In balia dell'inverno i fili d'erba s'agitavano preoccupati e scossi, brevi e malaticci: sobbalzavano col vento venendo condannati dalla pioggia e dal fango, dalle suole sprezzanti. Come ogni inverno cadevano uno ad uno sotto la scure della stagione fredda. I prati diventavano fango e la fanghiglia faceva da prato. I fili d' erba, tali a milioni di braccia, provavano ad afferrare il sole, sempre più schivo, sempre più chiaro e freddo. Cadevano uno ad uno senza smettere di combattere contro il gelo e di arrendersi all'impeto della stagione fredda, consci che prima o poi la primavera avrebbe fatto ritorno, il sole sarebbe rinvenuto saturo di vitale tepore.
Ora cammino scalzo.
Le piante dei miei piedi sono salde sul manto erboso, soffrono: gli appuntiti ramoscelli e le foglie rinsecchite, ormai asciutte, vi incidono piccoli taglietti sanguinanti. Ed io cammino. Sono stato un po' ovunque qui, da questo lato. Abbandonato e sballottato di là, calpestato e riportato di qua. Ma Estate, di qua e di là, è sempre la stessa vecchia amica d'infanzia che scaturisce ricordi e speranze. È graziosa lei; la sua chioma mossa dal vento rivela i suoi occhi, oceani limpidi, mentre il suo sorriso come uno specchio riflette.
Una volta coi miei orecchi l'ho sentita emettere i suoni d' una calda risata, ma voltatomi ho guardato gl'angoli della sua bocca, rilassata, orizzontale, e ho notato le sue labbra che s' abbracciavano a nascondere i denti bianchi.
<<Abbiamo vinto un'altra guerra!>>, mi disse urlando, graziosa, una volta. Non capii, lei si voltò e proseguì. Quel giorno il cemento ribolliva e le brezze si nascondevano dietro agli alberi. Era un qualsiasi giorno di luglio, una qualsiasi sera, in Emilia. Non abbiamo vinto un cazzo, pensai, ma ero felice anch'io: fu la prima volta che Estate mi parlò.
Qualche tempo dopo né tu né Estate vi faceste più vedere, e le strade avevano già rapito l'esperienza, fautrice di idee. Nessuna emozione ci solleticava la sera, al calar del sole solo notti e non più avventure. Eravamo stati esclusi e cacciati, sentivamo non ci fosse più posto per noi, cuori scarichi.
"C'è un secondo", disse Luca in preda al rancore quel giorno, "un solo istante in cui tutto si ferma e la mente gira. Così come un taglio nella tela,
esiste un secondo,
che nessuno ci ruberà mai."
Ci guardò negli occhi, uno in fila all' altro trattenendo il fiato e venendo ricambiato, fissato a sua volta. Ci osservò ancora, in maniera sparsa, tendendo gli occhi al compagno a lui più caro. Poi, sospirò; d' un colpo e abbassando il capo. Fissava la fanghiglia avvinghiatasi in un'appiccicosa morsa sulla punta delle scarpe.
"Questo viaggio ha un ritorno e si compirà", mi aveva sussurrato. "Così come loro rientreremo senza ombre addosso."
Tornammo a casa;
Tornammo indietro sorretti dal vento, i centesimi nascosti sotto al freno a mano tremavano. Lentamente piano proseguimmo con le pance gonfie e l'adrenalina in corpo, inquietudine svezzata a cielo aperto. Mi sistemai i capelli, che non volevo ma non volevo perdere, e alzai il finestrino; -appoggiai lo sguardo sulle campagne.
Figli delle stelle suonava in sottofondo ed era presto, il cielo annuvolato proteggeva ancora il sole. No non ti dico a che pensavo, lo sai, quando sarà domani non conterà più. Tra gli alberi che correvano fissai lo sguardo, girai il capo, seguendoli sullo sfondo che era tutti i colori e poi il nulla, le gallerie. Prima che tu partissi intravidi uno zaffiro nei tuoi occhi fermi e spiai veloce mentre ti voltasti; ti dimenticherò, ma ti ho ricordata.
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Provincia meccanica
General Fiction10/05/18 #1 in Narrativa Generale [IN CORSO] I sogni più belli nascono nei sobborghi. Narriamo di cemento, cielo, amore: cosi isolati, non ci resta che guardare oltre. "I tuoi occhi, ladri di lettere, oscillavano tra le nostre righe. E gli avremmo...