Capitolo 13

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Capitolo 13

 

 

Otto settimane, compreso il Natale, passarono in un batter di ciglia e, in quel periodo infinito, Key mi rivelò poco e niente. Anche se gli avevo garantito di passare due mesi in normalità e non volevo rimangiarmi la mia parola, il suo silenzio, riflesso della sua indole da “difensore che non rivela troppo per proteggere”, mi feriva, sottraendomi ore di sonno e pace. Pensavo a quello che mi stava nascondendo fino a tarda notte e il mattino seguente fino a sera fingevo di esserne totalmente all’oscuro. -Ti ho detto tutto, non c’è nient’altro da sapere-, ripeteva tutte le volte che lo interpellavo. Solita risposta da persona che nasconde qualcosa. A quanto mi aveva detto, Steve, quella sottospecie di demonio, apparteneva alla razza dei Ferven, la prole di Eris, dea della discordia. Non tutti erano cattivi e alcuni, ripudiando la propria discendenza, erano addirittura alleati degli Sheaven. Discorso che non era assolutamente valido per Goif, perfetto emulatore della sua antenata. Me l’aveva fatta. Mai avrei immaginato che la persona con cui avevo riso ed ero uscita occasionalmente meditasse la mia morte. Certo, era il peggior nemico di Key in ambito scolastico, ma chi avrebbe mai pensato che lo fosse anche realmente. Avevo in ogni caso assistito alla maggior parte delle potenzialità dei Ferven: il teletrasporto e il controllo delle fiamme, senza contare le grandi abilità da combattenti. Per quanto potente e temibile però, quella razza era sottomessa alla personificazione dell’odio: le Phantom. Di una fatale bellezza, erano donne sadiche, capricciose e crudeli fino al midollo, “qualità” ereditate dalla loro capostipite Ate, dea dell'inganno, della rovina e della dissennatezza. Erano chiamate anche Rose Nere, capaci di instillare la cattiveria e la follia in una persona attraverso un bacio sulle labbra. Rubavano così l’anima a giovani belli e innocenti, corrompendoli per trasformarli in servi disposti a qualunque cosa pur di soddisfare la propria padrona. Di solito le Phantom puntavano a schiavizzare gli Sheaven o i Ferven per poterli utilizzare a loro piacimento, ma in quella trappola cadevano anche esseri umani che spesso finivano per diventare i loro giocattolini personali. Non osavo nemmeno immaginare cosa sarebbe successo a Key se fosse stato preso da una di quelle. Non avrei avuto più il mio amico, il mio angelo, la mia famiglia: sarebbe stato ancora vivo, ma non sopportavo l’idea di quello che avrebbero potuto fargli o imporgli di fare.

Passai così, tra racconti mitologici, quelle uniche ore di verità che Key mi aveva concesso e, più sapevo, più ardentemente desideravo conoscere a fondo.

-Gwen... Hey, ma mi stai ascoltando?-, udii in lontananza una voce ovattata dai miei pensieri. -Oi!-. Qualcosa mi colpì la fronte. Forse una penna.

Scrollai il capo per metter a fuoco la vista e schiarirmi la mente. Stephanie era seduta accanto a me, il busto rivolto verso la lavagna.

-Si può sapere che hai adesso? Un attacco di sonno? Non avrai sentito nemmeno una parola di quello che ti ho detto. Sei strana e fidati, so di ripetermi, sono certa centri una persona molto figa seduta dall’altra parte della classe-, disse guardandomi interrogativa.

I miei occhi vagarono per la gigantesca aula restaurata di recente e ancora odorante di stucco  e, nel momento in cui lo intravidero, ne rimasero incollati. Key, in divisa, chiacchierava allegramente con Greg e Bat Traig, come se quello che era successo il 14 dicembre non si fosse mai verificato. Per lui doveva essere facile, c’era abituato, ma io non sempre riuscivo a indossare la mia nuova, solita maschera da ragazza indifferente.

Traig, intercettando il mio sguardo, ci fece un cenno e richiamò l’attenzione degli altri due. Greg, in piedi e appoggiato al muro a braccia conserte, ci rivolse un sorriso radioso e cordiale. All’improvviso Key si voltò titubante e i nostri occhi si incontrarono. Un sorriso lieve gli carezzò le labbra. Tentai di contraccambiarlo, ma non ci riuscii. La delusione assunse le sue sembianze. Senza dire nulla mi voltai, dandogli le spalle e tornando a rivolgere la mia attenzione a Stephanie.

Frozen Tear: La lacrima di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora