7. Appuntamento?

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"A volte la realtà ha un modo tutto suo, assolutamente inaspettato di presentarsi, e quando la diga cede, la sola cosa che si può fare è nuotare."

— Grey's Anatomy.

— Grey's Anatomy

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L'aria fredda di Holmes Chapel mi schiaffeggiò in pieno viso quando uscii dalla mia umile macchina afferrando la mia borsa posta sul sedile del passeggero, e premetti il bottone presente sulle chiavi per chiudere l'auto. Mi sistemai i pantaloni sui fianchi e la camicia bianca prima di iniziare a camminare, sui miei tacchi vertiginosi, verso il Cafè in cui avrei dovuto incontrare Sebastian. Strinsi il giubbotto al petto per pararmi il più possibile dal freddo che da un paio di giorni si era impossessato della mia cittadina natale. Mi avvicinai al locale che portava l'insegna di Blues e notai la figura di Sebastian intenta a guardare il sedere al cameriere. Sorrisi scuotendo la testa per quel suo gesto e sventolai la mano in aria non appena posò i suoi occhi su di me. I suoi occhi si dilatarono e si alzò venendomi leggermente incontro allargando entrambe le braccia per accogliermi in un caloroso abbraccio, uno di quegli abbracci che solo le persone veramente importanti possono dare, ed io ricambiai stringendolo a me.

«Mi sei mancata così tanto» farfugliò le parole tra i miei capelli e non potei far altro che stringerlo ancora di più.

«Anche tu Seb, anche tu» la mia voce uscì come un sussurro prima di allontanarmi e sedermi sulla sedia di fronte a lui «allora, com'è andata la vacanza in California?» sorrisi appoggiando le braccia sul tavolo e guardandolo negli occhi.

Il ragazzo iniziò a gesticolare a destra e a manca raccontandomi della meravigliosa e calda vacanza passata con il proprio bellissimo ed affascinante ragazzo e mentre lo ascoltatavo pensai a quanto mi fosse mancata  la sua voce. Ricordavo ancora, senza praticare alcuno sforzo, quando e come ci conoscemmo, una storia abbastanza ridicola; io ero innamorata persa di lui, ma quest'ultimo non era nemmeno a conoscenza della mia esistenza, quindi pensai bene di invitarlo a bere qualcosa da me dopo la scuola e tentai di baciarlo, fu lì che iniziò il disagio e insieme ad esso la nostra amicizia.

«... e quindi gli ho detto di non venire perché si sarebbe sentito il terzo in comodo» terminò il suo racconto deliziandomi di un dolce sorriso prima di spostare lo sguardo sulle mie mani e quasi non saltò sulla sedia.

«Porca troia Rose - mi afferrò la mano sinistra puntando gli occhi sul meraviglioso anello - Chris ti ha chiesto di sposarlo e tu ti sei dimenticata di dirmelo» passò un dito sul diamante con gli occhi spalancati.

«Non volevo disturbarti in vacanza - ammisi poi abbassando lo sguardo, mi morsi l'interno guancia - e poi ho pensato ad altro, in realtà» i miei occhi furbi guardarono il volto del ragazzo con un piccolo sogghigno che gli fece inclinare la testa curioso.

«Rose Ana Lodge, hai qualcosa da dirmi - sorrise - non è vero?» appoggiò ambedue i gomiti sul tavolo e il viso nei palmi delle mani guardandomi con i suoi occhi pieni di felicità. Risi appena, nel sentire il secondo nome che mi aveva voluto dare a tutti i costi mio padre per farmi ricordare le mie origini spagnole.

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