7.

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Dopo aver lentamente camminato traballando di qua e di là, cercando di non cadere, Filippo e Sofia arrivarono davanti all'imponente Duomo.
Sofia iniziò ad avere un forte mal di testa, e per colpa della stanchezza si fermò e si sedette sulla grande scalinata vuota.
Erano le due di notte, ma nonostante quello Milano non era per nulla vuota, certo non c'erano il migliaio di turisti che l'affollano alle due di pomeriggio, ma ragazzi che tornavano a casa proprio come loro.
Milano non dormiva mai, le vetrine dei negozi sempre accese, il Duomo sempre illuminato, alcuni bar sempre aperti, la frenesia regnava sia di giorno che di notte.

Filippo la osservò per un momento poi si sedette dolcemente vicino a lei.
-"Sof, stai bene?"- Domandò.
Lei era seduta con le gambe vicino al petto e aveva le unghie delle sue dita infilate nell'attaccatura dei capelli, guardava un basso e cercava di reggersi la testa.
-"Mmmh"- Mugugnò.
Poi un soffio di veno freddo la colpì prepotentemente e le fece venire i brividi. Filippo se ne accorse, le toccò le braccia e notò che era congelata, perciò si levò la giacca e gliela porse.
-"Mettila, stai morendo di freddo!"- Disse in maniera dura, in modo che lei non potesse ribattere.
Sofia lo guardò e sospirò, come se stesse accettando quell'offerta che era stata pronunciata come un ordine.
Filippo le appoggiò la giacca sulle spalle, poi l'avvicinò di più a se, in modo da poterla abbracciare.
Sofia non rifiutò l'abbraccio, anzi, ci si butto dentro a capofitto. Erano passati anni dall'ultima volta che l'aveva abbracciata, non riuscì a rifiutarlo.
Si appoggiò a lui e il suo orecchio riuscì a cogliere il battito del suo cuore. Sofia sentì gli occhi che le bruciavano, avrebbe potuto piangere, ma si era ripromessa che non avrebbe più pianto per lui e nemmeno con lui.
-"Era il nostro sogno..."- Iniziò Filippo. Poi fece un verso di scherno per se stesso. -"Milano: la grande città che avrebbe dovuto realizzare tutti i nostri sogni, dove avremmo continuato la nostra vita..."- Disse tenendo Sofia stretta nel suo abbraccio.
-"Avevamo quindici anni!"- Esclamò lei perentoriamente, staccandosi da lui, e rimettendosi seduta dritta. -"E poi, dopo tutto, siamo qua! Non ci siamo arrivati esattamente come avevamo pensato, ma siamo qua!"- Continuò lei.
-"Perché hai abbandonato il tuo sogno di diventare scrittrice?"-
-"Perché era stupido, e impossibile da realizzare!"-
Filippo fece un verso, tipo una risata, e la osservò. -"Sai Sof, non sei cambiata per nulla, sei sempre la bellissima ragazza dai grandi occhi verdi, con quei lunghi capelli castani, quel piccolo neo sulla palpebra sinistra leggermente spostato a destra, il collo da cigno, il fisico da atleta, esteticamente sei sempre tu, eppure sei anche completamente diversa. Mi ricordo che ogni volta che ti guardavo i tuoi occhi erano pieni di felicità e voglia di vivere, erano sognanti e sempre da un'altra parte, ora invece sono..."- Gesticolò cercando la parola giusta -"... Sono spenti, e vuoti! Sembra che tu non sappia più divertirti, sei diventata come tutti quegli adulti che ci eravamo promessi di non emulare!"-
Ciò che ebbe come risposta, fu il silenzio.
Sofia fissava il vuoto, si rese conto che quanto lei non era cambiata esteticamente, quanto lui era rimasto sempre Filippo, il bambino sognatore che aveva conosciuto i primi giorni delle elementari. Nonostante fisicamente fosse completamente diverso: il ragazzo magrolino aveva messo su muscoli, l'aria da studioso e pulito era stata sostituita con quella da badboy con tatuaggi e orecchini. Era diventato un uomo, ma con la testa da sognatore.
"Peter-Pan!" Pensò Sofia.
Poi lei si alzò, cercando di non far scendere le lacrime -"Anche tu mi avevi promesso che non mi avresti dimenticata, e che saremmo rimasti amici, nonostante tutto..."- Disse a bassa voce, ma abbastanza alta che lui potesse sentirlo.
Per Filippo fu come un coltello piantato nella schiena.
Lei gli dava le spalle, e dopo quella frase lui si incupì. -"Ti porto a casa!"- Disse per poi alzarsi e iniziare a camminare senza preoccuparsi se lei lo stesse seguendo o meno.
Fino al portone dell'appartamento di Sofia non si dissero nulla, camminarono distanziatamente, ma nonostante lei non se accorgesse, ogni cinque minuti lui si girava per vedere se era ancora lì e stava bene.

Non si salutarono nemmeno: Sofia tirò fuori le chiavi dalla sua borsa, aprì il portone, lo guardò un ultima volta e poi entrò, senza dire una parola.

Aveva ancora molte rampe di scale da fare, e la sbronza non la stava aiutando, la testa le girava e alle volte ebbe anche paura di cadere. In più le lacrime, che senza farsi notare, avevano iniziato a bagnarle le guance. Non stava singhiozzando, non stava urlano, c'erano solo lei, le lacrime e il silenzio.
Sentì l'impulso di sedersi, e pian piano si accasciò su uno dei gradini freddi.
Sospirò e si asciugò le guance.
Si mise a pensare a tutto quello che era successo, anche se la sbronza enfatizzò ancora di più le sue mille emozioni di quel momento.
Dopo quasi tre anni aveva riabbracciato Filippo, era ben consapevole del fatto che non avrebbe dovuto farlo, ma erano passati troppi anni, e troppa fu la tentazione di sentirsi di nuovo al sicuro e protetta da qualcuno.
Si appoggiò al muro, esausta da tutto ciò che era successo. Nella testa iniziò a risuonarle una dolce melodia seguita da alcune parole che non l'abbandonarono più, fino al giorno successivo: "Cosa resterà!"



Buongiorno a tutti lettori!
Risparmio di dirvi che sto adorando questa storia e che sta venendo veramente bene. (Viva la modestia!)
Comunque siamo già a più di 1K di letture. Adoro il modo in cui vi stiate avvicinando a questa storia. Ho notato che molti di voi l'avete aggiunta ai  vostri elenchi di lettura e vi vorrei ringraziare.
Vi ringrazio per tutto.♥️

Ci vediamo nel prossimo capitolo.
Vi dico già che nel prossimo capitolo verranno introdotte grandi novità!
XOXO💋

Cosa resterà IramaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora