1.L'importanza Dei Numeri Dispari

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"You're on the road but you've got no destination
You're in the mud, in the maze of her imagination"
Beautiful day - U2

In piedi nella mia stanza, osservo i numeri appesi sul muro.
Bianco e nero.
E le croci rosse.
È un mese che tengo il conto.
Tengo il conto del tempo che scivola inesorabilmente, che mi allunga le giornate e mi accorcia i sogni.
Tra sei mesi mi sarei ripresa il mio sogno e io non vedevo l'ora.
L'incessante passare del tempo mi culla e mi sprona.
Quel tempo che quando vuoi qualcosa sembra non passare mai.
Eppure passa.
E prima o poi, senza che neanche te ne accorgi, il giorno che desideri arriva.

Come quando a scuola le ore non passano mai e tu conti i secondi che ti mancano alla fine della lezione.
E ti ripeti che no, non sarebbe mai passato.
Ma poi la campanella suona, e il tempo è davvero finito.
E tu esci dalla classe che ti sei già dimenticata che qualche ora prima pregavi tutti gli dei perché finisse il tuo supplizio.
Ecco, io adesso sono così.
Davvero ho già trascorso un mese a casa?
Davvero adesso tornerò finalmente a scuola?

Oggi è il primo giorno del mio ultimo anno.
Ho già perso un mese ma non era un problema per me.
Grazie all'aiuto di Den sono riuscita a rimanere in pari con lo studio.
La sveglia suona, e io mi allungo per spegnerla.
Perché sono già sveglia da un bel po', Con quella leggera ansia che ti prende il petto e ti fa battere un po' di più il cuore.
Voglio ritrovare i miei compagni.
Le lezioni noiose che adesso mi avrebbero fatto sorridere.
Il vociferare nei corridoi tra un cambio d'ora e l'altra.
Le mie amiche e l'odore di libri.

"Smettila di fissare quel calendario, ti stai solo autoinfliggendo del male.
Sei mesi non sono niente in confronto a una vita intera.
Tu hai la possibilità di ritornare in vetta, non metterti in ansia con i tuoi conti strani e numeri senza senso".
Nathan mi sveglia dai miei pensieri, e io alzo lo sguardo da quei numeri neri, per posarlo su di lui.

Braccia conserte.
Spalla appoggiata al cornicione della porta.
Capelli neri come il petrolio e occhi verdi come le colline irlandesi.
Il suo sorrisetto mezzo sghembo che mi fa battere il cuore.
Tutto in lui è amore.
È dolcezza e tenerezza.
È il punto fermo della mia vita, che aveva iniziato ad avere senso cinque anni fa.
Quando con un "Ehi, sei in fenomeno" la mia vita me l'ha cambiata.
E non per modo di dire.
Non come quando leggi di quei stupidi romanzi d'amore in cui dicono che un ragazzo appena incontrato cambia la vita della protagonista.
Però ad un certo punto ti domandi "E come?"
Perché lei è sempre la stessa. Non era cambiata.

Ma io sì.

Io ero timida, impacciata.
Ora invece sono una ragazza di 19 anni che crede in se stessa e che sarebbe arrivata a coronare i suoi sogni.
Grazie a lui che mi ha sempre spronato, che ha creduto in me anche se non lo facevo io.

"Lo so cosa pensi dei miei strani vizi, ma non so proprio cosa farci.
È più forte di me" gli rispondo cercando di imitare il suo sorrisetto, che  sicuramente non si avvicina neanche lontanamente a quello originale.

Ho una leggera ossessione per i numeri dispari.
Che fosse il volume della televisione, o l'ora da impostare nella sveglia.
O il numero dei biscotti da mangiare con il latte, o i minuti trascorsi sotto la doccia.
Uso sempre e solo i numeri dispari.
Non chiedetemi perché.
Alcuni lo chiamano disturbo ossessivo-compulsivo.
Ma io mi sono informata, e la maggior parte di quelli che ne soffrono, prediligono i numeri pari.
Quindi sono a posto.

"E poi te l'ho già detto, non mi sto infliggendo proprio niente.
Ci tengo solo a tenere il conto di quando potrò tornare a giocare".
Dico a Nathan iniziando a riunire le cose sparpagliate nella mia camera per metterle nello zaino.

"Prendila come una vacanza dal calcio. Una pausa per rivedere le priorità nella vita."
"Sicuro Nat, sto bene vedi?"
E gli sorrido. Un sorriso vero, splendente.
Perché io sto bene veramente.
Perché non vedo l'ora di tornare tra i banchi, a fianco delle mie compagne.
Perché questo è il nostro ultimo anno e nessuno ce lo avrebbe rovinato.
Neanche il mio infortunio.
Neanche la percezione di un sogno che si sta allontanando.
Nathan mi ha dato il coraggio per affrontarlo.
Ed è quello che avrei fatto.
Mi sarei dedicata alla fisioterapia, avrei aspettato sei mesi.
Non mi sarei buttata giù, ma avrei lottato.
E avrei vinto.

Di getto gli butto le braccia al collo e gli schiocco un leggero bacio sulle labbra.
Quelle labbra che sono talmente casa per me che sarei rimasta ore così.
Racchiusa tra il suo sapore e il suo respiro.
Con una leggera sberla sul sedere Nathan però mi fa capire che dovevo allontanarmi.

"Andiamo dai, sennò farai tardi a scuola. Non si fa mai tardi il giorno del rientro".
Si mette il mio zaino in spalla e mi porge le stampelle, iniziando a farmi strada verso la porta d'entrata e verso la sua macchina.
Non ha mai smesso di portarmi a scuola.
Tutti i giorni.
Anche se lui a scuola non ci va più.
Anche se ha un sacco di ore di allenamenti con la sua squadra.
Anche se non ha neanche tempo per sé, per me il tempo lo trova.
"E questo chi l'ha detto?"
Lui si indica un punto non precisato del suo petto "Lo dico io."
Semplice.
Ma se lo dice lui allora ci credo davvero.

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