Capitolo 2

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Law guardava con scarso interesse la città in cui si erano fermati. Era tutto un insieme di traffico, alti e grigi palazzi che facevano sentire chiunque piccolo e insignificante al loro confronto, e soprattutto un chiasso assordante lungo le strade che lasciava un senso di stordimento. Oltre quello non c'era nulla di bello che attirasse realmente la sua attenzione, a parte forse i rari sprazzi di verde dei parchi cittadini che sembravano bucare la città e non appartenergli.

 Il resto era noia.


 Al distributore aveva dovuto sedare una rissa tra Kidd ed il benzinaio. Il rosso sosteneva fermamente che quello lo stesse guardando di traverso mentre lui faceva il pieno moto.
 -Anche se fosse? Impara a farti scivolare addosso le cose di poco conto Eustass-ya.- gli aveva detto il moro.
 -Parli proprio tu che l'altro giorno hai mostrato il tuo fottuto dito medio a quel tizio mentre eravamo in quel bar? Non ti ho ancora perdonato il fatto che per colpa tua ci abbiano buttati fuori.- ringhiò il rosso.
 -Quanto la fai lunga.- fu la laconica risposta del medico mentre si stiracchiava sulla panchina in cui si erano accomodati dopo la mancata rissa.
 Ad interrompere la discussione fu l'arrivo Killer, allontanatosi per andare a comprare qualcosa da mangiare. Lanciò ad entrambi un panino con hamburger, patatine fritte, insalata e più salsa che altro.
 Law fissò il suo disgustato. -Cosa è questa roba?- sibilò come se avesse tra le mani un serpente velenoso.
 -Un panino. Non ci vedi o sei scemo?- gli disse il biondo, che solitamente sopportava abbastanza civilmente i capricci del moro.
-Io odio il pane.- replicò il medico.
 Kidd gli prese il panino dalle mani tatuate senza poche cerimonie. -Se non lo vuoi allora lo mangio io.-
 -Facci quello che vuoi. Io vado a cercare qualcosa di commestibile.- disse allontanandosi dal parco.
 Si aggirò per quella città noiosa, che avevano già parzialmente esplorato quella mattina, e ricordava di aver adocchiato un ristorante mentre svoltavano l'angolo, e tra l'altro il locale sembrava essere una delle poche cose interessanti di quel posto.
 Potevano anche definirlo un moccioso viziato quei due ma a lui piaceva trattarsi bene.
 Quando finalmente trovò il ristorante, grazie alla sua memoria visiva ricordava perfettamente dove lo aveva visto, lo accolse una cameriera dai lunghi capelli azzurri che lo fece accomodare in uno dei pochi tavoli liberi ancora disponibili.
 Nella sala si mescolavano i profumi delle varie pietanza ordinate dai clienti e il chiacchiericcio della gente che la affollava. Le cameriere camminavano agili tra i tavoli trasportando pesanti vassoi ma sempre con il sorriso sulle labbra.
 Il medico ordinò un piatto di linguine allo scoglio, insalata di cozze, patate al forno ed una bottiglia di vino bianco a discrezione della cameriera.
 Solitamente era abituato a mangiare poco ed in fretta, a causa del suo lavoro, e non si lasciava mai andare a grandi abbuffate, ma durante quel viaggio insieme ai due fratelli Eustass stava imparando a gustare vari piatti tipici dei posti che visitavano, e anche vari tipi di alcolici pensò tra sé con un sorriso storto.
 Forse era la cattiva influenza dei due o forse finalmente si sentiva libero di fare qualcosa senza quel soffocante senso di prigionia.
 Fare quel viaggio la aiutava a distrarsi, a non pensare alla sua vita e alla sua mediocrità. Lo faceva sorridere la follia di quello che stava facendo, ma soprattutto era strano il fatto che si stesse divertendo insieme a quei due fratelli così strani.
 Lui, sempre così controllato e metodico, in compagnia di due pazzi scatenati. Faceva ridere solo a pensarlo.
 Dopo il pranzo, camminò lungo le strade soleggiate della città. Quel posto per certi versi somigliava un pò alla fredda città in cui viveva. Era sempre così impegnato con il suo lavoro che aveva quasi dimenticato cosa si provava a sentire i caldi raggi del sole sulla pelle e camminare senza pensieri.
 Camminare senza l'ansia di non fare tardi in ospedale, avere la responsabilità della vita dei suoi pazienti tra le mani ogni singolo giorno. Era una cosa logorante e perfino i suoi nervi d'acciaio avevano bisogno di una pausa e di staccare completamente la spina.
 Tornò a piedi nell'albergo in cui stavano alloggiando dalla sera precedente e si concesse una doccia rinvigorente.
 Era bello sentire le gocce che scivolavano tra i suoi capelli, gli baciavano il viso e poi toccavano i suoi tatuaggi fino a infrangersi nell'ombelico e poi giù fino alle lunghe gambe per poi morire nello scarico.
 Anche quando finiva di insaponarsi e risciacquarsi gli era sempre piaciuto restare sotto il getto fino a quando l'acqua non diventava insopportabilmente fredda.
 Le goccioline che colavano dai capelli gli solleticavano la pelle provocandogli dei leggeri brividi a contatto con l'aria che entrava dalla finestra spalancata.
 Mentre si vestiva sentì i suoi compagni di viaggio, che erano tornati mentre lui faceva la doccia, intonavano una canzone accompagnata dal suono di una chitarra, magistralmente suonata dai due giovani.
 Li spiò dal buco della serratura mentre terminava di vestirsi e li vide seduti a gambe incrociate sui loro letti con espressioni serie e concentrate.
 La stanza era invasa, non solo dalle note dei due strumenti musicali, ma anche dalla voce tonante di Kidd, calda e graffiante, che imprimeva in ogni parola tutta la sua passione per la musica e sembrava amare il canto come nient'altro al mondo.

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