19- Dichiarazioni sconvolgenti

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Inutile dire che i giorni seguenti sono stati un disastro. Tara non ha fatto che piangere, di Nate nemmeno l'ombra, a stento l'ho visto in giro per i corridoi. Ma forse è stato meglio così, anche se lo avessi incontrato per più di cinque secondi, non avrei comunque saputo cosa dirgli. Dopo la fatidica chiacchierata che c'è stata, tra di noi sembra essere tornato tutto come prima... E non so se esserne felice o no.

Scosto le coperte e balzo fuori dal letto, e guardo fuori dalla finestra. C'è un tempo nero fuori, e piove a dirotto, fantastico. Non sono mai stata meteoropatica, ma penso che oggi sia il giorno giusto per diventarlo, dato che il tempo assomiglia molto a come mi sento. Fredda, e cupa. Alzo gli occhi al cielo e apro la porta del bagno per bussare a quella di Esme e svegliarla. La sento mugugnare un «Si sono sveglia» e sorrido, le dico di muoversi perché siamo in ritardo.

Mi vesto velocemente ricordandomi di mettere una felpa, perché fa leggermente freddo oggi. Scendo a fare colazione e le gemelle stanno già bisticciando di prima mattina. Può anche cadere il mondo, ma loro continuerebbero a prendersi per capelli, è una delle cose che amo di loro, non cambierebbero per nessun motivo al mondo. Afferro la mia porzione di pancake come sempre, e sento il mio stomaco sorridermi, in questo caso, oltre le gemelle, il cibo è un'altra delle mie certezze nella vita.

Esme è pronta e mangia anche lei velocemente, così saliamo rapidamente in macchina e ci dirigiamo verso scuola. «C'è qualcosa che non va, vero?» mi chiede sicura. Alzo gli occhi al cielo e stringo più forte il volante. «Non c'è niente che non va, Esme.» ripeto fredda. «Amethist...» mi richiama lei, ma il mio sguardo si incupisce. «Esme, va tutto bene.» continuo io, distaccata. «Si ma...» cerca di controbattere, ma la zittisco. «Caso chiuso.» concludo, e la vedo agitarsi sul sedile, sa bene che quando metto un punto, non voglio che si continui.

Parcheggio e scendiamo. La pioggia sembra essersi attenuata leggermente, ma continua a piovigginare. Porto su il cappuccio della felpa e prendo una sigaretta dalla tasca dello zaino. Mancano cinque minuti al suono della campanella. Accendo la sigaretta, mentre Esme raggiunge alcune delle sue compagne più avanti. Resto sola indietro, dietro le mie spalle qualcuno ridacchia. Non mi stupisco sia una di quelle ragazza pon-pon appesa al braccio di un ragazzo. Mi stupisco solo quando noto chi è il ragazzo. Nate si volta lentamente e mi guarda, poi sorride. E la mia furia omicida sale. «Buongiorno Amethist, dormito bene?» mi chiede come se nulla fosse successo.

Mi mordo il labbro per cercare di non rispondere in maniera troppo aggressiva, l'unica cosa sensata che mi esce dalla bocca è un rigido «Si.» Lui inarca un sopracciglio, e si avvicina. «Non mi hai chiesto se io ho dormito bene.» nota. Alzo gli occhi al cielo, butto il mozzicone di sigaretta e lo oltrepasso «Come se potesse interessarmi.» finisco, per poi entrare.

Sono passate le prime tre ore, e sto tenendo duro aspettando il pranzo, il mio stomaco brontola e vorrei dirgli che non è colpa mia. Tara non si è presentata a scuola, di nuovo, così mi siedo accanto a Clarke per tutte le lezioni. La cosa che adoro di lei è che non fa mai domande troppo inopportune quando sa che non è il momento di farle. Così cerca solo di distrarmi facendo le sue solite battute idiote, che però con me funzionano sempre. Nate non la smette di guardare nella mia direzione ogni due minuti, ogni tanto Clarke lo fulmina con lo sguardo, e vorrei abbracciarla per questo. Quando finisce l'ultima ora di lezione, io e Clarke scappiamo fuori.

Ci accomodiamo ad uno dei tavoli della mensa e Clarke mi fissa. «Ora che stai mangiando e so che sei più innocua, vuoi dirmi cosa ti prende?» Sbuffo e rimetto sul piatto la patatina fritta che stavo per addentare. «Centra Nate, vero?» chiede nuovamente. Annuisco. La sento sbuffare. «Lo sapevo, ci avrei scommesso casa mia. Cosa ha fatto?» dice seria. Le sorrido. «Sono io che mi sono illusa che forse potesse esserci qualcosa di diverso fra noi, qualcosa di...» mi blocco. Lei mi prende la mano «Qualcosa di speciale?» chiede. Annuisco. In questo momento mi sento così stupida ed incosciente ad averlo creduto. «Probabilmente l'unica cosa che avrebbe potuto esserci di speciale fra voi due, eri tu.» mi dice dolcemente.

Un sorriso compare sulle mie labbra e non posso fare a meno di abbracciarla, è fantastica, ed è assurdo che io l'abbia conosciuta poco tempo fa e già mi sia affezionata così tanto.

Mentre mi godo gli ultimi venti minuti del mio pranzo, qualcuno si siede accanto a me, riconosco l'orologio al polso e alzo lo sguardo. Max è appoggiato con i gomiti al tavolo e mi sorride. «Devo parlarti.» dice calmo, alzo gli occhi al cielo e annuisco. Allontano il vassoio e dico a Clarke di aspettarmi in classe per la prossima lezione, poi esco fuori con Max e mi accendo una sigaretta.

«Illuminami.» gli dico appoggiandomi al muretto. «Ti ho vista parecchio strana oggi, so per certo che centra mio fratello, quindi dimmi, quale osso devo spezzargli?» si accomoda accanto a me. Ridacchio e mi poggio alla sua spalla. «Nessuno, per ora. Non è niente, davvero Max. Mi passerà nel giro di un oretta e sarò la solita Amethist.» cerco di confortarlo. Lui poggia un braccio sulla mia spalla e mi sorride. «Spero sia così, perché sarebbe brutto dover accompagnare mio fratello sulla sedia a rotelle per un po'.» scherza di nuovo e io rido di gusto.

Il sorriso mi muore sulle labbra non appena Nate si presenta davanti a noi, accigliato. «Che cosa state facendo?» chiede irritato. Max ed io ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere. «Contempliamo il tempo che passa, vuoi unirti?» chiede Max ironico. Nate scuote la testa e dopo avermi gettato un ultimo sguardo furioso se ne va.

Vorrei capire cosa diavolo gli passa per la testa, perché è così. Perché un minuto prima è una persona e subito dopo ne diventa un'altra. Vorrei essere per un solo minuto nella sua testa per capire cosa prova per me, cosa pensa, cosa spera.

Saluto velocemente Max rendendomi conto dell'orario e scappo in classe per l'ultima ora di lezione. Mi accomodo velocemente accanto a Clarke e le sorrido, lei contraccambia. Mentre il professor Jackson ci spiega la rivoluzione francese prendo appunti controvoglia. Il telefono mi vibra in tasca e lo controllo sotto il banco.

"Fra tutti i ragazzi che potevi scegliere, proprio mio fratello? Sei assurda." non fatico a capire il mittente. Mi volto e lui mi sta fissando, di nuovo. Inoltro il messaggio a Max e la risposta è repentina. "Gli rode, faglielo credere. Vediamo cosa ti dice." Sorrido.

"Non sono affari tuoi, pensa a seguire la lezione Nate."

"Sono affari miei, dannazione." risponde velocemente.

Alzo gli occhi al cielo "E perché mai dovrebbero essere affari tuoi?" chiedo.

Mi volto e il suo sguardo è cambiato. Quando il telefono vibra ho quasi paura ad aprire il messaggio.

"Tutto quello che riguarda te è affar mio."

Mi si blocca il respiro e quasi vado nel panico leggendo il messaggio. Non voglio affrontarlo, non di nuovo. Appena suona la campanella Nate cerca di venire verso di me, ma non ce la faccio. Afferro tutto e scappo.

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