Killian: Capitolo 10

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Killian

Capitolo 10

 

Quella foto mi aveva sempre fatto sorridere, ma, vedendo lo sguardo malinconico di Gwen diventare sempre più triste, non potei fare a meno di distogliere lo sguardo.

-Com’era bello, è?-, sussurrò facendo saltare di un battito il mio cuore. Non potevo vederla così afflitta per una vecchia foto. Fino a poco prima scherzava e rideva, invece, in quel momento, non mostrava più alcun segno di gioia. Forse era stata colpa mia. Forse avrei dovuto lasciarla stendersi da sola e non fare il gentiluomo fin troppo spavaldo. Chissà cosa le era passato in mente nell’istante in cui aveva socchiuso le labbra. Mi era sembrato che appena le nostre iridi si erano incrociate, qualcosa fosse scattato e che lei stesse desiderando quanto me spezzare quella lastra di ghiaccio che da sempre ci aveva impedito di superare la soglia dell’amicizia.  

Dopotutto mi aveva guardato con i suoi veri occhi. Limpidi. Sinceri. Innocenti. Vitali per me come l’ossigeno. Se non li avesse distolti lasciandomi sconcertato, non mi sarei trattenuto a lungo dal baciarla e dimostrarle che cosa provavo veramente. Ormai, neanche il mio segreto mi avrebbe ostacolato. Poi però si era concentrata su quella foto e la magia si era dissolta nel nulla.

-S-sei sicura di voler sapere tutto adesso?-, dissi alzandomi dal letto e cominciando a vagare per la stanza. Incrociai le braccia al petto guardando in basso e continuai imperterrito a seguire la linea bianca del bordo del tappeto, con il rumore dei miei passi attutito dalla morbidezza di quel sottile strato di lana lavorata. Dopo un po’ mi fermai a fissare un disegno che avevo assicurato con una puntina blu poco sopra la scrivania di mogano. Le linee decise della mina raffiguravano una donna dal volto indefinito, avvolta da stelle e fiocchi di neve che aderivano al suo corpo come un abito. Lo avevo disegnato per Gwen, la stessa ragazza che in quel momento mi stavo ostinando a non vedere.

La sentii risistemarsi sul letto per mettersi a pancia in giù e, senza volerlo, ripresi a guardarla. Non ci avevo fatto caso, ma stava ancora indossando il pigiama. Certo, non era difficile scambiarlo per normali vestiti dato che in pratica era solo una canottiera verde a roselline gialle e un pantaloncino di cotone grigio cenere che lasciava ben poco all’immaginazione. Era bellissima anche in quel momento: l’arco che la sua schiena creava era armonioso e morbido e le scapole le sporgevano , leggermente coperte dai lunghi capelli neri. Come avrei voluto non essere stato già suo amico per poterla guardare come facevano tutti i ragazzi che non la conoscevano.

Lì, stesa e con il volto affondato nel cuscino, con il suo silenzio pungente, mi stava  facendo capire che a quella domanda non esisteva risposta .

-Beh, da dove comincio?-.

-Dall’inizio, idiota…-, sbiascicò con la voce attutita dal cuscino. - E siediti. Non ce la faccio più a sentirti passeggiare come un vecchietto che non ha nulla da fare-.

-Ecco la mia Gwen. Però guardami mentre te lo dico, ok? Vorrei vedere i tuoi occhi-, le dissi prendendo la sedia rossa della scrivania e posandola di fronte al letto. Inspirò profondamente e dopo qualche istante di esitazione si decise ad alzare il capo e ad appoggiare il mento sul cuscino. I suoi occhi si fissarono come magneti ai miei e vidi qualcosa luccicare nel mio riflesso. Ecco, mi sta di nuovo guardando con quegli occhi irresistibili.  Erano come una macchina della verità: nulla poteva sfuggire al suo sguardo.

-Allora? Sto aspettando. Sappi solo che ho tutte le vacanze di Natale e quindi non riuscirai a fuggire-.

-Lo so e capisco la tua curiosità-, sorrisi per la sua ostinata cocciutaggine, sedendomi e cominciando a grattarmi la nuca. Ero nervoso più di quanto pensassi. -Ma non è facile definire quale sia l’inizio…-.

Frozen Tear: La lacrima di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora