4.L'Amore In Una Stanza

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"It's amazing how you can speak right to my heart
Without saying a word, you can light up the dark
Try as I may I could never explain
What I hear when you don't say a thing"
When you say nothing at all - Ronan Keating

Nathan è ancora fermo davanti alla porta con un'espressione indecifrabile su volto.
Non si muove e non sembra intenzionato a farlo per i prossimi minuti.

"Nat, per favore, non guardarmi come se fossi un unicorno alato. Mi fai pentire di essermi vestita bene." sussurro io imbarazzata e timida.
Forse è anche per quello che non amo mettermi in mostra: non ero abituata agli apprezzamenti, a essere fissata e a ricevere complimenti.
Non sono la classica ragazza per la quale ti giri in mezzo alla strada per inseguirla con lo sguardo.
Non sono Den. Io sono semplice, preferisco la comodità all'eleganza, la naturalezza al trucco.
Gli occhi verdi e i capelli castani mossi fino alla schiena fanno di me una ragazza qualunque.
Magari anche carina, ma comune.
L'unica cosa di cui vado fiera è il mio corpo.
Snello, atletico.
Quel corpo che mi ha portato prima, ad essere una delle calciatrici più brave della scuola, poi della città.
Devo tutto alle mie gambe atletiche, ai miei muscoli sempre allenati, ai polpacci forti.

Lo sguardo di Nathan vaga ancora per tutto il mio corpo, fino a che si posiziona fisso nei miei occhi.
Il suo sguardo sembra avere proprietà elettromagnetiche.
Come quando vedi un dolce in pasticceria e tu, senza neanche accorgertene, ti ritrovi alla cassa ad ordinarlo. Come se ci fosse qualcuno con un filo che ti spinge a prenderlo, a mangiarlo, che ti urla di comprarlo e tu non puoi farci niente.
Ecco, lui è il mio dolce.

"Sei bellissima stasera" mi dice sorridendomi.
E io sento il cuore fare una giravolta.
"Adesso andiamo o faremo tardi."
Lo prendo per il braccio e lo trascino fuori dalla veranda, più per distogliermi dall'imbarazzo che per altro.

Nat mi permette di appoggiarmi a lui per aiutarmi a fare le scale del vialetto di casa.
E con tutta la delicatezza del mondo, mi fa salire in macchina per poi accomodarsi alla guida.
"Dove mi porta il mio cavaliere stasera?" domando con un voce volutamente seriosa.
"In un posto speciale. Il migliore, per la migliore."
Non so dove siamo diretti, ma spero solo di non essere troppo elegante per il locale.
O peggio, molto peggio, se fossi stata troppo POCO elegante?

Non parliamo molto durante il tragitto, lasciamo che sia la musica a invadere il nostro silenzio rilassato.
Adoro Lana Del Rey, e benché Nathan avesse totalmente altri gusti in fatto di musica, questa sera mette il mio cd preferito.
La sua voce sensuale e delicata innonda la macchina, sprigionando amore nell'aria.
Stiamo attraversando il centro città, quando Nat si ferma e parcheggia davanti a un palazzo.
Sembra più un monumento che un locale.
Bianco, dalle linee pure, senza addobbi sfarzosi.
Tutto in quest'edificio sprigiona lusso e delicatezza allo stesso tempo.
Sembra uno di quei monumenti antichi in cui puoi entrare solo se sei tesserato.
Come la casa del Grande Gatsby.
Come la sala del Titanic.
Non è un posto da noi.
Noi siamo più gente da fast food.
Da jeans e maglietta, e luridi e malconci tavolini pieni di ketchup.
Ma i miei occhi si illuminano  comunque alla vista di quel palazzo.
Non riesco a staccare gli occhi da quell'entrata.
Non lo faccio neanche quando Nathan mi apre la portiera e mi porge la mano.
"Allora, rimaniamo a fissare la facciata dell'edificio o vuoi vederne anche l'interno?"
Distolgo lo sguardo dal ristorante è lo guardo.
Lo guardo con gli occhi dell'amore.
Lo guardo come l'ho sempre guardato, dal primo giorno in cui ci siamo incontrati.
Stasera è anche più bello del solito.
I suoi capelli folti e neri sono pettinati all'indietro e i suoi occhi sembrano luccicare: mi facenno esplodere il cuore e fermarlo allo stesso tempo.
In cinque anni di storia non ho mai smesso di guardarlo così.
Come una cosa preziosa.
Come quelle perle che trovi nei fondali. Rare, quasi impossibili.
Una cosa che ho avuto la fortuna di trovare io.

"Perché tutto questo? Voglio dire, lo sai anche tu che di solito preferiamo hamburger e patatine fritte, io lo preferisco. E anche tu."
"Quindi? Una volta ogni due anni non posso trattarti come meriteresti di essere tratta ogni giorno?"
Lo guardo un pò dubbiosa, lo conosco fin troppo bene.
So che sta nascondendo qualcosa e subito il mio stupido cervello parte in quarta.
"Sicuro che non ci sia niente sotto?"
E lo vedo. Vedo un dubbio negli occhi di Nathan, solo un secondo, ma io l'ho visto, e mi basta.
Mi basta per capire che qualcosa, invece, c'è.
E che non la prenderò molto bene.
Per quello ha organizzato tutto questo.

"Dai, vieni. Entriamo e sediamoci e ti dirò tutto, promesso. Non è niente di cui preoccuparsi comunque" mi dice Nathan porgendomi la mano.
Lascio perdere l'argomento e decido di accettarla, anche se, con quelle parole, mi preoccupa ancora di più.

Entrati dentro il ristorante rimango ferma sulla soglia ad ammirarlo.
Sembro proprio come Den quando vide per la prima volta la libreria "Powell bookshop" in Oregon, la libreria più grande al mondo.
Mi ricordi la sua faccia meravigliata, come una bambina che riceve quello che voleva a Natale.
Ecco, io sono esattamente così in questo momento.

Tutto risplende e brilla di luce propria.
Il pavimento bianco, le tovaglie di raso, i camerieri impeccabili e gli enormi lampadari in cristallo e oro.
Tutto è immacolato e perfetto.
Nathan si dirige nella hall per richiedere il tavolo prenotato e il cameriere ci fa strada per farci accomodare.
Con le mie mani tra quelle di Nathan, non smetto di guardarmi intorno e sorridere. I miei occhi brillano come l'argenteria preziosa con cui hanno apparecchiato.
Luccicano come i lampadari che prendono la luce e la saetta o in mille direzioni diverse.
Il cameriere tira indietro la mia sedia e mi fa accomodare.
Di solito odio queste cose, il galateo, l'eleganza troppo superficiale, ma stasera, mi sento come una principessa e non mi da fastidio.
Nathan poggia la mano sulla mia sopra al tavolo mentre sono intenta a leggere il menù senza capirci granché.
Alzo lo sguardo per incrociare i suoi occhi.
"Ti prego Ally, per un po' non pensare a niente. Viviamoci solo questa bella serata fuori e basta. Ne parleremo più tardi ok?"
Mi riporta al presente, ricordandomi che c'è un motivo per il quale siamo qui, ma cerco veramente di non pensarci.
Perché me lo ha chiesto lui, e perché voglio veramente passare una serata speciale.
Lascio da parte le mie paure e le mie insicurezze, e mi lascio cullare dal piano in sottofondo, e dalla voce di Nathan, dalle conversazioni leggere tra me e lui.
Sono tranquilla, sto bene e mi sento felice, fino al dolce.
Fino a quando Nathan mi sgancia la bomba addosso e in un attimo mi sento braccata.
Come una volpe inseguita dai segugi che si trova spalle al muro, con i cani che ringhiano e mostrano i denti.
"Sono stato convocato per giocare con la nazionale"
Eh no, non è questa la bomba in realtà.
Questa è solo la notizia.
Bella, emozionante, entusiasmante.
Talmente meravigliosa che senza volerlo inizio a sorridere, a provare un moto d'orgoglio che mi gonfia il petto così tanto che non riusco più a respirare.
"Tra non molto devo partire per il ritiro. Starò via due mesi."
Eccola li, quella maledetta notizia che chissà quante volte Nathan ha pensato e ripensato.
Perché non ci sarebbe stato un bel modo per dirmelo.
Perché io e lui in cinque anni non siamo mai stati separati per più di due giorni.
Devi essere felice per lui, e una parte di me lo è veramente.
Una parte sostanziosa di me è talmente tanto orgogliosa di lui che avrei voluto alzarmi dal tavolo e abbracciarlo, gridare al ristorante che razza di uomo ho scelto al mio fianco.
Ma la parte egoista di Ally, quella che adesso sta prendendo il sopravvento, beh, si sente tradita.
E non è giusto.
Perché lui se lo merita. Ha inseguito il suo sogno e, prima con gli Atlanta United, e poi con la nazionale, li ha finalmente coronati tutti. Ha sofferto, lottato, sudato e perso. Ma alla fine è arrivato fino in fondo,è arrivato la sua vetta più alta.
E adesso deve solo impiantare la bandiera, e mostrare al mondo che si, lui in cima ci è arrivato davvero.
Scaccio l'impulso di pregarlo di rimanere. Lo vorrei al mio fianco durante questo brutto periodo.
"Non ci credo Nat! Dici sul serio?"
Nathan ha ancora lo sguardo puntato su di me, come se attendesse la mia peggior reazione.
Ma quando le mie parole escono dalla mia bocca, si rilassa leggermente sulla sedia e un sorriso leggero si dipinge sul viso.
"Davvero davvero! Mi hanno convocato e l'ho saputo oggi. Non sapevo come dirtelo Ally, sul serio.
Ero quasi tentato di non accettare per.."
"Cosa? Stai scherzando? Non esiste che tu non accetti Nat! Non per me, né per nessun'altra ragione. Tu meriti tutto ciò che ti sta capitando. E io sono così orgogliosa di te."
Gli sorrido trattenendo le lacrime e al diavolo l'etichetta, mi alzo e vado da lui per baciarlo.
Voglii davvero dimostrargli che sono felice per lui.
Lascio nascosta quella piccola parte di me che invece vuole piangere. La seppellisce in fondo in fondo, con più terra possibile, e tento di non farla tornare in superficie.
"Quando parti?" mi allontano da lui e torno a sedermi composta sulla mia sedia.
"Tra un mese".

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