VI • Bellis perennis [Margherita di campo]

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《Salve, signora. Perdonatemi per aver invaso la vostra proprietà, ma ho osservato in lontananza un qualcosa che richiedeva il mio immediato intervento. Il mio, o quello di qualsiasi altra persona. Ma c'ero soltanto io.》 Nicholas aveva un tono pacato e dolce, la voce bassa e gli occhi puntati in quelli di mia madre come per intimidirla.

Lei non rispose, fece solo un cenno col capo come per dargli il consenso ad esporre la situazione.

《Quell'uomo, Damian, non è l'uomo giusto per sua figlia. Si rende conto di come le parla? Completamente senza rispetto. Senza-》

《Grazie, Nicholas. Puoi andare. Questi sono affari che non ti riguardano. Noi decidiamo quel che è meglio per nostra figlia ed è meglio per te se non t'impicci troppo.》

Figlia che era lì. Che ero io e che non credevo assolutamente di meritare un futuro cupo come quello.

《Ma.. madre il signor Tu-》

《Silenzio! Và a prendere le uova dal pollaio. Non impicciarti di cose che non ti riguardano.》

"Di cose che non ti riguardano." Che non mi riguardano? Povere donne! Cosa abbiamo fatto di tanto sbagliato per dover subire costrizioni del genere?

《Sissignora.》 provai immensa vergogna ad esser trattata in quel modo davanti a quell'uomo così avvenente e di bell'aspetto, non ebbi nemmeno il coraggio di guardarlo nel salutarlo col cenno del capo.

Restai nel pollaio per almeno un'ora, intenzionata a rivedere il volto di quella donna il più tardi possibile e per meno tempo possibile. Quel giorno Gisella, la gallina appunto, si era mostrata meno collaborativa del solito a lasciarmi accesso alle uova. Che fossero fecondate? Decisi di lasciargliele per un paio di giorni, se nell'indomani le avessi trovate abbandonate, allora avremmo fatto uova strapazzate vecchie di due giorni. Magari avrebbero causato qualche dolore di pancia ai miei genitori, io li avrei soccorsi e loro per il mio gesto mi avrebbero evitato di finire tra le braccia di quel viscido.

Mentre ero dispersa nei miei pensieri notai che una delle galline mi si era appollaiata di fianco e si era appisolata. Mi venne da sorridere, chissà come doveva essere la vita di un pennuto: svegliarsi, fare un uovo, cibarsi, riposare.

《Madeline.》

La voce familiare di mio fratello mi fece sobbalzare e, di conseguenza, destare dal sonno quella povera gallina.

《Jasper...》

Mi misi in piedi e lisciai con le mani le pieghe del mio vestito blu, senza un gran risultato.

《Il cesto è vuoto e sei da ormai molto tempo qui dentro.》

Mi morsi il labbro inferiore cercando pensando ad una scusa da dirgli, l'ultimo dei miei pensieri era sentirmi la ramanzina di quello scansafatiche di Jasper.

《Madeline, che ci facevi vicino lo steccato con Nicholas Turner?》

Stranamente non era lì per sgridarmi sotto commissione della mamma, a quanto pare. Soltanto che a sentire quel nome sobbalzai di nuovo, e di nuovo, vistosamente. Le mie labbra si schiusero e provai a proferire parola, ma vennero fuori soltanto una serie di sospiri.

《Signorina Donovann, la vedo turbata...》 Jasper aveva un sorriso divertito dipinto sulle labbra. Era davvero un bel ragazzo, un mentecatto, ma guai a chiunque avesse provato a farmi del male. Lui non lo avrebbe mai permesso.

Un attimo.

Ma perché non ci avevo pensato prima? La mamma ovviamente non sarebbe mai potuta andare contro il volere di suo marito. Si, mio padre. Dettagli. Ma Jasper... Jasper era già andato tante volte contro il volere di mio padre. Roger.

Il campo delle rose senza spine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora