La mattina dopo non riuscivo ad alzarmi per andare a scuola, la sveglia aveva suonato almeno cinque volte. Mi ero svegliata già al primo squillo, ma il mio corpo non voleva reagire: avevo bisogno di un caffè!
Dopo vari sforzi riuscii a scivolare fuori dalle lenzuola ed in qualche modo a rimanere in piedi. La doccia mi aiutò a svegliarmi, ma la testa mi faceva ancora male.
Mi vestii lentamente, come se non fossi in ritardo e non mi truccai: avrebbe richiesto troppo sforzo e concentrazione.
Andai in cucina e cercai il caffè, ma non ne trovai.
Con una faccia disperata mangiai i miei biscotti e coprendomi bene con la sciarpa ed il giacchetto uscii di casa.
Pioveva.
Senza ombrello e ancora mezza addormentata decisi che non era saggio andare a piedi fino a scuola e mi avviai alla fermata dell'autobus.
La pioggia era aumentata ed un forte odore di selciato bagnato mi opprimeva le narici.
La fermata si trovava a pochi metri da casa mia, ma era all'aperto e non c'era possibilità di ripararsi dall'acqua incessante.
L'autobus 101 arrivò con cinque minuti di ritardo, il suo colore fucsia era in netto contrasto con la giornata uggiosa.
Salii e mi misi seduta nei primi posti, vicino ad un signore africano addormentato.
Pensai che era fortunato: avrei tanto voluto dormire anche io.
L'autista guidava con bravura, io non lo conoscevo, prendevo di rado l'autobus, ma spesso lo prendeva Arianna per venire a casa mia e mi diceva che quando si fermavano a parlare lui gli raccontava della sua passione per il ballo di coppia e che da piccolo era un portento.
Lei rimaneva ad ascoltarlo deliziata e quando veniva il suo turno gli raccontava delle feste a cui le piaceva partecipare, dove c'erano ballerini strepitosi.
L'autobus si fermò altre tre volte prima di arrivare davanti alla mia scuola. Scendendo salutai l'autista e gli augurai una buona giornata. Calpestai gli scalini diventati scivolosi dal sali-scendi dei passeggeri con le suole delle scarpe bagnate e corsi dentro il portone della scuola.
Avevo i capelli schiacciati sulla faccia, se li avessi strizzati avrei potuto riempire un secchio d'acqua.
Arianna era seduta a gambe incrociate sulla cattedra della bidella e stava parlando con lei, Alessia e Nicoletta.
Mi avvicinai:
«Ciao ragazze».
«Santo cielo Ambra, non avevi un ombrello?» domandò la bidella guardandomi.
«No Marta».
Arianna mi tese la mano.
«Vieni Fiona, ti porto a scaldarti».
«Chi?».
«Fiona, la sposa di Shrek».
«Ma non sono così verde e grassa!» esclamai irritata.
«No, ma la pioggia ti ha schiacciato talmente tanto i capelli che assomigliano ai suoi».
Arianna rise ed io alzai gli occhi al cielo, poi salutai con la mano le nostre due amiche e Marta, prima che mi trascinasse via.
Salimmo le scale ed arrivammo al primo piano, dove c'erano quattro classi, la stanza del preside e l'aula dei professori.
Ci avvicinammo ad un termosifone e ci appoggiammo io per asciugarmi, lei per scaldarsi.
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Un sentiero tracciato da un sogno.
RomanceAmbra è una ragazza di 17 anni con un sogno: diventare una scrittrice. I suoi genitori si sono separati quando aveva due anni. Di suo padre non conosce nulla, solo che abita all'estero. Sua madre è una donna lunatica ed alcolizzata che odia gli art...