2 - se Poesia esistesse Pt. 1

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Mi capitò spesso di ripensare a quelle parole, se non altro perché andai a lavorare dal vecchio Colci. Gestiva un piccolo negozietto, L' Argenteria, non molto lontano dal centro. Vendeva vecchi vestiti ed oggetti impolverati.

Il negozio aveva due stanze ed un breve corridoio, due grandi vetrate illuminavano l' interno disseminato di banchetti ed appendiabiti nella prima. Nel secondo locale erano ordinatamente esposte decine di macchine fotografiche analogiche, la grande passione del vecchio Colci, che tutto il giorno si rintanava nella camera oscura nel retro del locale ad armeggiare con le poche pellicole che portavano i clienti.

"E' roba all'ultimo grido, fidati." Mi disse il primo giorno, vedendomi perplesso. 

"La gente va pazza per gli oggetti datati: un tempo l'oro si cercava nei letti dei fiumi tra i boschi più inospitali. Ora sono tutti alla ricerca dell'oro nelle polveri degli scaffali dei negozi...e qua c'è bella roba". Sarà, pensai, nonostante la maggior parte dei clienti fosse composta da anziani e pittoresche coppie di pensionati.

C' era solo un ragazzino, veniva spesso. Si soffermava sempre a guardare la vetrina delle macchine analogiche, poi entrava. Piroettava tra gli scaffali e correva fuori. Un mercoledì entrò nuovamente ed intento ad osservare gli apparecchi nello scaffale affianco al bancone si lasciò andare ad esclamazioni euforiche. Colci, divertito dalla scena lo affiancò.

"Quale ti piace di più?" Gli domandò muovendo il mento verso i ripiani. Il bambino senza alcun imbarazzo pose lo sguardo in alto, dove un obbiettivo argentato scintillava.

"Hai un ottimo occhio." Annuì soddisfatto il vecchio Colci. 

"E' la famosa Leica IIIc, piena di storia!". Quel ragazzino, rosso di capelli, spalancò la bocca quando il vecchio prese la fotocamera e gliela porse. La osservò, corse per il negozio facendo finta di fotografare. Assistei alla scena sonnecchiante, dietro al bancone. Al di là delle finestre il sole precipitava lentamente, nessuno dei passanti che si intravedevano pareva interessato ad entrare; la campanella della porta rimase inoperosa quel pomeriggio.

Il ragazzino sbucò fuori da uno scaffale e riconsegnò a Colci la macchina. "Voglio sapere la sua storia, raccontamela!"

"Non è un po' tardi, ragazzo? Si sta facendo sera." Colci rispose senza guardarlo, era più preoccupato di risistemare a dovere quel vecchio apparecchio.

"No. Voglio sentire la storia." Si aggrappò al bancone e fissò entusiasta Colci. Guardai l' orologio, di lì a mezz' ora avrei potuto togliere il disturbo.

Colci roteò gli occhi come fosse infastidito, ma a lui piaceva parlare. Ogni tanto fingevo di ascoltarlo, che non smetteva mai, che non sempre ciò che diceva era interessante. Era un vecchio sveglio, ma gli capitava spesso di ripetere le stesse storie per giorni; bastava annuire, sorridere, ed era felice.

"Questa non te l'ho mai raccontata." Mi avvertì, come leggendomi nel pensiero. 

"Si tratta di uno degli esperimenti scientifici più sottaciuti della storia, e questa"- indicò la vecchia Leica nel chiuso dello scaffale- "fu protagonista". 

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Domani nuovo capitolo!

-Emme Damna-

Provincia meccanicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora