Capitolo 4

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Amavo il silenzio, senza accorgermene in poco tempo ne ero diventata dipendente, odiando chiunque rovinasse quella bolla che avevo creato intorno a me. Smisi di parlare, limitandomi solamente a rispondere con il pensiero; semplicemente non mi importava più di rispondere e nemmeno di fare amicizia con altre persone che prima o poi avrei dovuto lasciare. La morte di mio padre mi aveva portato a chiudermi ulteriormente in me stessa; lo adoravo, ero la classica bambina che avrebbe voluto "sposare" il proprio padre, forse perché mi trattava sempre come una principessa. Lavorava molto, tornando sempre la sera tardi non riposando mai abbastanza. Lo definivano un gran lavoratore, ma io, con la consapevolezza dei 15 anni, lo avrei chiamato "suicida" anche se lo faceva per il bene della famiglia. Lui diceva sempre che non gli importava finché aveva me e mia madre al suo fianco. Come risultato finale... Morì a causa di un colpo di sonno. Ogni volta che mi capitava di pensarci, iniziavo a sentirmi male, con capogiri, nausea e la stessa cosa succedeva ogni volta che provavo a raccontarlo a qualcuno. Solo una cosa mi ero vietata dal giorno che seppi della sua morte: Non dovevo piangere.

-Lucia!- Mi sentii chiamare dalla professoressa.

Alzai a malapena lo sguardo stordita, cercando di trattenere la nausea.

-Va tutto bene? Sei pallida, vuoi andare in infermeria?-

Scossi leggermente la testa, limitandomi a tornare a a guardare il banco. Mia madre aveva iniziato ad odiare questa "risposta", aveva iniziato a capire che facevo così quando pensavo a mio padre.

Vidi la mia compagna di banco alzare la mano rivolgendosi alla professora. -Accompagno io Lucia in infermeria.-

La fulminai con lo sguardo. Non sopportavo le persone che usavano queste cose come una scusa per perdere delle ore, o semplicemente per passare per i buoni della situazione. Fui costretta a seguirla, ma non mi preoccupai minimamente di sembrare gentile nei suoi confronti. Arrivate nella stanza mi fece mettere seduta su un lettino mentre lei prese uno sgabello mettendosi di fronte a me.

-Allora, ti ricordi il mio nome?-

Annuii disinvolta, non capivo cosa le passasse per la testa. Non voleva lasciarmi sola per fare bella figura con i professori? O era veramente gentile nei confronti della gente sola? Ginevra mi ricordava la vecchia me e mi irritava.

-Non hai proprio intenzione di parlare?-

Sperava di vantarsi di avermi fatto parlare solo comportandosi amichevolmente?

Incrociai i suoi occhi azzurri che rimanevano fissi su di me senza provocarmi nessuna emozione, notai che uno era leggermente più chiaro dell'altro ma non ci diedi importanza; poteva essere la ragazza più popolare della scuola, ma niente mi avrebbe fatto abbassare la guardia nei suoi confronti. Improvvisamente smise di sorridere e mi guardò confusa.

Mi voltai verso la finestra incrociando il mio stesso sguardo, non provai nemmeno a fare uno sforzo per sorridere dato che mi costava troppo provarci. Io stessa non facevo altro che paragonarmi ad una bambola.

-Sembri una bambola...-

Mi voltai di scatto sorpresa della sua affermazione. Si mise a ridere e la cosa non mi irritò poco. Mi alzai intenta ad andarmene, ma prima ancora che aprissi la porta, mi si parò davanti.

Se voleva dei meriti per aver aiutato una ragazza depressa, da me non li avrebbe avuti, e se voleva bullizzarmi per me non c'erano problemi, abituata a quello che era successo alle medie. Speravo solamente che quei due avessero smesso di tormentare Julia, anche se era cambiata decisamente tanto prima che me ne andassi. Ora ero io che mi trovavo io da sola, con l'unica differenza che non volevo aiuto.

-Sarà difficile comunicare se non parli sai?- Si rivolse a me gentilmente -A cosa ti serve rimanere in silenzio? Vuoi perdere anche quel dono di cominciare?-

Strinsi gli occhi minacciosa, la voglia di tirarle un pugno in faccia si stava facendo avanti, eppure mi trattenni, mio padre non avrebbe mai approvato la cosa. Con il tempo aveva imparato ad odiare le ragazze, troppo fragili e troppo false verso anche le loro amiche. Fortunatamente trasferendomi, avevo evitato una delusione da parte di Julia. Sanno sempre e solo lamentarsi di qualsiasi cosa e mi ero ripromessa più e più volte che non sarei mai diventata così.

Improvvisamente la porta si apri, mi spostai leggermente per liberare il passaggio e anche Ginevra fece lo stesso voltandosi per vedere chi fosse. Un ragazzo abbastanza alto superò la soglia e si voltò sorridente verso la ragazza.

Si conoscevano? Guardai i loro lineamenti, il colore dei loro occhi e capelli erano simili, forse erano fratelli o cugini?

-Ginevra! Che ci fai qua?-

Avrei tanto voluto rispondergli io dato che in infermeria ci si viene per un solo motivo e non di certo per mangiare.

-Andrea! Sei arrivato giusto in tempo. Ho bisogno del tuo aiuto!- Mi lanciò un'occhiata che ricambiai. -Puoi provare ad uscire con la mia amica un giorno di questi?-

Non mi risultava che fossimo amiche, dall'inizio della scuola quella era la prima volta che parlavamo. E poi perché sarei dovuta uscire con una persona che nemmeno conoscevo?

Il ragazzo mi squadrò da cima a fondo prima di porgermi la mano cortesemente. -Piacere sono Andrea-

Rimasi immobile rifiutandomi di presentarmi in modo così forzato. Confuso ritirò la mano e si voltò verso la ragazza.

-Scusala, si rifiuta di parlare. Comunque si chiama Lucia.-

Sospirai silenziosamente e scansando entrambi uscii dalla stanza. Andai in classe a riprendere la mia cartella, così da poter tornare a casa. Mostrai alla segreteria un avviso di mia madre che mi aveva fatto nel caso non mi sentissi più di stare a scuola, così sarebbe venuta a prendermi. Arrivata all'uscita mi fermai a prendere il telefono dalla cartella per mettermi le cuffie, quando improvvisamente mi sentii afferrare per un braccio. Mi voltai verso il ragazzo che prima era entrato in infermeria. Aveva il fiatone e la cosa mi sorprese, che mi stesse cercando?

-Aspetta Lucia. Ti va di uscire con me e Ginevra questo pomeriggio?-

Scossi la testa in risposta; lui era determinato a convincermi, dimostrandosi decisamente troppo testardo.

Continuai a strattonare il braccio per liberarmi, la sua presa era salda e non mi lasciava vie di fuga. Provai a parlare per dirgli di mollarmi, ma come altre volte, la mia voce si rifiutò di uscire.

-Non ti esce la voce per ribattere?- Domandò sorpreso.

A quella domanda mi irrigidii. Non era a far suo quello che il mio corpo poteva o meno fare. Mollai lo zaino a terra e gli tirai un pugno sulla mano, stranamente la cosa funzionò e lasciò la presa. Ripresi la mia cartella e mi allontanai da lui.

Era riuscito a a farmi innervosire e sentivo già la voglia di picchiarlo. Sentii dei passi dietro le mie spalle e sorpresa me lo ritrovai dietro che mi seguiva.

-Dai Lucia fermati!-

Mi voltai di scatto irritata, senza pensarci lo colpii con lo zaino rigirandogli il viso. Rimasi io stessa sorpresa della mia reazione, inizialmente mi bloccai sul posto vedendo del sangue colare sulla sua guancia. La zip della cartella gli aveva fatto ciò. Mi feci prendere dal panico e corsi via a nascondermi lasciandolo li. Continuavo a tremare, cercai in tutti i modi di reprimere l'attacco di panico concentrandomi sul respiro. Mi ci volle qualche minuto ma riuscii a calmarmi prima dell'arrivo di mia madre. Arrivata a casa mi misi subito la roba per stare a casa, mi guardai allo specchio per un secondo, prima di fare finta di niente ed uscire di casa. Salii al piano superiore e bussai alla porta della vicina; mi apri una signora anziana, che mi sorrise gentilmente vedendomi.



Autrice: come sempre, che brutto orario xD
stavolta ho messo gli occhi di lucia, per le prossime immagini, non so cosa metterò
ma pensavo sempre qualcosa che riguardasse il personaggi, se
avete consigli non esitate ^^

Buonanotte♥

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