Gwen: Capitolo 12

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Gwen

Capitolo 12

 

Era stato strano. Mi era parso di sentire nel sonno ciò che avrei tanto voluto udire anche nella realtà. Non era stato proprio un sogno: non c’era alcuna scena o immagine, semplicemente la voce di Key. “Ti amo più di qualsiasi altra cosa”, un sussurro. La mia immaginazione, a quanto pareva, stava prendendo una piega sdolcinata, cosa non da me.

Il volto angelico che era posato sul cuscino di fronte a me mi fece tornare in mente il giorno precedente: Steve, gli Sheaven… Steve! Ancora non avevo ringraziato Key per avermi messo in guardia da lui. Aveva sempre avuto ragione e io non gli avevo dato ascolto.  

-Stupida! Gwen sei una stupida!-, mi accusai a voce bassa per non svegliarlo. Ad un tratto lo sentii riposizionarsi e una ciocca di capelli lucenti gli coprì gli occhi. Senza pensarci portai la mano sul suo viso e, accarezzandolo delicatamente, percepii il cuore battermi all’impazzata. Il suo profumo, un variegato di menta e viola, mandò in confusione tutti i miei neuroni e mi fece sentire in pace con me stessa. Lo amavo, non avevo più alcun dubbio. Ciò che mi aveva nascosto, ciò che era, ciò che poteva fare non mi spaventavano. Se arrivare a fidarsi così cecamente non è amore, allora cos’è? Ingenuità? No, non ero ingenua. Ero diventata brava a leggere i suoi occhi, la sua anima. Sentivo che non poteva avermi preso in giro e ormai avevo accettato il fatto che non me lo avesse rivelato prima. Dopotutto nella sua voce tremante avevo sentito una paura a me familiare: quella di perdere qualcuno che si ama. Conoscevo bene quel sentimento, mi aveva accompagnata per tutti quegli anni. Sorprendentemente però non mi sentivo più sola o in procinto di perdere qualcosa. Key era lì con me, non mi aveva abbandonata e non avevo intenzione di lasciarlo andare.

Fui strappata via dai miei pensieri quado mi resi conto di avere ancora la mano appoggiata sulla sua guancia tiepida. Nello stesso istante in cui le mie dita abbandonarono la sua pelle, mi afferrò il polso con una stretta gelida ma delicata, impedendomi di interrompere il contatto.

-Resta così ancora un po’, Principessa. Ti prego-.

-Sei sveglio da molto?-, chiesi sorridendo e facendo aderire di nuovo la mano. Solleticandolo, salii giocosamente con le dita verso i capelli, ma i suoi occhi rimasero chiusi.

-No, solo dall’istante in cui mi hai sfiorato-, disse tranquillo facendomi arrossire. Ringrazio il cielo perché sta tenendo gli occhi chiusi.  

Iniziai a giocherellare con le ciocche lisce un po’ più lunghe.  I suoi capelli erano bellissimi: il colore ed il taglio sottolineavano perfettamente l’equilibrio dei suoi lineamenti. Dietro erano corti mentre le ciocche frontali, leggermente arruffate ma divise da una piccola scriminatura laterale, erano lunghe fino a sotto le orecchie. -Sai che ti ci verrebbero delle treccine con queste ciocche? Te ne starebbe bene una proprio qui-, lo presi in giro picchiettando con l’indice sulla tempia sinistra, poco sopra l’orecchio.

-Ci proverò, ma adesso lasciami dormire-, borbottò rannicchiandosi ancora di più tra le lenzuola.

-Tu fa come vuoi, io vado a mangiare e ad assicurarmi che il Direttore, papà, non sia morto d’infarto per la stanza incenerita-, dissi ridendo.

Scavalcato Key, mi alzai dal letto e, infilate le mie fantastiche pantofole di lana, mi diressi verso la porta. Prima di uscire mi fermai. -Ah, Key… scusami. Su Steve avevi ragione tu-, sussurrai senza voltarmi. Non avevo il coraggio di vedere la sua faccia compiaciuta. Mi aveva salvato la vita e lui sapeva benissimo quanto odiassi ammettere di aver avuto torto. Così, prima che potesse rispondermi, iniziai a correre.

Frozen Tear: La lacrima di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora