Fiducia: chi trova un alleato trova un tesoro

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Elia e Michele tirarono su Livia non appena videro volare dentro alla stanza la sua balestra. L'arcangelo aveva subito parlato di un "avvertimento nemico", ma la tonante risposta della ragazza li aveva fatti nettamente ricredere.
Nemmeno il tempo delle spiegazioni che il professore l'aveva stretta forte a sé innescando l'ira di Michele e i sospiri innamorati di Ame No Uzume. Un momento di distrazione che rischiava di costare la fuga di Apophis. Per quanto lo avessero tranquillizzato sulla ragazza castana con gli occhiali, il serpente sembrava ancora San Tommaso: se non vedo non credo.
In tutto questo trambusto, il direttore dell'albergo beveva vino e spiegava a Scáthach  come raggiungere la fantomatica cantina a Berna dei suo zio Ermes, completa di dettagli sui migliori vini che potessero trovare al suo interno.
A quanto pare era quello l'importante.
-Saranno... qui a breve.- biascicò Livia -E... mi stai stritolando, Elia.-
-Scusa.- rispose il professore allontanandosi -Ma non farlo mai più! Mi hai fatto preoccupare.-
-Ci hai fatto preoccupare.- lo corresse Michele -E come avevo detto ci dobbiamo muovere.-
-Dioniso ha un passaggio segreto.- disse Scatty seria.
-Chi!?- chiesero tutti in coro, compreso Apophis.
-Dioniso.- l'Ombra indicò il direttore dell'albergo -Ci accompagnerà lei.-
"Almeno adesso capisco perché beve così tanto" pensò Elia prima di fare un inchino alla donna:-La ringrazio infinitamente per l'auto.-
-Oh, non ringraziarmi, Pandora II.- gli rispose Dioniso -E ricorda che dovrei essere io ad inginocchiarmi, non tu. Come qualsiasi semimortale con un briciolo di cervello, o che ha studiato almeno un po'.-
-Non... vi facevo studiosa. Senza offesa.- rispose rapido il professore -Solo che Dioniso...-
-Sì, ma vedi mia nonna era Clio XXV, mia zia Clio XXVI e mia cugina Clio XXVII. Non porto il loro nome né ci tengo, ma ho ereditato, ho conosciuto e ho condiviso il sapere con loro e come loro.- spiegò tranquilla -A differenza loro reggo bene l'alcool e uso la storia per non avere guai. Molti, al contrario tuo, ricordano i torti subiti dagli antenati. Sapere in anticipo le lotte passate evita spiacevoli imprevisti.- si alzò mettendosi le mani in tasca -Non tutti i nomi si evolvono, tra noi Semimortali ancora meno.- si guardò intorno -Ma tornando a noi, avete fretta di levare le tende. E io con voi, per cui prego. Il passaggio è nella cabina-armadio di questa stanza.-
-E non c'è il rischio che qualche umano entri per sbaglio?- chiese Scáthach  pensierosa.
-Questa stanza è fittizia, la da a noi per cambiarci il più delle volte.- spiegò Saffo -E anche volendo ci vuole un codice che solo lei sa.-
-Alias quando lo inserirò dovrete coprirvi gli occhi o sarò costretta a uccidervi.- sorrise tranquilla Dioniso prima di avvicinarsi alla cabina-armadio e dando un paio di pugni, uno sopra e uno sotto per la precisione, come se bussasse. Un pannello numerico si aprì al centro con uno scorrimento verticale.
Anche volendo non avrebbero potuto vedere la sequenza inserita dalla donna, troppo veloce per qualsiasi occhio, umano o semimortale che fosse. Alcuni, tra cui Elia, non fecero nemmeno in tempo a chiudere le palpebre che aveva già fatto.
L'anta cigolò e scricchiolò un po' in una serie di scatti interni, poi Dioniso l'aprì tirandola verso di sé, mostrando un corridoio illuminato da candelabri di ossa.
-Invitante...- commentò Ame No Uzume prima di essere trascinata da Livia.
-Sempre meglio di quelli che ci cercano, garantisco.- dichiarò la ragazza con talmente tanta forza da riuscire a spostare persino Apophis -E voi non perdete tempo...- la porta della stanza iniziò ad essere crivellata di colpi di mitraglia -Appunto.-
Elia, anche volendo, non poté ribadire perché Michele lo afferrò sotto le ascelle e volò dentro al corridoio. Scáthach optò per rapidi saltelli da un'ombra all'altra come un delfino che esce e rientra in acqua dopo un tuffo. Dioniso fu l'ultima, chiudendosi l'armadio alle spalle ed inserendo nuovamente il codice di sicurezza. Raggiunsero un ampio salone decorato ad ossa in un che di artistico e per nulla macabro. Al professore ricordava un po' la Cripta dei Cappuccini a Roma, gita che si era concesso dopo la prima laurea.
Come la prima volta, anche in quel caso non gli face per nulla senso. Anzi, era quasi piacevole.
Quasi, appunto.
Il piacevole svanì quando gli apparve davanti un uomo dai capelli vinaccia e gli occhi scuri vestito da grottesco vampiro anoressico. Un cadavere che camminava e che gli stava a pochi centimetri dalla faccia.
Se non fosse stato tenuto da Michele, probabilmente sarebbe scappato via alla velocità del suono, se non di più. Quel tipo metteva paura persino al sangue di Thanatos, il che era tutto dire.
-Portato compagnia, nipote?- chiese senza togliere gli occhi da Elia che deglutì e si strinse la spada al petto. Come faceva un semimortale a fare così tanta paura? Ci doveva essere una spiegazione, nemmeno davanti a Sun Wukong o a personaggi ben più spaventosi di quel tipo si era sentito così inferiore. Bene o male aveva sempre pensato di battersi fino alla fine, mentre con lui era disposto ad abbassare ogni difesa. A lasciarsi andare.
-Pandora II, ti presento Ermes.- sorrise Dioniso -Ermes... non spaventarlo troppo, per favore.-
-Non posso farci niente. Ho sangue di Phobos dentro.- sospirò l'uomo -Comunque, cos'è questa visita improvvisa?-
-Stiamo scappando da un gruppo dell'ISIS.- spiegò rapida Livia, come a voler liquidare la faccenda "Attacco Terroristico" in fretta.
-Aaah, quella cena da cui ho salvato Søren per un pelo.- annuì Ermes -E perché da noi?-
-Søren credo sia il magnate danese che cerchiamo per alcune informazioni.- ammise Elia -E poi perché ce lo ha consigliato Dioniso.-
-Ah bé, se ve lo ha detto lei...- alzò le spalle l'uomo prima di schioccare le dita e far muovere le ossa dei mobili che si risistemarono a formare alcuni divanetti e un tavolino da tè -Prego, accomodatevi. Chiamerò Søren e mia moglie immediatamente.- e si allontanò eliminando quel senso di pesantezza che stava opprimendo la stanza.
-Purtroppo nonna Phoebris fa questo effetto.- spiegò Dioniso vedendo Elia sospirare di sollievo e accasciarsi su uno dei divanetti -Ho preso per lo più da mio padre, non so se si nota.-
-Si nota, si nota...- sospirò Apophis prima che un uomo dai capelli lunghi entrasse nella stanza. Sembrava un cantante di quei gruppi metal folk che andavano tanto nel Nord Europa, completo di pizzetto e abiti neri. L'unica cosa era che non portava le scarpe, oltre ad avere gli occhi straordinariamente blu elettrico.
- Søren Petrovich.- si presentò con fare straordinariamente sicuro -Sarà un piacere disquisire con te, Elia. Non ci vediamo da un po', giusto?-
Il professore ebbe un fremito, poi scattò in piedi tremante.
Perché quell'uomo non era chi diceva di essere.
Quell'uomo era Vesta.

Il grande compito di Elia DiotalleviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora