Gwen: Capitolo 19

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Gwen

Capitolo 19

Key, Killian, Key, Killian. Soprannome, nome, soprannome, nome. Killian Hoswell. Più me lo ripetevo, più non comprendevo chi fosse. Quel nome mi portava solo ad una figura indefinita dai capelli chiari quanto la neve. Tutte le informazioni che avevo in più su di lui mi erano state fornite da Stephanie e da altri compagni di classe. Eppure sentivo che nel mio cuore fossero imprigionati i segreti di quello sconosciuto.

Capelli chiarissimi e dal taglio leggermente stravagante. Bello e impossibile, secondo le ragazze, carismatico e fiero, per i ragazzi. Mi avevano parlato dei suoi occhi, indimenticabili: malinconici e profondi, violacei, a sprazzi grigi e azzurri. Un colore che non avrei mai potuto immaginare nella mia mente. Malgrado ciò io me ne sono dimenticata… Dovevo vederli. Sentivo l’incessante voglia di scoprire come fosse fatto il suo volto. Forse ero mossa da semplice curiosità, ma avevo la sensazione che vedendolo tutto si sarebbe sistemato nel caos che percepivo dentro di me.

-Davvero non ti ricordi di lui?-, mi chiese Stephanie dal nulla, piegando il suo maglioncino color pesca. Quella domanda mi era stata fatta nel giro di tre settimane, ripetutamente, da chiunque.

-Non ti ho già risposto? Non è che se me lo chiedi una volta al giorno, me lo farai ricordare-. Finii di piegare i miei jeans e, non sentendola parlare, alzai lo sguardo.

Ne suoi occhi vidi la solita scintilla di speranza spegnersi come un cerino sottoposto ad una raffica di vento. –Nemmeno un piccolo frammento? Un flashback?-.

-Niente di niente. Mi dispiace Steph, ma proprio non ci riesco. Per quanto me ne parliate, non saprei…-, dissi frustrata, sedendomi tra i panni piegati e impilati e quelli ammassati a creare una montagnola.

-Va bene non importa. Non parliamone più. Non voglio che tu stia male per questo-. Si alzò dal suo letto, posto di fronte al mio, e mi venne ad abbracciare. Finalmente eravamo tornate ad essere compagne di stanza: un regalo da parte del Direttore affinché stessi bene. Tutti si erano convinti che in me qualcosa non andasse, che fossi stata così stravolta dalla “sua” partenza da rimuovere automaticamente tutti i ricordi che mi legavano a “lui”. Come era successo con i miei veri genitori. Eppure stavo bene. Mi pareva che tutto fosse solo nelle loro teste. Credevo anche, però, che Killian fosse vero, e questo mi spaventava. In fondo, tutti si ricordavano di lui. Tutti tranne me. Perché?, pensai, stringendo Stephanie a mia volta. Con un po’ di esitazione, cominciò ad accarezzarmi i capelli e percepii quello che doveva essere il calore materno. Dopotutto ero stata cresciuta solo da uomini.

-Greg dovrebbe preoccuparsi sul serio-, borbottò Courtney dal letto alle mie spalle.

-Credevo stessi dormendo-, disse ridendo Stephanie, che mi lasciò andare solo la testa. A lei mi aggiunsi anche io. Courtney era stata la singola condizione per cui mio padre ci aveva lasciato tornare coinquiline. Dunque in quel momento eravamo in tre, con caratteri differenti ma complementari.

-Comunque, nanetta, faresti davvero meglio a lasciarla stare. Non si ricorderà di lui così facilmente come speri-, sospirò indifferente, continuando a sfogliare il suo libro.

-Cosa leggi?-, le domandai, mentre Stephanie, impettita, riprendeva a piegare calzetti e canotte.

-Nulla che tu conosca-.

-Dimmi il titolo e io ti dirò se lo conosco o meno-, asserii, testarda ma divertita.

-“Obsidian”, è un libro su una umana che si innamora di un alieno-. Vidi le sue gote scure arrossarsi leggermente per l’imbarazzo. Ero accerchiata da dee bellissime. Poi arrivo io, nulla di speciale.

Frozen Tear: La lacrima di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora