Castiel non sa dare un nome a ciò che gli sta accadendo. Più passa il tempo, più si sofferma su quel viso, più ride troppo alle battute stupide di lui, alle parodie stonate dei salmi che gli insegna, più prova delle fitte di piacere quando senza dirsi niente decidono di mollare la musica e gli spartiti e di parlare, parlare come Castiel mai ha fatto con una persona. Non smettono, non lasciano il silenzio insinuarsi troppo fra loro. Parlano del loro modo di vedere il mondo, Dio, l'amore. Castiel non l'ha mai provato, mentre Dean forse sì. Gli racconta di come scalda il cuore e tiene sveglio la notte, ti fa bruciare come un fuoco e venir voglia di urlarlo a tutto il mondo.
- O di marciare in segno di vittoria, perché hai il diritto di amare chi vuoi. – gli sorride Dean. Cas ammutolisce. E si sente in colpa. Sa che sono pensieri, dubbi pericolosi quelli che gli sfiorano la coscienza, ma Dean lo attira, con quei magnetici occhi verdi, con quella fragilità che a lui solo mostra e di cui si sente responsabile. E non può fare a meno di osservarlo con una sorta di affetto, mentre il giovane gli chiede la funzione di questo o di quello, il significato di un testo o di un altro. E'solo felice di averlo accanto. Per vocazione, per attrazione, poco importa. Per poco riesce a togliersi il solito casino dalla testa e dal cuore e a tenere lontano, con qualche risata, i cattivi pensieri.
- Castiel, cosa ti sta succedendo? – ripete padre Zachariah, con aria sofferente, dall'altra parte della propria scrivania.
- Niente, davvero. – Castiel tende le labbra e tiene nervosamente le mani appoggiate sulle gambe.
- Sei sempre agitato, sempre meno entusiasta di ciò che fai. Stai... cambiando. Per non parlare delle varie aggressioni verbali a rispettabilissimi componenti della nostra chiesa...
- Mi spiace, ma negli ultimi giorni sono stato coinvolto in situazioni poco piacevoli e ho bisogno di risposte ad alcune domande. E tutte le risposte che ho ricevuto sono state vaghe e coperte da melliflui rimproveri. – Il suo tono è vagamente irritato e ne è perfettamente a conoscenza. L'ultima cosa che vuole è sentirsi trattato come un adolescente che fa i capricci.
- Sentiamole allora, queste domande. – sorride invece, benevolo, il sacerdote. Castiel lo guarda, dubbioso. Nessuno si era reso così disponibile fin'ora e di certo non se lo aspettava dal più alto membro della loro comunità.
- Io... volevo sapere che fine hanno fatto alcuni ragazzi che ho conosciuto... di cui poi non ho più saputo nulla... che si trovavano nella stessa posizione di Dean. Nancy, Isak... Laura... - il monaco ride, spiazzandolo.
- Solo questo? – domanda. – Sono andati in altre comunità simili alla nostra o a casa. Alcuni sono anche tornati qui, come Robert... sono sicuro che hai presente di chi parlo...
- Allora perché tutti hanno cercato di impedirmi di ottenere queste informazioni? – domanda piano Castiel, dopo aver riflettuto per qualche secondo. Tutto ciò non ha assolutamente senso. Dopo aver passato una settimana a cercare di far parlare qualcuno, a ricevere rispostacce, ad essere trattato come un ragazzino, non si spiega questo atteggiamento da parte di padre Zachariah.
- Dubiti forse della veridicità delle mie parole, Castiel? – Sì, lo fa. – Guarda, dovrei avere i loro fascicoli proprio qui. – Zachariah non smette di sorridere, cominciando a esplorare i cassetti della sua scrivania. Tira fuori delle cartelle di carta giallo sporco contenenti alcune pile di fogli che il ragazzo esamina. Foto, appunti delle persone che li avevano seguiti... c'è tutto. E nell'ultima carta di ogni plico è scritto un grosso TRASFERITO A:.
- Non capisco... - ammette. Improvvisamente si sente stupido. Cosa si aspettava? Che padre Metatron fosse a capo di una setta segreta che uccideva i ragazzi "inguaribili"? Non avrebbe dovuto fare tutte quelle domande. Ma sapere che il più insospettabile dei preti aveva utilizzato la violenza contro Dean... lo rendeva diffidente, diffidente di tutto.
- Vuoi un consiglio, figliolo? – s'intromette tra i suoi pensieri il buon Zachariah. Castiel annuisce.
- La gente è restia a darti informazioni a causa tua, mio caro ragazzo. Pensi molto e parli troppo poco. Non si sa mai cosa ti passa per la testa. E poi, all'improvviso, cominci a parlare, e ciò che dici non sono cose che le persone vogliono sentire, Anch'io una volta ero così. – Zachariah gli appoggia una mano sulla spalla e Castiel si sente quasi orgoglioso della sua affermazione. – Devi essere più aperto e, per favore, sorridi ogni tanto. E' incredibile quanta differenza possa fare un sorriso. – quella sensazione di smarrimento e disagio si allontana, piano piano, e Castiel sorride. Finché il suo sguardo si posa su una foto di Isak, prima di partire. Sullo zigomo si nota, anche da lontano, un livido che non era presente nelle foto precedenti. Il suo cuore perde un battito.
- Penso che Dean sia stato aggredito. – butta fuori. Ed è una liberazione.
- Cosa? – il viso di Zachariah si allarma.
- Penso che sia stato picchiato da qualcuno della comunità. Lui non mi ha mai detto niente... ma non è il genere di persona che si lamenta di una faccenda "personale". Non trovo che siano metodi giusti da utilizzare.
- Ciò che dici, Castiel, è molto grave. – risponde cauto Zachariah. – Ma inaccettabile. Mi accerterò io stesso che non accada nella nostra chiesa.
- Grazie mille. – gli sorride, riconoscente. Giorni di ansie e preoccupazioni si sollevano dalle sue spalle.
- Ecco, bravo. – se ne compiace padre Zachariah. – Occupati pure del ragazzo e, per favore, smettila di pensare così tanto ai nostri ospiti. E' il mio di lavoro. E alcuni stanno contestando la tua fede e la tua lealtà, sotto questo stesso tetto.
Le sue ultime parole non lasciano pace all'animo di Castiel, troppo simili a quelle di Metatron. Qualcosa non torna, qualcosa sicuramente non torna. Forse dovrebbe fare ricerche sulle comunità a cui erano destinati i ragazzi. Oppure potrebbe cercare di mettersi in contatto con Isak o qualcun altro. Ma tutta la situazione gli fa venire solo un gran mal di testa. Probabilmente si sta solo immaginando tutto. Fantasmi nella sua testa.
-Altre comunità, eh? – riflette Dean. Gli era sembrato giusto informarlo di ciò che aveva scoperto... senza il contesto. Ed è servito. Esporlo a qualcuno lo ha tranquillizzato, gli ha fatto apparire gli avvenimenti più chiari e aveva deciso di rimanere all'erta. La mancanza di un effettivo pericolo immediato non cancella il fatto che attorno a lui accadono cose di cui non è a conoscenza. Per un attimo gli passa per la testa una seconda teoria: e se qualcuno avesse detto a padre Zacchariah che cercava informazioni su quei ragazzi e avessero deciso di occultare i loro loschi affari? Avevano forse falsificato i registri? Si preme le nocche gelide contro la fronte. No, no, deve smetterla di farsi quei disegni. E' come cercare il suo Catilina, che sembra cambiare faccia e portare il viso di tutte le persone che conosce da una vita. Chiunque potrebbe essere chiunque. E l'intera situazione lo tormenta. Dean in quei giorni è diventato l'unico con cui può parlare davvero, senza avere l'impressione di essere controllato. Annuisce.
- Io sinceramente spero che mi rimandino a casa, una volta finito qualsiasi programma io stia seguendo... - continua Dean.
- Solo quello di vivere in comunità, te l'ho già detto. - lo interrompe. - E di passare tempo con me.
- Onoratissimi. - lo assicura. Poi riprende fiato. - Ma dicevo.... quando tornerò a casa... potresti venirmi a trovare, se vuoi. – La luce che passa attraverso le foglie degli alberi, pensa distrattamente. Ecco, è proprio quella la sfumatura degli occhi di Dean. Qualcosa gli si agita nello stomaco, forse la sua grazia. Ride piano.
- Venirti a trovare?
- Certo angioletto. Dovrai uscire di qui, prima o poi...
- Beh... ti ho raccontato della scuola battista dove andavo da piccolo e...
- Il famoso orfanotrofio della Santa Vergine Maria! Come scordare i tuoi traumi infantili? – Dean gli si avvicina e gli sorride. – Hai mai visto New York? O una qualsiasi vera città? Io dopo che sono scappato da Lawrence mi sono trasferito con la mia migliore amica e mio fratello a Lebanon. Sempre in Kansas, ma a qualche ora di distanza da Lawrence. Ed è bellissima!
- Cosa dovrei vederci? - gli chiede Cas. Gli piace fargli domande sul suo mondo. Dean fa un'espressione malinconica. La luce passa di nuovo attraverso le foglie delle sue iridi.
- Io e Charlie, la mia migliore amica, facevamo delle passeggiate fantastiche sul lago. Poco prima che venissi qui stavamo organizzando una mega Convention. Una... non ho una buona definizione. Prendilo come un raduno di pazzi a cui piacciono le stesse cose. – Cas ascolta attentamente. Convention. Che nome buffo per un raduno di pazzi. - Poi c'è la scuola di Sammy, i bar... il mio preferito è l'Hunter's Pub, ma Charlie preferisce il Paradise City per rimorchiare e... - si ferma e lo osserva divertito. – Smettila di ridere. Un giorno ti ci porterò pure a te.
- Al Paradise City? – ridacchia Cas.
- Direi di no, ti assicuro che il genere di ragazze che piacciono a Charlie non sarebbero altrettanto interessate a te. Forse all'Hunter's... - Dean sembra seriamente afflitto dal problema e fa brillare anche un po' di grazia, a Castiel. Dean lo guarda per qualche secondo.
- Sai, una volta credevo. – gli confessa. Cas avrebbe voluto rispondergli che una volta anche lui credeva, in certe persone. Ma le cose cambiano. Ed è incredibile con quanta velocità il mondo possa crollarti addosso. Un giorno vivi nella tua bolla, nella tua vita perfetta e il giorno dopo ti rendi conto che non esistono persone perfette, per quanto desideriamo vederle, e che tu sei uno stupido che non è mai riuscito a guardare oltre alla punta del proprio naso.
- Davvero? – Dean sorride.
- Quando ero bambino. Secondo Sammy, gli davo la buonanotte dicendo che gli angeli vegliavano su di lui e ogni tanto pregavo anche. Lo avevo completamente cancellato dalla memoria. - Rimane un po'in silenzio, come se stesse riflettendo, senza guardarlo negli occhi. – Mia madre lo faceva con me. Evidentemente però gli angeli, alla fine, si sono dimenticati di lei.
- Dio è buono, Dean Winchester, ma non può controllare le sue creature. Il male esiste.
- E allora cosa fa? – sbotta lui. Castiel teme per un secondo di essersi spinto troppo e Dean se ne accorge. – Scusami. E' bello che tu riesca a credere ciecamente, ma a me non basta. Vorrei avere qualche prova prima di adorare una creatura sovrannaturale onnipotente eccetera eccetera... e che passa il tempo a girarsi i pollici. Ma non volevo... essere... essere...
- Va tutto bene. – dice Castiel. - Non dico di non volere neanche io delle prove. – Ma l'assenza di bene in certe persone, non significa l'assenza di Dio. Come fai a credere che il mondo sia così perfetto, così orchestrato, solo a causa di combinazioni volute dal caso? Tutto ciò che pensiamo, viviamo, sentiamo ogni giorno... ti sembra davvero l'effetto solo di difetti genetici? Di piccoli scherzi della natura? Come fai a vivere in un mondo così? – gli domanda. "Così perfetto, tutto ciò che sentiamo". Dean stringe le labbra.
- Non lo so. Ci provo.

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Destiel - Hallelujah
FanfictionCastiel ancora non sa che Dean Winchester, l'affascinante peccatore che il giovane ha il compito di strappare dalla perdizione, stravolgerà la sua esistenza e tutto ciò in cui ha fermamente creduto da quando è venuto al mondo. Cercando un ultimo app...