"Era piuttosto giovane il professore. Una mente brillante. Dovrei avere qualche sua vecchia foto; aveva poco più di trent'anni e una folta barba. Fumava il sigaro, e anche quel pomeriggio, prima d' iniziare, boccheggiò il suo grosso cubano d' importazione dal tabacco secco, trinciato, impregnato d' un nauseante riverbero alla vaniglia. Una porcheria.". Con una mano appoggiata sul bancone, l'altra che si muoveva concitata svolazzando tra le parole, il vecchio Colci continuò.
"Erano tutti agitati quel pomeriggio. Compreso il professore, che accerchiato da collaboratori e assistenti si trovò nella scomoda posizione di dover ostentare estrema sicurezza. Ma il nervosismo non era dato dalla difficoltà dell'esperimento. No, no. L' avevano già eseguito una mezza dozzina di volte con buoni risultati. Ecco, era un procedimento semplice che se eseguito correttamente non portava alcun tipo di problematica. Ma anche solo una minuscola esitazione...vedi, il fatto è che sarebbe bastato un solo errore, ed i presenti in quella stanza, nessuno escluso, avrebbero pagato caro."
"Erano tutti nelle salde mani del professore. Egli diede il via all' esperimento cominciando con l'occuparsi d' erigere il piccolo muro di mattoni riflettenti attorno alla sferetta di plutonio già posizionata sul tavolo.
A quel punto posizionò la semisfera di berillio, dalla forma di una grande ciotola rovesciata dal diametro maggiore della sferetta di plutonio, sopra a quest' ultima, così da poterla comprimere. Doveva stuzzicare la sferetta adoperando la semisfera, calibrandola alla perfezione fino a testare il limite di pressione sopportato da quella piccola circonferenza di plutonio:
quel limite andava scoperto, ma solo sfiorandolo. Per nessun motivo al mondo, quel limite, andava superato." Asserì con l' indice ritto in avanti a puntare verso il nulla.
"Era lì annidato nel suo camice bianco, indaffarato a quel grande tavolo attorniato dai muti e anziani collaboratori ritti in piedi che scrutavano attenti, mentre gli assistenti prendevano appunti sguinzagliando a ritmo le penne sui taccuini. Il professore stava facendo andare su e giù la semisfera schiacciando delicatamente la sferetta; con fiera destrezza mentre gli occhi degli assistenti seguivano attenti." Appoggiò i gomiti sul bancone e continuò, con gli occhi pieni -indice e pollice congiunti come per spiegare ancor meglio- e la voce più grave.
"Ecco. Il fattaccio accadde proprio in quel momento. Il professore era solito calibrare la pressione subita da quella sferetta radioattiva, compressa tra la semisfera ed il piano del tavolo, facendo leva con un cacciavite". Asserì, levando i gomiti per aria dopo averne velocemente afferrato uno giallo e nero che si trovava in un cassetto aperto, alle sue spalle. Lo fece dondolare tra le dita con curiosa convinzione.
"Un cacciavite?"
"Già." Annuendo energico confermò. "Accadde che, quando il professore, mentre posizionò il cacciavite tra la semisfera ed il tavolo per fare leva-"
"Gli cadde di mano? Il cacciavite dico, gli scivolò, vero?"
Detestava essere interrotto.
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Domani la terza parte.
-Emme Damna-
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Provincia meccanica
General Fiction10/05/18 #1 in Narrativa Generale [IN CORSO] I sogni più belli nascono nei sobborghi. Narriamo di cemento, cielo, amore: cosi isolati, non ci resta che guardare oltre. "I tuoi occhi, ladri di lettere, oscillavano tra le nostre righe. E gli avremmo...