Capitolo 16

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Capitolo 16

 

 

Devo contare fino a dieci, ma non voglio.

-Uno-.

Cosa dovrei fare?

-Due-.

Il veloce film di ricordi che avevo visto mentre avevo corso giù per le scale cominciò ad ardere lentamente sotto i miei occhi chiusi. Le facce sorridenti bruciarono, le lacrime si asciugarono, i luoghi ed i suoni diventarono insignificanti.

-Tre-.

-Gwen!-. Sentii una voce affannata punzecchiarmi le orecchie. Ero curiosa, volevo aprire gli occhi, ma qualcosa di indissolubile me lo impediva.

-Quattro-, continuai a contare, senza ricordare il perché lo stessi facendo.

-Perché conti Gwen? Apri gli occhi!-. Percepii due mani pesanti afferrarmi le spalle.

-Gwen, avanti! Fai come ti dice-, disse un’altra voce.

-Cinque-.

Credetemi, non posso smettere. Non ci riesco, pensai mentre davanti a me le immagini confusionarie del mio passato diventavano pallide, in bianco e nero.

-Sei-.

-Gwenny, che ti prende?-, disse la seconda voce, tremante. Sentii il mio corpo alleggerirsi e le ginocchia cedere.

Per un istante mi parve di volare. No, sto solo cadendo, conclusi, pronta a percepire del dolore alle mie spalle. Invece tutto accadde senza che me ne accorgessi. Un secondo ero in piedi, il secondo dopo capii di esser stesa sulla ghiaia.

-Sette-, continuai, ignorando la scomodità della mia posizione. Stavo contando sempre più lentamente, come se qualcosa dentro di me non avesse voluto farlo. Sapevo solo di doverlo fare. Niente di più, niente di meno.

-Oh, mio Dio! Gwen!-, gridò qualcuno. Era una voce femminile, più definita di pochi istanti prima. Stephanie? Sentii l’ansia montare dentro di me mentre tutto scivolava via dalle mie labbra e dal mio controllo.

-Otto-, contai con un filo di voce. Manca poco. Poi che succederà?

I sassolini si incastrarono contro le mie scapole, provocandomi un leggero fastidio mentre un sasso più grande mi stava già martoriando il bacino.

-Chiama l’ambulanza. È svenuta?-.

-No, sta parlando. Credo che stia contando. Forse delira-. Papà, sei tu?

-Allora chiamala lo stesso-.

-Nove-.

In tutti i ricordi, che purtroppo non avevano mai smesso di rivivere nella mia mente, un volto cominciò a sparire. La sua sagoma era lì, pallida e delineata, ma man mano che i secondi passavano, il suo volto diveniva sempre più irriconoscibile. Solo i capelli, quasi del tutto bianchi, mi davano la certezza che quella sembianza sconosciuta appartenesse sempre alla stessa persona. Sapevo di amarlo, che fosse una persona importante per me, ma per quanto mi sforzassi di comprendere la sua identità, non ci riuscivo.

-Vedi, parla. Portiamola in camera sua-, disse qualcun’altro.

Il filmino emotivo si fermò all’istante. La scena scolorita che vedevo proiettata nella mia mente ritraeva un bacio. Il mio primo bacio. Condiviso con il ragazzo misterioso.

Prima che potessi finir di contare sentii una voce melodica accarezzarmi le orecchie. ”Ti amo più di qualsiasi altra cosa”. A quelle parole percepii ogni singolo frammento del mio cuore staccarsi dalla massa informe che era diventato.

Frozen Tear: La lacrima di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora