Capitolo 18

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Capitolo 18

 

 

Un immenso casolare fece capolino all’orizzonte tra un paio di alberi spogli, reduci dalla stagione fredda e rigida. La macchina aveva proseguito spedita e senza impedimenti tra i sentieri clandestini ideati dai capostipiti delle ultime due generazioni di Sheaven. Anche mio padre ne aveva fatto parte. Era stato il penultimo,  proprio prima dello zio, ed io ne avrei presto fatto le veci.

Ero rimasto incantato dalla bellezza del parco, di quella natura incontaminata e immensa. Vallate e colli si alternavano tra ruscelli e macchie di alberi canuti. Il dominio dei colori invernali sovrastava quello dell’ingrigire delle nuvole: cespugli di fiori a me sconosciuti, tinti di rosso rame, giallo e violetto, incorniciavano rocce e passaggi, spiccando sulla tenera erbetta verde, fresca e luminosa per la brina creatasi dalla nebbia. Nulla in confronto a ciò che mi ero aspettato, acciecato dalla rabbia che avevo provato per la mia separazione da Gwen.

Erano ormai le cinque e mezzo del pomeriggio e avevamo superato la città a cui faceva capo la contea da almeno un paio di ore.  Mi voltai verso lo zio, prendendo coraggio e consumandolo, come l’ossigeno viene assorbito dai polmoni.

-Cosa ti affligge, ragazzo?-, disse all’improvviso, prima che potessi emettere un singolo suono. Lo fissai impietrito e deglutii sonoramente, sentendo il pomo d’Adamo salire e scendere. Non mi aveva rivolto più parola dall’ultimo sfogo in macchina, nemmeno durante la sosta ad una tavola calda lungo la strada, uno di quei soliti autogrill scadenti. Non che abbia avuto modo di avercela con me, comunque. Non gli ho fatto nulla. Anzi, pensai, tornando composto sul sedile e incrociando le braccia.

-Nulla, pensavo di chiederti se fossi sonnambulo e riuscissi a guidare una macchina dormendo, ma a quanto pare percepisci i movimenti di corpi estranei. Credo che tu sia sveglio e vegeto. Dopotutto quella dello zombie era un’altra spiegazione plausibile al tuo silenzio-, borbottai con sarcasmo.

-Tu non mi hai chiesto nulla. Dopo quello che ti ho detto, ti sei rifugiato nella tua mente e mi hai escluso. Io ho deciso di fare altrettanto-.

“Lei sarà ben più forte del Destino”. Sette semplici parole mi avevano incasinato il cervello. Se Dan diceva questo, dovevo fidarmi. Non a caso tutti lo chiamavano il Seeker, il “cercatore”. Il suo era un dono che saltava ben due generazioni e tra tutti i suoi precursori ben pochi erano arrivati alla sua potenza. Percepiva le vibrazioni divine che caratterizzavano il nostro DNA e ciò serviva a intercettare gli Sheaven che non appartenevano alla famiglia, per portarli a Wicklow ed addestrarli. Ma se solo si fosse fermato a questo, nulla lo avrebbe differenziato dagli altri. Dan possedeva la speciale abilità di recepire il potere proveniente da qualsiasi entità divina, Sheaven o meno.

-Diciamo che ero un po’ scombussolato. Tutto qui-, sospirai, passando lo sguardo tra le curve dei colli e soffermandomi qualche secondo di troppo sulla villetta a valle.

-Contento di sentirtelo dire. Comunque siamo quasi arrivati, una questione di minuti. Posso darti un consiglio?-.

-Spara-, dissi secco, per celare la curiosità.

-Cerca di andar d’accordo con i tuoi compagni d’addestramento. Ma non fidarti troppo di loro. La gelosia, mio caro Key, è una brutta bestia. Farebbero di tutto per risaltare ai Loro occhi-.

Niente di nuovo, pensai facendo spallucce. Sono abituato a non fidarmi completamente di nessuno. Nessuno…

-Guarda là-, aggiunse Dan, facendo un cenno con la testa verso il fronte dell’automobile. I miei occhi si spalancarono per la meraviglia: una villa di pietra grezza e legno apparve in tutta la sua magnificenza alla fine della dritta strada battuta. Il passaggio di ingresso alla proprietà era sormontato da un massiccio arco in pietra color rosa antico, sorretto da una cinta muraria non meno imponente che avrebbe lasciato chiunque ammutolito e incredulo. Come può esser stata costruita una cosa del genere?, mi domandai, osservando l’edera che si arrampicava sinuosa tra le scanalature dei blocchi di pietra. Il solo vedere una tale mole difensiva fece nascere in me una piccola nota di paura. Non sapevo che la mia famiglia fosse tanto potente e ricca da potersi permettere una sede centrale del genere. Ma in fondo essere a capo di una stirpe divina doveva pur portare dei vantaggi.

Frozen Tear: La lacrima di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora