' non era stato proprio un bel modo per iniziare una conversazione, ma accettai lo sforzo, non parlava perché si vergognava di farsi vedere debole davanti a me.
'È un bel panorama, non trovi?'
'Sono alberi e cielo, niente di che'
'Gli alberi non ti danno un senso di libertà?'
'Questo panorama mi fa venire in mente solo una cosa, la vuoi sapere?'
'Si, certo!'
'Beh, io morirò, gli alberi mi daranno una mano ad andare su, con il loro vento, e così raggiungerò il cielo, dove forse incontrerò la mia pace tanto desiderata' scoppiò a ridere e mi scompigliò i  capelli con la mano sinistra 'A dir la verità tutte le volte che vengo qui non guardo fuori, cerco di dormire, anzi dormo! Quindi non so che cosa mi possa trasmettere realmente e poi io non sono emotivo come te!'
'Che stupido che sei!'
'Dai che ti ho fatto ridere!'
'Coglione.'
Mi accarezzò il volto e si avvicinò per darmi un bacio a stampo che io non rifiutai.

Le sue labbra, me le ricordo ancora, morbide e carnose, ogni volta avevano quel sapore di menta, di fresco, di pulito, non so come spiegare.

'Sudi tutte le volte?'
'Diciamo..' - 'Comunque stasera ti va di guardare un film insieme?'
'Certo! Lo scelgo io il film, però!'
'Che palle!'
'Cazzi tuoi.'

Venne un infermiere che sostituì il sacco della flebo, con un altro 'nuovo' e se ne andò.

'Mamma mia..'
'Cosa?'
'Neanche un sorriso'
'Silvia è normale! Nessuno si vorrebbe affezionare a persone che forse moriranno e quindi assumono questo atteggiamento freddo, per non soffrire!'

Il suo ragionamento non faceva una piega e forse facevano bene a non affezionarsi.

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