Capitolo16

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Justin guardò accanto a sé: per terra, dove prima aveva messo Anna, non c'era niente. Solo polvere di cemento. Si guardò le mani: nemmeno quelle avevano niente, solo graffi. Si guardò le gambe, ma anche lì non c'era nulla. Guardò sconcertato, inorridito e perplesso Idan. «Io non... lo so...» bofonchiò.

«Dannazione!» urlò il demone, un urlo bestiale, gutturale, che echeggiò in tutta la bolgia.

Justin iniziò a piangere. «Non... non siamo entrati da nessuna parte, come hai detto tu... io non... non lo so come...» Ma più cercava di dare una spiegazione e meno poteva dirne una convincente visto che nemmeno lui sapeva cos'era successo.

«Lo so, Justin, lo so» lo rassicurò nervosamente Idan. «Lo so che non è colpa tua. Infatti è tua, vero Ionte?!»

Seduto ad uno dei tavolini bianchi c'era Ionte, il Demone Superiore con cui avevano avuto a che fare nella prima Arena. Sedeva composto, le gambe accavallate, la sigaretta accesa ed una tazzina in mano. Leggeva. «Oh, ti sei accorto di me?» disse, il tono beffardo.

«Sei stato tu a portarci qui, vero? Hai fatto tu in modo che entrassimo qui dall'Arena Folle!» gridò Idan, i nervi a fior di pelle.

Ionte batté lentamente le mani, come a scandire ogni singola battuta. «Come l'hai capito?» chiese.

Idan ringhiò. «La tua è la Bolgia delle Illusioni. Tu sei il maestro delle illusioni. Non ti è costato nulla farci sparire la percezione del reale una volta usciti dall'Arena Folle. Ma perché?!»

«E perché no?» Ionte era come un bambino capriccioso e monello, che faceva solo quello che voleva.

«Avevamo un patto!» tuonò Idan.

«E l'ho rispettato» si alterò Ionte. Il suo sguardo divenne fermo e glaciale, come se fosse stato punto nel vivo. «Vi ho lasciati uscire dall'Arena e non ho fatto rapporto,» disse «ma non ho mai detto che non l'avrei fatto fare ad altri. A quest'ora Nitte avrà sicuramente fatto un rapporto dettagliato al Capo. Già me l'immagino: tutta furiosa perché le è esplosa in faccia la marionetta che ti aveva mandato contro. Ma, sai una cosa?» disse sporgendosi verso Idan, un braccio sul tavolo ed una mano sotto il mento, lo sguardo di chi ha fatto una vera cattiveria e ne gode «Ben le sta! Come ha anche solo pensato di poterti far fuori con una misera marionetta? Proprio tu, che sei stato scelto da Lucifero?»

«Dov'è Anna?» chiese Justin.

Ionte lo guardò disgustato, inorridito dal fatto che un vile umano avesse osato rivolgerli la parola. «Chi lo sa» disse. Mentre sorseggiava dalla tazzina, un vento improvviso gli scompigliò i capelli, ma lui non si mosse né si stupì.

Idan l'aveva afferrato per la gola e stringeva, stringeva sempre di più. Ma Ionte non cedeva, non gli dava la soddisfazione di vederlo agonizzare in quella stretta. «Dov'è???» urlò lo shura.

Ionte lo toccò appena con un dito sullo stomaco, ma tanto bastò per metterlo in ginocchio. Idan lasciò la presa alla gola, e Ionte si passò un mano sul collo massaggiandoselo. «Diventi più forte quando ti arrabbi. Ma non sei ancora così forte. Non sei stato iniziato da Lucifero, non sei ancora il suo discendente, quindi non potrai mai, e ripeto mai, farmi niente.»

«Dimmi dov'è Anna...» farfugliò Idan. Era stanco: stanco di quella storia, stanco di quella situazione, stanco di vedere che non ne usciva, stanco di vedere che un suo passo avanti erano altri dieci indietro.

«Ma scusa, dove vuoi che sia?» Ionte amava mettere alle strette i suoi nemici, godeva nel vederli soffrire e, cosa ancora più bella per lui, di vederli agonizzare a causa delle sue domande-risposte indovinello. Alzò le sopracciglia, come se la risposta fosse troppo ovvia per poterla dire.

SHURA - il demone dell'InfernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora