Luna: due, tutti e due vivi, fine della storia

19 0 0
                                    

Elia apparve davanti al cancello di Tenjin e Morrigan assieme a Scáthach. Apophis e Ame No Uzume li raggiunsero poco dopo trasportati da Uriele. Michele era partito subito alla ricerca di Livia affermando di sapere dove si trovava e che se non fosse riuscito a riportarla nella squadra si sarebbe buttato nel mar artico, ibernandosi per l'eternità.
In compenso si era dovuto portare dietro Meni che alla sola idea di allontanarsi da Michele si era avvinghiato all'arcangelo peggio di un polpo.
Elia si era preso la responsabilità della piccola Chione per il tragitto verso Morrigan. L'idea era quella di lasciarla alla dea corvo e a suo marito fino a che non avesse risolto con Vesta. Portare una neonata ad Helmungard non era proprio una scelta saggia, soprattutto per un neo papà.
Già, perché il professore aveva deciso di adottarla. Si sentiva in colpa per la morte dalla Chione precedente e, a modo suo, voleva rimediare. Si rendeva conto che una bambina aveva bisogno di una madre, e col tempo ne avrebbe trovata una. Nessuno può restare da solo in eterno.
Morrigan e Tenjin erano sulla soglia, il cancello già in parte aperto per farli passare. Ame No Uzume si fiondò dentro sovareccitata, studiandosi attorno come se fosse stata in un parco giochi. Elia entrò piano, decisamente spaventato dalla mole di Tenjin. In effetti non se lo sarebbe mai immaginato così.
Infine Scáthach guardava male Morrigan, non un male qualsiasi. Era odio puro, indecifrabile, pericolosamente controllato. Era una bomba pronta a esplodere, e glielo si vedeva dalla faccia.
-Io resto qui, voi entrate e sistemate quel che dovete sistemare.- affermò seria arretrando appena senza osare dare le spalle alla dea corvo quasi a paura che l'attaccasse da dietro. Serrava continuamente i pugni, quasi avesse avuto due palline antistress, e in effetti in quel momento sembrava proprio averne bisogno -Scusate, ma resterò qui fuori per un po'. Devo... riprendermi.-
-Va bene... credo...- rispose Elia ricordando le nozioni universitarie e le varie vicende che potevano spiegare il comportamento di Scatty. Prima tra tutte Cùchulainn, o meglio la morte del famoso eroe celtico.
In fondo era il padre dell'odierna Ombra.
-Dove si trova, Khons?- chiese rapido cercando di non pensarci. Doveva concentrarsi sul compito che gli aveva affidato sua madre.
-Da questa parte.- disse Morrigan facendogli strada. Se fosse stato in lei si sarebbe fermato a chiarire con Scatach, ma a quanto pare da donna era molto, ma molto, più diplomatica e intelligente di lui.
Forse anche più matura, ma di questo lui non poteva esserne certo. Le età dei semimortali erano una cosa che ancora non comprendeva completamente.
Entrati nella villa incrociò subito Lugh intento a leggere quella che sembrava una copia perfetta dall'Enciclopedia di Alessandria. Il Molto Dotato alzò solo un momento lo sguardo, lasciò trapelare un mezzo sorriso e tornò a leggere.
Elia proseguì dietro a Morrigan, camminando piano e studiandosi attorno con poca voglia. Non che fosse brutta la villa di Tenjin e sua moglie, tutt'altro, però non riusciva ad apprezzarla a pieno. Probabilmente era il peso, simbolico, del Graal a farlo sentire così frenato.
In opposto, Chione scuoteva la testolina incantata e allungava appena le mani, come dal trattenersi a toccare qualunque cosa ci fosse lì in giro. Era buffa così curiosa e allo stesso tempo insicura.
-Meglio se lasci la bambina a me, non è un bello spettacolo.- spiegò Morrigan raggiungendo una delle tante porte e fermandosi davanti. Elia non si oppose e le lasciò Chione che, dopo un momento di smarrimento, si aggrappò con le manine alla nuova venuta, tirandole la treccia di capelli neri e grigi.
Il professore attese un po', poi bussò piano ed entro spingendo appena la porta.
Kohns era steso sul letto, lo sguardo quasi assente rivolto verso l'alto. Ustioni e tagli gli deturpavano il corpo mentre risultava ancora più pallido del solito. Il volto scavato lasciava vedere il cranio tipicamente egizio. Kushinadahime era al suo fianco, una mano tra le dita della mano, l'altra sul ventre. Gli occhi fieri fissi su di lui, bramosi di piangere e troppo fiduciosi per farlo subito.
Elia si avvicinò e le appoggiò un palmo sulla spalla. La semimortale singhiozzò di sorpresa, poi si morse le labbra nel vederlo e si allontanò dal letto come a paura di essere d'intralcio.
-Puoi restare.- disse togliendosi il Graal dalla cintura e sedendosi sul letto. Il peso gli fece rotolare Kohns praticamente addosso e lui cercò di non dare a vedere il suo disagio -Non so quanto potrà piacerti, ma è l'unica cosa che sono certo funzionerà.-
-Certo?- chiese Kushinadahime.
-Al 90%.- ammise il professore deglutendo -Hai un pugnale o un coltello per caso?-
-Sì, ho il pugnale di mia madre, perché?- domandò consegnandoglielo.
-Il Graal ha un unico funzionamento, una sorta di trappola contro gli intrusi.- spiegò tenendo la coppa tra le gambe e incidendosi il polso con tutta la volontà che raccolse in sé. Strinse le dita a pungo e lasciò che il sangue fluisse nel Graal, quanto più possibile vista la situazione ormai critica -L'immortalità si prende dall'immortalità stessa, se si usa il proprio sangue o quello di qualcun'altro la punizione è atroce.- la memoria del corpo martoriato di Chione tornò prepotentemente costringendolo a portare la mano ferita alla bocca per non vomitare. Non aveva nemmeno più nulla da rimettere, solo acidi gastrici. Riconsegnò il pugnale a Kushinadahime e sollevò appena la testa di Kohns. Gli avvicinò la coppa alle labbra, poi lo aiutò a bere.
Gli occhi del ragazzo ripresero vita e colore mentre le ferite si richiudevano lasciando nere cicatrici. Non si sarebbe cancellato del tutto ciò che era successo, ma almeno il dio della luna avrebbe continuato a vivere. Non come prima, nuovo e antico allo stesso tempo, avversario della morte imposta e grande amico di Thanatos.
Questo era il destino che il Graal stava mostrando, un destino privo di decadimento fisico, di malattia. Di sonno eterno.
Kohns guardò Elia che sorrise risistemandosi il calice in cintura.
-Sono felice di averti salvato.- disse il professore -Anche Kushinadahime non rischia più di morire.-
E svenne dando una sonora botta a terra.

Il grande compito di Elia DiotalleviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora