- Hallelujah...– Canta Castiel a messa, invisibile in mezzo ad altre decine di voci. I frati e i laici, i giusti e gli irrequieti, coloro che soffrono per l'amore o per la vita, respirano attorno a lui senza lasciare traccia, senza importanza nella sua mente, come se fossero spiriti, fantasmi, come se non esistessero davvero. E per Castiel non esistono davvero. Si alzano, si risiedono, si alzano di nuovo come marionette alle parole del prete, non lasciano trasparire ciò che veramente sentono o pensano, ognuno chiuso nella sua testa, nella sua gabbia, ognuno che continua a vivere la sua vita, ognuno che continua a fingere di cantare un "Hallelujah". Castiel guarda fisso davanti a sé, senza capire davvero le parole nella propria bocca, pensando solo all'infinità di pensieri ed emozioni che ciascuno riesce a nascondere dentro la propria testa. "Siamo tutti camere blindate, e troppo spesso diamo la chiave alle persone sbagliate" si ritrova a pensare. Camere blindate, muri, maschere. Non sono nient'altro le persone. Ma chissà se c'è qualcosa come dicono, dietro le maschere, nelle camere blindate. O se alla fine chi siamo davvero è la maschera che facciamo vedere agli altri. No, sta divagando. E' un pensiero stupido. O forse no? Non erano nella sua camera blindata, con Dean? Non c'è un muro tra di loro, adesso? Ma chi era il vero Castiel? Quello nella camera o il muro? Inutile. E' assolutamente inutile come ragionamento. Indipendentemente dal fatto che Castiel sia il ragazzo tra le braccia di Dean o il ragazzo che canta nel coro, non cambia come stanno le cose, non cambia il suo ruolo. Quello del ragazzo del coro. Non può essere il ragazzo tra le braccia di Dean. E a quel punto a cosa serve struggersi nel chiedersi chi sia il vero Castiel? A cosa serve pensare a maschere o camere blindate, se poi col pensiero torna a lui? Smette di cantare. Deve respirare. Stupido, ti sei messo di nuovo a pensarlo. Castiel sa dove si trova. Si scopre a cercarlo con gli occhi ogni volta che entra in una stanza. Seconda fila sulla destra, accanto alla ragazza con il vestito bianco, un'altra. Dev'essere bella, con quei capelli rosso fuoco sparsi sulle spalle, ma non così tanto mentre ride per Dean. Ogni risata sommessa sembra ordinargli di andarsene, di scappare da quella tortura inumana, da quel Dean che ormai neanche lo guarda. Castiel sa che una volta non era così. Che una volta, quando a messa si voltava a cercarlo, due occhi verdi brucianti rispondevano alla sua chiamata e brillavano, Dio se brillavano. Splendevano come scintille, come grazia divina quel giorno, quando non erano riusciti a smettere di guardarsi, e non esistevano più chiavi né maschere, solo loro due. E fragile come il cristallo quell'equilibrio si era spezzato. E Castiel sa che non potrebbe tornare come prima e che in fondo è meglio così. Insomma, avrebbe veramente dovuto mettere a repentaglio la sua vita per una cotta adolescenziale? Ovviamente no. E' questo che gli dice la ragione. Eppure sente che sta cercando di tenere lontano ciò che pensa davvero. "Avevo accanto una persona meravigliosa, l'ho persa per sempre ed è tutta colpa mia". Lo sa, lo sa fin nel profondo, glielo urla ogni cellula del suo corpo che la sua decisione è sbagliata e improvvisamente ogni respiro si fa più difficile e privo di una qualsiasi funzione. Smette di cantare, tira più aria che può nei polmoni, espira. Inutile, assolutamente inutile. Ma adesso le labbra non vogliono saperne di muoversi di nuovo. Lo sapeva, non doveva lasciarsi fregare di nuovo dalle emozioni, non doveva farlo rientrare col pensiero nella sua camera blindata. Dolore. La ragazza vicino a Dean ride di nuovo sommessamente e Castiel non riesce a cantare o pregare o semplicemente a tornare alla vita che aveva prima, la sua vita, o almeno quella che dovrebbe essere sua, quella del ragazzo del coro. Gli manca, gli manca nelle ossa e nelle vene e quella distanza che si è insediata tra loro lo avvelena giorno per giorno, con quelle lezioni silenziose e piatte e le brusche risposte da parte di entrambi. No, non ha parole per descrivere il sentimento che prova, a dargli un nome. Non è mai stato particolarmente bravo a parlare delle proprie emozioni, per gli altri o per se stesso. Non è neanche sicuro di saperlo fare. Ma la sente, la sente quella grazia che lo faceva sentire così felice, così vicino a Dio, e che ora pare una piccola brace che si spegne dolorosamente nel suo stomaco.
- Halleluiah. – si ritrova a cantare alla sera. No, si era ripromesso di non piangere. Non è il tipo. Fin da piccolo non gli piaceva farlo, altrimenti suo fratello Gabriel gli avrebbe ficcato la testa dei piselli per non far scoprire a Naomi i suoi dispetti. No, non è necessario avere le lacrime per essere davvero tristi, più di quanto si sia mai stati, disperati e un po' smarriti, come se si avesse perso l'ancora che fino a quel momento aveva tenuto ferma la propria esistenza. Del resto a questo servono le camere blindate, no? A proteggersi dai gesti avventati. E quando vengono aperte se ne esce distrutti, sempre. A volte per capirlo basta sussurrare un Hallelujah a Dio e lasciare i propri pensieri fare i conti con se stessi.

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Destiel - Hallelujah
FanfictionCastiel ancora non sa che Dean Winchester, l'affascinante peccatore che il giovane ha il compito di strappare dalla perdizione, stravolgerà la sua esistenza e tutto ciò in cui ha fermamente creduto da quando è venuto al mondo. Cercando un ultimo app...