Il sole calò oltre l'orizzonte, colorando il cielo di un blu intenso, in maniera graduale, con le stelle e la luna a illuminarlo. Newt e Brenda erano crollati già dalle nove, ma Thomas voleva essere sicuro che non potessero interferire.
A mezzanotte, agì.
In punta di piedi, sgattaiolo' fuori dalla camera, assaporando il silenzio di tomba che avvolgeva la casa. Come un ninja, si avvicinò alla porta con la targhetta numerata con 250 e delicatamente tentò di aprirla.
Come immaginava, era chiusa. Thomas non poteva mettere a soqquadro la casa per cercare una fottuta chiave - e per di più nel cuore della notte - quindi dovette sfruttare le proprie capacità d'attore. Scese al piano terra e con la luce del telefono quasi morto - anche se ovviamente non prendeva un accidenti - poté rischiarare una fetta di oscurità. Trovò quel che cercava sul tavolo della cucina: un piccolo set di cucito, ovviamente di Brenda. Facendo attenzione, prese un ago e tornò com'era arrivato al piano superiore; s'inginocchiò davanti alla stanza 250 e infilò l'ago.
Con destrezza, cominciò a scassinare la serratura; se non fosse stato per quella parte da ladro in quel film in cui aveva preso parte l'anno prima, non avrebbe potuto aprire la porta in nessun modo. Poi, udì un clic e la porta si aprì leggermente. Senza far scricchiolare le assi, entrò.
All'apparenza sembrava una stanza qualsiasi, ma Thomas dovette accendere l'interruttore per vedere; la luce del lampadario era soffusa, ma al ragazzo gli bastò. Era una camera, con posto alla parete di sinistra un letto matrimoniale; le coperte erano ben messe, ma ciò nonostante erano pulite e non ricoperte di polvere, così come i cuscini. Sul muro opposto vi era appeso in alto un crocifisso, con conficcato nel legno un chiodo affinché potesse reggere una foto.
Thomas provò a vederla, ma la luce era troppo fioca per scorgerne i particolari, quindi passò oltre. Sulla parete di fronte alla porta c'era un mobile con dei cassetti, affiancato a una cassapanca. Thomas esaminò entrambi, notando sul primo mobile una serie di portafoto. Le guardò: tutte raffiguravano Newt con affianco un altro ragazzo: era di colore con i capelli cortissimi, quasi nulli. In tutte le foto erano felici e sorridevano, e in una in particolare, si baciavano.
E questo chi sarebbe?
Lasciandole stare, guardò poi la cassapanca, ma quando aprì il vano, rimase pietrificato: c'era una valigetta nera aperta, con all'interno una pistola. Era pulita e lucida, se non era per le macchie scure che ricoprivano la canna; Thomas prese in mano l'arma e cominciò a girarsela da una mano all'altra, notando il suo peso elevato.
Era evidentemente carica.
A guardare le macchie ebbe un brutto presentimento, ma lo confermò solo dopo aver annusato la canna.
Sangue vecchio.
"Che ci fai qui?".
Thomas sbuffo'.
Merda...
Si voltò lentamente, trovando sull'uscio della porta un Newt alquanto infuriato. Gli occhi erano rossi dall'insonnia e lo sguardo trasudava rabbia.
"Che ti avevo detto?", chiese.
"Volevo comprendere".
"E cosa sentiamo".
"Perché eri così misterioso, e cos'aveva di speciale questa stanza".
Thomas vide Newt sospirare e chiudere a chiave la porta. Il moro cominciò a preoccuparsi mentre il biondino gli andava affianco.
"Siediti".
Thomas obbedì, sedendosi sulla parte anteriore del letto mentre Newt rimaneva in piedi con tra le mani un portafoto.
"Come ti ho già detto" cominciò "sono gay e questo" indicò l'altro ragazzo nella foto "era il mio ragazzo".
"Come si chiamava?".
"Alby. Era un giocatore di basket fallito, ritrovandosi a vagabondare per il Texas. Mi ha implorato di aiutarlo, di dargli un lavoro...e io l'ho fatto".
Thomas si fece attento. Quella storia gli interessava tantissimo.
"All'inizio diventammo amici, ma poi ci accorgemmo di essere innamorati, così la nostra relazione divenne ufficiale e in mente non si dica tutti i miei amici lo vennero a sapere. Era tutto perfetto..." si bloccò, e la sua voce si fece meno sicura "fino a quel giorno...".
Gli occhi cominciarono a diventare lucidi e la voce sempre meno sicura.
"Che è successo?", chiese Thomas.
Newt inspirò profondamente.
"Litigammo quella sera. Alby non ne voleva più sapere di rimanere in Texas e voleva che ci trasferissimo a Los Angeles, dove pensava avremmo trovato più lavoro. Io ovviamente non ero d'accordo, ma quella semplice litigata, si trasformò in una lite, finita col sangue...".
Thomas ricominciò ad avere quel brutto presentimento.
"Non vorrai dire che...".
"Esatto. Preso dall'ira, ho preso la pistola che mi aveva regalato e gli ho sparato in testa".
Thomas rimase di sasso, letteralmente pietrificato da quella dichiarazione.
"Sono rimasti col suo corpo per un tempo infinito, stretto al petto...".
Lacrime amare cominciarono a solcargli il volto pallido, accarezzandolo con la mano destra, frustrato.
Thomas cominciò a sentirsi uno schifo; non sapeva come, ma la tristezza di Newt lo aveva contagiato, come un virus. Tese una mano per stringere quella del biondino, appoggiata alla parte finale del letto, ma l'amico prese dal mobile la pistola e la puntò addosso a Thomas, più veloce di una vipera. Il moro alzò le braccia in segno di resa.
"Non provare a toccarmi...", mormorò Newt.
"Ascoltami-".
"Allontanati immediatamente!".
Thomas obbedì senza fiatare; scavalcò il letto utilizzando solo le gambe, dovendo tenere le braccia alzate. Quando si mise bene in piedi, dovette analizzare la situazione; si ricordava di Newt come un ragazzo forte e indipendente, uno che andava dritto al sodo che lavorava duramente. Adesso Newt gli era davanti con gli occhi arrossati, dovuto alle lacrime che non aveva smesso di versare; tra le mani teneva quella pistola, l'arma che aveva causato fin troppo dolore. Il biondo la stava puntando verso Thomas, ma il braccio stava tremando.
"Ascoltami" gli disse il moro, cercando di calmarlo "ho visto cos'hai passato ma-".
"No!" lo interruppe Newt "tu non sai cos'ho passato! Tu non sai niente del dolore!".
"Cerca di calmarti...".
"No!" sbraito' "tu hai sempre vissuto tra gli allori, fregandotene delle persone, pensando solo a te stesso. La tua vita è sempre stata rose e fiori...".
Fece per continuare ma si bloccò, incapace di proseguire senza singhiozzare. Anche se vi era poca luce, Thomas poté leggere nei pozzi neri che componevano i suoi occhi una tremenda solitudine, un temendo dolore mai superato.
"Hai ragione Newt, ma ti prego" lo supplicò Thomas, avvicinandosi al biondo a piccoli passi "metti giù la pistola".
"Non ti avvicinare! Sono un mostro! Sono un assassino!".
"No..." Thomas fece un altro passo, avvicinandosi quanto bastava per potergli togliere delicatamente l'arma dalla mano "tu non sei e non sarai mai un assassino".
Gettò la pistola sul letto.
Dette quelle parole, Newt cadde in ginocchio, abbassando lo sguardo verso il parquet, continuando a piangere. A Thomas gli si strinse il cuore a vederlo ridotto in quello stato: un profondo dolore cominciò a insediarsi nei meandri del suo cuore, come un virus che si insediava in un corpo ospite per divorarlo dall'interno. Il ragazzo non aveva mai sofferto così; ma gli cosa gli stava succedendo? Perché vedere Newt piangere disperato lo faceva stare così male? Perché proprio lui e non Teresa?
Poi capì. Si sentì stupido per non averlo capito. Doveva smettere di fare finta di niente e allora si fece avanti, sapendo allo stesso tempo che si sarebbe pentito.
S'inginocchiò davanti a Newt e lo strinse fra le braccia. Si ritrovò ad avere l'esile corpo del biondino appoggiato al petto; Thomas aveva quasi paura ad abbracciarlo, paura che a solo stringerlo al suo corpo l'avrebbe disintegrato, come un castello di sabbia. Accarezzò la parte posteriore della testa, gustando la morbidezza dei capelli biondo scuro, il battito del suo cuore che poco a poco si regolarizzava. Avrebbe voluto rimanere così per sempre.
"Grazie Tommy...", mormorò Newt.
"E di cosa?".
"Per essere qui".
Thomas sorrise.
"Tranquillo Newtie" ridacchio' nel dirlo "per te ci sarò sempre".
"Non saprei...da quando è morto Alby, ho paura di legarmi con le persone...".
"Allora legati a me".
Newt sbarrò gli occhi, non credendo alle proprie orecchie. Alzò lo sguardo, mentre Thomas gli afferrava il volto con entrambe le mani, dolcemente.
I suoi occhi neri, in quel momento, gli sembravano i più dolci mai incrociati, due perle corvine illuminate dalla luce soffusa, addolcendole. I loro volti si avvicinarono sempre di più socchiudendo gli occhi, e le labbra si scontrarono. Le labbra di Newt gli si offrirono morbide, restarondo inerti sotto le sue per un istante. Fu la ragazzo a dischiuderle e a baciare Thomas sul serio.
Quel bacio fu lungo e intenso, per poi allontanarsi uno dall'altro, soltanto per riprendere fiato.
"Ti amo", gli sussurrò Newt, dolcemente.
"Anch'io", gli rispose Thomas.
Ricominciarono a baciarsi con più passione, e senza accorgersene si ritrovarono a farlo sul letto, completamente nudi.
Thomas si ritrovò sdraiato sul letto matrimoniale, sovrastato dal corpo esile ma sensualmente caldo e morbido di Newt: la sua presa era dolce, sensuale...lo toccava, lo accarezzava, lo leccava...
Non dimenticherà mai quella notte.
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I Don't wanna miss a think ~Newtmas~
FanfictionL'opera può essere letta anche da chi non ha letto e/o visto i libri/film. Anche se ha solo diciassette anni, Thomas O'Brien è un attore Hollywoodiano amato da un grande pubblico, data la sua bellezza. I suoi fan però, sono ignari del com'è verament...