Un ragazzo dal fondo della strada giocherellava con le chiavi il cui rumore sordo trascinava echi per la via. Pensavo fosse giovane ma girò, notai la pelle ruvida illuminata dai lampioni. Era già sera, e perso il terzo treno mi persi tra i nostri sussurri; volevo capirti e farmi sentire, ma fummo avvolti da frasi incerte, orecchi stanchi. Non ho mai saputo chi tu fossi davvero, neanche quando ti vivevo nelle calde notti riuscivo a riconoscere il tuo volto. Rimanevo ad osservarti mentre fingevi di non vedermi la sera, ti accarezzavo il mattino perché forse dormivi. Credevo nel meccanismo perfetto, fatto di coraggiosi assensi e sentimenti vivi tra noi compagni; proprio questo avevamo imparato.
Ci muovevamo per nulla soli in quei periodi con i raggi in faccia e le mani congiunte come speranze, come facevamo in preghiera prima che perdessimo la voglia di credere, che le nostre dita scivolassero. Eravamo troppo lontani ormai, anche se ti avevo accanto. Già più non ci guardavamo in volto e a vedere di lato sembrava di guardare avanti.
Camminavamo;
contavo gli sbalzi nel mezzo della strada. Con il terreno sconnesso intoppi ci furono, ma con il cemento e i suoi i passi facili arrivammo in breve e fermi, davanti a casa tua. Sorridemmo entrambi e un po' di imbarazzo impedii ai nostri occhi di toccarsi.
"Ripenso spesso a tutto, alle strade percorse assieme, mi manca; ma ho mille pensieri, sai.", confessasti tra i sospiri.
Due uomini litigavano, qualche metro più su nel chiuso delle pareti: le urla solleticavano le mura del palazzo. Eravamo proprio lì sotto, ignorandole le sentivamo, noi che come al molo le barche eravamo ancorati l' uno all'altra e né fiato né parola, nè sbotti né sguardi; osservavi spossata, non vedevi nulla. Ancora nell' attesa eravamo entrambi convinti non ci sarebbe stata vera pausa, nessuno ci avrebbe trattenuti e nemmeno noi, dalle teste più leggere di un' ancora: saremmo quindi volati via, io e te, come le foglie nel pomeriggio strappate ai rami; perché non avremmo potuto permetterci di restare ancora. Mi salutasti per l' ultima volta ed io rimboccai i tuoi occhi, stanchi, di vedere come nulla fosse cambiato.
"Penso sia tardi", dicesti.
"tu, io, queste strade...è inutile.
Non siamo più quelli di una volta."
FINE PRIMA PARTE
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Ringrazio tutti i lettori che mi danno motivi e stimoli per continuare. Provincia meccanica sta per cambiare,
aggiornerò a breve.
-Emme Damna-
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Provincia meccanica
Ficción General10/05/18 #1 in Narrativa Generale [IN CORSO] I sogni più belli nascono nei sobborghi. Narriamo di cemento, cielo, amore: cosi isolati, non ci resta che guardare oltre. "I tuoi occhi, ladri di lettere, oscillavano tra le nostre righe. E gli avremmo...