Capitolo 5

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Castiel si dirige verso la stanza di Dean. Padre Metatron è sulla porta, momentaneamente aperta.

- Castiel, fratello. – lo saluta. E' abbastanza giovane, anche se a causa dei capelli ingrigiti non sembra, e ha un viso tondeggiante, da topo, con due occhi guizzanti e l'espressione magnanima. Castiel rispetta la sua cultura. E' uno dei preti più studiosi: sa, oltre all'inglese, al latino e al greco più di otto lingue e si occupa della biblioteca della comunità. Per un attimo i lividi di Dean gli ballano davanti agli occhi.

- Padre, hai appena finito con Dean? Come va?- chiede. L'uomo alza le spalle, sorridendo.

- Faccio il possibile per riportarlo sulla strada di Dio, ma... non importa. Devi parlare con lui?

- Sì, volevo lasciargli degli spartiti. Magari vuole rivederli prima della lezione di domani.

- Oh. – il prete assume un'aria afflitta. – Temo che non sarà molto disponibile al riguardo. Tu sei in buona fede, ma quel ragazzo... ha il diavolo in corpo. Mi ha anche aggredito! Dio solo sa cosa...

- Ho sentito. Mi dispiace tantissimo. Farò attenzione. – lo rassicura Castiel in fretta. Padre Metatron è un buon prete, ma i suoi pettegolezzi tendono a girare per tutto l'edificio nel giro di pochi minuti. Non sta zitto, mai, e non c'è nulla che gli accada che non condivida con tutti. Castiel, di natura più riservata, non apprezza granché quel lato del suo carattere. Ma di persona è sempre stato gentile e certo il ragazzo non vuole inimicarselo.

Il ragazzo entra e vede Dean seduto sul letto con un'aria annoiata.

- Lo soffocherò nel sonno, lo sai vero? –minaccia. Castiel sorride: evidentemente non è l'unico che mal sopporta le sue chiacchiere inutili.

- Ti ho portato degli spartiti. Forse però non li...

- Ah, grazie. – lo interrompe Dean, prendendo i fogli che gli porge. Incurva le labbra carnose. Castiel nota la sua bellezza e la perfezione dei suoi lineamenti. I simmetrici capelli color grano che ben si accordano alla carnagione scura e in certi punti lentigginosa, quei meravigliosi occhi verdi... sembra quasi un essere soprannaturale, il più bello degli angeli. E il più maledetto, in quelle vesti dannate e mortali. Eppure Castiel, quando lo guarda, non riesce a non chiedersi cosa deve aver passato, per tutta la sua vita, e a pensare che non se lo è meritato. In fondo, ha scoperto da poco, la grazia di quel ragazzo brilla tantissimo. E' solo bravo a nasconderla.

– Ti piace proprio la musica, eh? – domanda Dean, sfogliando gli spartiti.

- In un certo senso, è una delle cose con cui l'uomo più si avvicina a Dio. Che sia con un racconto, o un canto, una torre o una preghiera, tutto ciò che ci appare meraviglioso lo colleghiamo a Dio e speriamo attraverso l'arte di farci sentire da Lui. Un po' come dei bambini che cercano di attirare l'attenzione del padre.

- Tu in pratica sei un filosofo. – gli risponde Dean. Castiel alza le spalle.

- Ho studiato le Sacre Scritture tutta la vita e mi piace raccontarle. E sì, condividere alcune riflessioni, ma non saprei come chiamarmi. – lo sguardo di Castiel viene attirato dalla mensola di legno, l'unico mobile oltre al letto presente nella stanza, su cui erano ripiegate tre camicie di flanella, delle magliette scure e un paio di jeans. – Hai tolto i vestiti dalla borsa.

- Uh? Sì... temo che non uscirò tanto presto da qui. – Dean ha un sorriso triste, ma Castiel assimila l'informazione. Dean ha accettato di restare.

- Non essere troppo felice della mia compagnia, eh. – diversamente dal suo solito, tira le labbra in un sorriso. Quasi prova dolore ai muscoli delle guance. Dean invece fa una vera e propria mezza risata, slanciando la testa all'indietro, con gusto. Strizza gli occhi in modo particolare, che lo spinge a osservarlo attentamente. Accidenti se assomiglia a una bambola di porcellana.

- Comincio seriamente a pensare che tu sia l'unico un po' sano in questo covo di pazzi. – borbotta. Una sensazione spiacevole si fa strada nello stomaco di Castiel, che a Dean non sfugge.

- Tutto bene? – Il graffio sulla guancia gli si riallarga sull'espressione seriosa.

- Sì scusami, ho dimenticato una cosa sotto... ci vediamo a cena.- si congeda velocemente.

Castiel esce dalla camera di Dean, corre fino alla fine del corridoio, si fionda sulle scale, evitando e a volte senza evitare le persone attorno a lui, scruta tra i vari sai per identificare un capo riccioluto brizzolato.

- Padre Metatron! Padre Metatron! – chiama. Il capo si gira.

- Castiel, dimmi.

- Da quando per riportare sulla strada del Signore le persone utilizziamo la violenza? – pronuncia, polemico. Poteva sbagliarsi. Doveva sbagliarsi. Ma il volto scuro di Metatron gli s'incide nella mente e lo fa immobilizzare. Dura per un secondo, quella smorfia, prima di scomparire senza lasciare traccia. Ma lo investe come una doccia fredda.

- Tu non devi credere a quel...

- Non mi è stato riferito niente. – lo interrompe ben deciso a farlo confessare. – Ho solo indovinato.

- Tu hai fatto supposizioni, Castiel. Ora smetti di pensare ai peccatori, se non vuoi diventare come loro. – sibila. E monaci e preti e sacerdoti gli passano accanto, eppure nessuno si volta, nessuno calma l'animo di Castiel, che rimane a fissare il punto dove Metatron gli ha lanciato quello sguardo pieno d'odio che non avrebbe dimenticato facilmente. Eppure sono attorno a lui, non possono non aver sentito. Non possono averlo ignorato. Oppure sì? Con un po' di nausea sale le scale e torna, torna verso la stanza di quel ragazzo, di nuovo sui suoi passi. Sbircia dalla finestrella inferriata ed è dove lo ha lasciato, sdraiato sulla squallida brandina, con i soliti jeans e una canottiera bianca che risalta sulla pelle abbronzata, occupato a leggere gli spartiti di Castiel.

- Proteggilo per favore. – sussurra, ma non al ragazzo o a qualsiasi altro cieco passante.


Destiel - HallelujahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora