"Quando tira un po’ di vento
che ci si rialza un po’
e la vita è un po’ più forte
del tuo dirle “Grazie, no”
Quando sembra tutto fermo,
la tua ruota girerà."
Il giorno di dolore che uno ha - Ligabue"Oggi sono andata a trovare tuo padre durante la pausa pranzo" dico a Nathan mentre guardo sfrecciare di fianco a me le stesse case di una vita.
Quelle che ho sempre visto anno dopo anno sulla stessa strada che mi riporta a casa da scuola.
Gli stessi alberi, le stesse staccionate, sempre gli stessi cani che abbaiano al tuo passaggio e i bambini che giocano fuori in giardino.
"Ah si? E cosa ti ha detto?"
Per un attimo Nathan distogli lo sguardo dalla strada per puntarlo su di me.
La sua espressione curiosa mi sembra strana.
"Niente di che, abbiamo parlato del più e del meno, perché?" gli chiefo leggermente dubbiosa.
Nat alza le spalle, come per sminuire quello che mi sta dicendo "Beh, niente, solo che pensavo l'avresti presa peggio."
"Avrei preso peggio cosa?"
Adesso sonk allarmata. Tutto il mio corpo si era irrigidito pensando a tutte le notizie peggiori che avrebbe potuto darmi l'allenatore Kress.
Sinceramente oltre a quello che mi era successo, non ne trovavo di più brutte."Mi sa che mio papà non te l'ha detto eh?" prende un sospiro e si affievolisce leggermente sul sedile.
"Non sarà Albert a seguire la tua fisioterapia. È andato in pensione anticipata all'inizio dell'anno scolastico."
O.mio.dio eccola qua, la cosa brutta che proprio non mi sarei aspettata.
"Cosa? E perché? E chi mi seguirà allora?"
Il panico inizia a montarmi dentro come una di quelle onde spumose piene di pioggia e salsedine che si scagliano con così tanta cattiveria sugli scogli che per un secondo sei sicura di vedere la roccia frantumarsi.
Nathan sembra non notare niente nella mia voce, e mi risponde tranquillamente continuando a guidare.
Io invece avrei voluto solo andare a casa di Albert per supplicarlo di tornare.
Lui è praticamente la nostra spalla.
Seguiva me e la squadra ovunque.
Qualsiasi infortunio, qualsiasi piccolo dolore, lui era lì. Era come un padre adottivo per me, per noi.
E a pensare di non vederlo più a bordo campo mi crea un vuoto nel petto.
"Ho chiamato un mio amico. Si chiama Adam. Veniva alle superiori con me, poi ci siamo persi di vista perché lui è andato in Florida all'università. Si è laureato due anni fa in fisioterapia e ha appena finito il master in scienze riabilitative.
È tornato da poco ad Atlanta perché sua padre si è appena risposato qua.
Così ho preso la palla al balzo chiedendo alla scuola di offrirgli un lavoro." mi guarda di sottecchi come per tastare il terreno, poi riprende a parlarmi, come per rassicurarmi" Mi fido di lui, Ally. Davvero è sempre stato portato per questo lavoro, ha studiato molto e merita una possibilità."
L'unica cosa che penso però è solo una.
"Quindi io sarei la sua prima cliente? Devo mettere il mio futuro in mano a un ragazzo che ha appena iniziato a fare questo lavoro?"
Sono arrabbiata, e sì, anche egoista e forse un po' cattiva.
Ma è troppo importante per me rimettermi il prima possibile, per pensare a tutto il resto.
Nat mi fulmina con gli occhi senza dire niente.
Sbuffo incrociando le braccia al petto e tornando a guardare fuori dal finestrino.
Il discorso è finito. In realtà non voglio proprio neanche pensarci più. Ma mi è davvero difficile.Appena arrivo a casa mi tuffo sul letto e fissando il soffitto, cerco di immaginarmi come sarebbero stati i prossimi sei mesi.
E se si rivelasse un disastro? Se non riuscissi a tornare in campo entro il tempo stabilito?
Oppure era davvero bravo nel suo lavoro e sarebbe stato in grado di seguirmi al meglio.
Mi alzi dal letto e vado a fare un grande X rossa sul calendario. Il giorno non è propriamente ancora finito, ma il peggio ormai è passato.Mi faccio la doccia e inizio a preparami per la cena con Nathan.
Sotto l'acqua rigeneratrice non penso a quello che succederà domani, non penso all'incontro con il "famoso" Adam, né mi preoccupo della fisioterapia.
Dedico quei minuti solo a me stessa.
Non è nella mia indole e neanche nelle mie abitudini.
Tra scuola, partite, allenamenti, Nathan e Den avevo veramente poco tempo da dedicare a me stessa.
Quel poco che avevo, preferivo passarlo con la mia famiglia.
Anche se con mamma non sono legata come avrei voluto, sono comunque i miei genitori.
Mio padre, invece, è il mio più grande fan.
Mi segue in trasferta e non si perde nemmeno una partita.
Crede in me tanto quanto Nathan, se non di più.
È stato lui ad avvicinarmi al pallone quando ero ancora solo una bambina.
Mia madre continuava a ripetergli di lasciarmi stare, di lasciarmi giocare con le barbie e non pretendere niente da me, ma poi, quando vide che a me piaceva il calcio molto più delle bambole, rinunciò definitivamente alla sua lotta.
"Hai vinto tu alla fine." gli disse.
Da allora mi supporta comunque, ma non con la stessa dedizione e passione del papà.Uscita dalla doccia, mi guardo allo specchio.
Tento di immaginarmi con varie acconciature e trucchi differenti, ma ci rinuncio quasi subito.
Opto per lasciare i capelli mossi al naturale lungo la schiena e un trucco molto leggero.Sono sempre stata una ragazza acqua e sapone. Non perché sono sicura del mio aspetto, semplicemente perché non amo perdere tempo allo specchio a truccarmi o ad acconciarmi.
Sono rare le volte che mi metto un abito o i tacchi.
E a me vado bene così. Ma stasera ho voglia di svagarmi. Di dedicarmi un po' al mio ragazzo che ho trascurato un po' nell'ultimo mese.A lavoro finito, mi guardo allo specchio con un po' di vanità.
Ho quasi avuto voglia di imprimere la mia immagine di adesso, talmente rara quanto.. Bella?
Si.. Mi sento bella questa sera.
E poco dopo, quando Nathan suonò il campanello e io andai ad aprire la porta, beh, potete scommettere i fagioli del signor Kress che Nathan pensò la stessa cosa.
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Tre piccole cose
Romance"PER LUI MI PIEGO, PER TE MI SPEZZO." "Avete presente la sensazione di completezza che vi avvolge quando raggiungete tutti gli obiettivi che vi eravate prefissati? Come quando, correndo, raggiungete il traguardo che poco prima credevate troppo lon...