13. Winston Blue

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"Quale forza fa splendere di un simile fuoco quegli occhi tristi e pensierosi?"

— F. Dostoevskij.

 Dostoevskij

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Erano passate quasi due settimane, due settimane dalla morte di Christian ed io ancora non avevo realizzato la situazione. Continuavo a guardare una nostra foto dallo schermo del mio cellulare e a leggere i messaggi che mi aveva inviato quel maledetto giorno e ai quali io non avevo risposto. Mi sentivo tremendamente in colpa.

Poggiai il barattolo di gelato, mio compagno di vita in quegli ultimi giorni, sul piccolo tavolino davanti al divano e mi voltai, guizzai gli occhi sulla camicia a quadri che Chris aveva lasciato da me pochi giorni prima dalla sua crudele e ingiusta morte. Le lacrime tornarono a torturare le mie guance e le mie labbra, facendo arrossire gli occhi che avevano da poco ripreso il loro colorito naturale, dopo di che portai l'indumento vicino al naso beandomi del profumo dell'acqua di colonia che Chris era solito a mettere, Acqua dell'Elba.

Portai entrambe le mani sugli occhi ed un pianto ancora più disperato si impossessò di me quando notai l'anello ancora al dito, perché non avevo avuto il coraggio di toglierlo e riporlo in un angolo della casa. Abbassai la testa verso le ginocchia, dove vi appoggiai ambedue i gomiti per sorreggermi. La camicia si trovava a pochi centimetri dal mio naso, e sapevo che questo avrebbe peggiorato la situazione, ma non m'importava. Erano giorni che non m'importava più nulla di niente e di nessuno, volevo badare a me e al mio dolore. Per questo avevo affidato tutti gli appuntamenti ad Adele, essendo lei un'apprendista, se non mi fossi fidata non l'avrei mai fatto, i miei pazienti erano in buonissime mani.

La testa mi pulsava, gli occhi mi dolevano ma ciò non mi fermò dal continuare a versare lacrime su lacrime, inutili aggiungerei. Respirai profondamente cercando di regolarizzare il respiro, buttai gli occhi al cielo asciugandomi le lacrime rimaste sul volto singhiozzando. Mi leccai le labbra sentendo il sapore salato delle mie stesse lacrime languirmi le papille gustative ed emisi un gemito aspro, proveniente direttamente dalla gola, disperato, quando il campanello suonò riportandomi completamente alla realtà. Una realtà senza Christian.

Quando aprii la porta, fui sul punto di brontolare Sebastian e chiedergli gentilmente di ritornarsene a casa sua, quando due gemme brillanti si posarono con delicatezza sul mio viso torturato, ed io socchiusi appena la bocca.

«Cosa ci fai tu qui?» borbottai, lasciando il riccio sulla soglia d'entrata per ritornare al mio posto abituale sul divano.

«Sono venuto a vedere come stavi» queste furono le uniche parole che fuoriuscirono dalle labbra appena più rosse del solito di Harry, sicuramente a causa del freddo vento che soffiava ad Holmes Chapel.

«Pensavo che le nostre sedute fossero finite, dal momento che sai tutto ciò che riguarda il mio paziente, nonché tuo amico, Alex Montgomery» freddai il ragazzo davanti a me, che si decise poi a sedersi sul divano, continuando però ad osservarmi.

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