2.Scomettiamoci I Fagioli!

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"I want to be the one to walk in the sun"
Girls just want to have fun - Cyndi Lauper

Appena Nathan parcheggia davanti allo spiazzo della scuola, scendo dall'auto con le stampelle e assaporo l'odore di novembre.

L'aria ancora calda, il sole e il vento che fa sfrusciare le foglie degli alberi, faceva si che il mio inizio di anno scolastico fosse meno traumatico.

Con le stampelle e tutta impacciata, mi guardo intorno per cercare una faccia familiare.
La mia faccia preferita.
È appoggiata alla ringhiera delle scale davanti all'entrata della scuola e  sorride ad un ragazzo con la divisa della squadra di basket.
Capelli biondi mossi dall'aria, occhi verdi come smeraldo e un sorriso che uccideva chiunque.
Appena i suoi occhi incontrani i miei, vedo la felicità attraversare il suo sguardo per insinuarsi sulla sua bocca.
Mi viene incontro galleggiando come un palloncino pieno d'elio.
Den è così. È forza e bellezza.
È come uno di quei cocktail tropicali che quando li bevi sono talmente dolci e dissetanti che non vorresti finissero mai, con un retrogusto di alcool che movimentava un po'.
Bella come il sole, il suo unico sogno è andare ad Harvard.
A lei non interessano le gonne minuscole, le etichette della scuola o la superficialità dei rapporti che si instaurano nel mezzo.
Lei adora i libri, e me.
"Finalmente sei tornata!" urla così tanto mentre si avvicina che ho paura che l'avessero sentita tutti.
Non che mi interessa granché, ma non mi piace dare spettacolo.
Le uniche volte che voglio e richiedo gli occhi puntati su di me, sonk quando gioco a calcio.
Perché li, in quel campo, mi trasformo.
Nel mio mondo fatto di erba sintetica, calzettoni e scarpe con i tacchetti, la protagonista sono io.
Quando prendo la palla e la curva esulta.
Quando faccio goal e la gente intona il mio nome.
Lì sono qualcuno.

"Ciao anche a te" le dico mentre mi lascio stritolare nel suo abbraccio.
"Perché non mi hai mai detto nulla di quella cosa?" le faccik cenno con il dito verso l'entrata della scuola, ad indicare il ragazzo di basket che adesso ci osserva incuriosito.
Non l'ho mai visto e sono curiosa di sapere.
"Perché non c'è niente da raccontare in realtà" sorride un po' coprendosi la bocca con una mano. Ma io vedo distintamente le linee delle labbra arricciarsi all'insù.
"Non raccontarla a me, Smith"
I suoi occhi vagani ancora verso le scale e con un leggero sospiro mi parla senza guardarmi.
"Ne parliamo un'altra volta ok? Non appena abbiamo un po' di tempo per noi, facciamo la nostra classica serata tra amiche e ne parleremo"
Lascio perdere l'argomento, soprattutto perché Nathan è ormai di fianco a noi.
Con un braccio attorno alle mie spalle saluta Den prima di darmi un bacio sulla fronte.
"Torno a riprenderti alla fine delle lezioni ok?"
Annuisci e istintivamente appoggio la testa e la mano al suo petto.
Nat saluta di nuovo prima di dirigersi verso la macchina.
I suoi allenamenti iniziani presto e finiscono molto tardi.
Ma durante la pausa pranzo viene sempre a prendermi a scuola.
Soprattutto adesso che non posso guidare.
"Allora, ultimi pettegolezzi che non mi hai ancora rivelato?" chiedo a Den dirigendomi verso l'entrata mentre la campanella ci avvisa che mancano dieci minuti all'inizio della giornata.
"Da sabato nessuna, almeno credo. Vedremo cosa si vocifera per i corridoi durante la mensa.
Sono davvero felice che tu sia tornata! Non è stata la stessa cosa senza di te."
Mi stringe la mano appoggiata alla stampella e mi sorride.
"Già, sembra strano detto da me, ma mi mancava tutto questo."

Prometto a Den di vederci alla mensa, ma durante l'ultima ora, prima della pausa, mi viene voglia di tornare a fare un giro nel mio posto preferito della scuola.
Così le mando un messaggio per avvisarla che non sarei andata a mangiare, e non appena la campanella suona la fine delle lezioni, mi dirigo verso gli spogliatoi.
È quella la mia seconda casa.
La mia abitudine preferita.
Non un ossessione. Ma un amore. Un amore incondizionato.

So a memoria la strada per arrivarci, l'odore della palestra mi impregna le narici.
L'odore di umido, di plastica nuova, di sudore e di fatica.
Arrivo alla porta dell'ufficio del mio allenatore e senza neanche bussare apro la porta.
"Sì?" sento lui rispondere in tono annoiato.
Faccio capolino da dietro la porta, sbirciandolo e facendogli vedere praticamente solo una ciocca di capelli e un occhio.
"Oh Ally! Ci avrei scommesso i fagioli di mio nonno che saresti venuta a trovarmi oggi!"

Chi diavolo scommette dei fagioli, e soprattutto, quanto saranno mai importanti questi fagioli al punto da mettersi in una scommessa?

"Salve signor Kress. Sono venuta a salutarla e a vedere com'è cambiato questo posto durante la mia assenza"
"Suvvia, Ally non essere stupida! Sei stata via neanche un mese!" mi prende in giro lui ridendo.
"Mio figlio si è innamorato di una folle, lo dico sempre io" mi fa l'occhiolino mentre mi sorride.
Richard Kress è un omone di un metro e novantacinque per centodieci chili.
Può sembrare più un atleta di football che di calcio.
Si alza dalla sua sedia di pelle e sogghignando viene verso di me, e dandomi una pacca sulla spalla mi fa accomodare sulla sedia di fronte a lui.

Il suo ufficio sa di casa.
Di plastica nuova dei palloni appena comprati. Di sudore. Di vittorie che vedi attraverso i trofei esposti.
Di erba fresca del campo che immancabilmente ti si attacca alle scarpe e ti si appiccica addosso.

Rimango a parlare con lui di tutto e di niente. Proprio come facevo una volta.
Parliamo anche della mia riabilitazione e del mio futuro.
Perché lui, come suo figlio, crede veramente in me, e non smetterò mai di ringraziarlo per questo.
Sono pronta a combattere. Da brava erede della famiglia Thompson.
Sono pronta a farmi male, ad arrivare al limite per risalire in vetta.

Al suono della campanella lo saluto e torno verso l'aula della quinta ora.
Passando per gli spogliatoi, butto un occhio alla stanza, guardando le panchine in cui mi sono seduta miliardi di volte per allacciarmi le scarpe.
Il mio armadietto ormai scassato perché ho perso le chiavi.
Persino la doccia lurida che ho sempre odiato sembrava darmi il bentornato.
Perché questo è il mio posto.
Sono gli odori che amo.
Le abitudini che non mi stancano mai.
Il campo è la mia casa.
La squadra la mia famiglia.
E non vedo l'ora di tornare in pista.

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