Peace, please.

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Annego, ma non so dove.
Insonnia.
Nessuna voglia di studiare, ma devo.
Odio.

Non volevo tornare a casa, che forse casa non è più.
Ma almeno c'era Marghe, con la guida ansiosa di chi ha appena preso la patente e finge di potersela cavare da sola mentre cerca di trattenere gli attacchi di panico, con le sigarette girate di fretta con le cartine lunghe, con le risate e i discorsi seri a metà.
E almeno c'erano Emilio e gli altri ragazzi, che mi hanno riportato l'aria del liceo, con i loro discorsi stupidi, le sigarette offerte senza pensarci due volte, i milkshake alle due di notte e i discorsi sul lavoro e l'università che ci ricordano che, purtroppo, il liceo è finito.

E nel frattempo sono svuotata. Non so più cosa provare.
So solo che odio l'idea dei sette esami che devo dare a maggio e giugno e che odio i discorsi sulla responsabilità (che oramai conosco a memoria) gentilmente offerti dai miei genitori.
E so che gli unici momenti in cui sono veramente in pace sono quelli in cui o sono con Bilel o sono brilla e/o fatta. Con la testa leggera, in entrambi i casi, spenta, senza più nessuno. Solo silenzio.

E lo so che non dovrei essere così, che dovrei schiaffeggiarmi da sola e darmi una svegliata.
Ma è come se avessi la febbre dentro, con le ossa e i muscoli che urlano dal dolore al minimo movimento, con la testa che scoppia e un macigno nel petto.

Vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi solo quando tutto questo sarà finito. Anche se non so esattamente cosa sia "questo".

Vorrei essere circondata e sopraffatta dal mare.
Non so perché ma l'idea di essere sommersa dal e nel blu mi dà una pace che non provo da troppo tempo.

Pensieri deliranti di una mente contorta.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora