IX • Euhorbia milii [Fiore della corona di Cristo]

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- Signore santissimo! -

Avevo la testa davvero pesante e le palpebre ancora serrate quando udii quelle parole come melodia lontana. Il mio corpo era sovrastato dal pesante corpo del verme che giaceva addormentato come di sasso, non mi accorsi quando si fosse fermato, ma ancora possedeva, viscido, la mia parte più intima. Riuscivo a malapena a respirare, pensai che forse sarebbe stato meglio morire, sarebbe stato meglio sparire da quel mondo marcio che farmi trovare in uno stato simile. Era ancora abbastanza buio, riuscii a scorgere le prime luci dell'alba quando dischiusi appena le palpebre: vidi correre in lontananza quello che mi sembrava Jasper, seguito dai riccioli rossi della sua amante. Ero esausta e sconfitta, ridotta ad uno straccio, ad un fiore sgualcito, come la bella di notte al mattino, quando richiude i suoi petali ed appare poco piacevole alla vista.

Io come quel fiore ero stata violata, ero stata sgualcita, io come quel fiore al mattino non sarei stata più la stessa.

Da quel momento vidi come dei flash, mi sentivo confusa e completamente dispersa.

Mi senti improvvisamente liberata da quel peso e i miei polmoni si riempirono completamente d'aria dopo ore.

Sentii quella donna tirarmi giù la gonna.

Vidi Jasper scagliare un pugno in pieno viso a quel viscido.

Il viscido si svegliò e provò a difendersi con scarso risultato visti i postumi della sbornia.

Quasi non ricordo come mi ritrovai nella vasca da bagno tanto ero offuscata da quello che mi era capitato e che non credevo ancora possibile. L'acqua cresceva bollente sotto i miei piedi e per la prima volta notai il sangue incrostato lungo le mie gambe. Sembrava quasi che mi avessero pugnalata, e un po' lo fu, come una pugnalata. Potevo sentire Jasper urlare nell'altra stanza con mio padre, ma non avevo voglia di decifrare quello che dicevano per via del mal di testa che mi stringeva forte il cranio.

Mia madre mi accarezzava piano la schiena con una spugna imbevuta senza proferire parola. Forse sentendosi in colpa per via dell'accaduto, ma sicuramente per rimandare la conversazione ad un momento più opportuno, a quando sarei stata in grado di rispondere a delle domande più specifiche, come ad esempio come mi fossi trovata a quell'ora della notte nei campi, tematica che probabilmente avrebbe portato ad attribuirmi ogni colpa di quella disgrazia.

Sospirai pesantemente e mi accorsi di non provare niente, pensando alle ore passate, pensando a Damian, osservando il sangue macchiare e disperdersi nell'acqua facendo tornare la mia pelle al candore naturale.

Niente di niente, il vuoto totale.

Completamente apatica davanti ad un qualcosa che credevo dovesse farmi sentire in qualche modo, pur essendo di per se un'esperienza nuova.

- Acqua- sussurrai a fior di labbra in modo appena percettibile. Era tutto così strano, così ovattato che non riuscivo a capire. Fu una sensazione strana, mi sembrava quasi di essere estranea al mio corpo, come se potessi osservare dall'esterno la mia pelle come involucro, sepolcro vuoto di una me che provava a distaccarsi da quella sensazione, da quel dolore che mi dilaniava le viscere.

Mi misero a letto con indosso la camicia da notte e mi lasciarono completamente sola. Non sapevo se effettivamente avessero intenzione di fare qualcosa contro quel viscido, avrebbe meritato di perire. E io? Cosa ne sarebbe stato di me?

Non avevo il coraggio di toccarmi nell'intimo perché avevo paura di sentire cosa fosse successo, come fosse cambiata.. quanto fosse sgualcita.

Precipitai in un sonno profondo e mi svegliai alle prime luci dell'alba. I raggi filtravano appena dalla finestra della mia amata mansarda, troppo poco per raggiungermi direttamente ma abbastanza da illuminare nella penombra la mia persona.

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