Per anni ci siamo odiati, rincorsi, feriti, urlati contro cose che non pensavamo, taciuto per paura di ferire noi stessi.Per anni ci siamo ignorati senza mai perdere di vista l'altro, allontanati senza mai far mancare la nostra presenza.
Per anni abbiamo passato il tempo a farci del male per poi guarirci a vicenda
Per anni ho represso i sentimenti che provavo per lui, l'unico ragazzo che mi ha odiata dal primo istante in cui i suoi occhi hanno incrociato i miei.
Non dimenticherò mai quel giorno: avevo cinque anni, stavo giocando a pallone al parco di Pomezia, una città periferica di Roma e, per sbaglio, la sua testa finì contro il mio pallone, facendolo cadere con il viso in avanti per poi sbattere la fronte contro lo spigolo del recinto per i fiori.
«Sebastian!» gridò una donna dai lunghi capelli neri e gli occhi azzurri; corse incontro al bambino che, senza nemmeno singhiozzare, si alzò, si voltò verso di me e, con gli occhi assottigliati dello stesso colore del mare , contornati da ciglia nere lunghissime, mi disse:
«Sei morta.»
Ricordo che rabbrividii a quelle parole ma non mi feci vedere spaventata da lui: 'Nessuno spaventa Iris Iacoangeli!' pensai, gonfiando il petto e mettendo una sorta di broncio cattivo. Nemmeno un bambino con una certa somiglianza con Chuck, la bambola assassina.
«Iris, cos'hai combinato? È l'ultima volta che ti porto al parco!» mi sgridò mia madre, correndo in soccorso di quel mostro con la fronte sanguinante.
«Ma, mamma, è lui che si è messo in mezzo colpendo la mia palla con la sua testa gigante» dissi, indicando il piccolo serial killer.
«Iris, finiscila! E chiedi subito scusa» asserì mia madre, una donna dai lunghi capelli castani e i grandi occhi verdi, proprio come i miei.
«Sei tu che hai una cattiva mira, pel di carota» disse Sebastian, con tono acido e serioso. Io rimasi senza parole in un primo momento: i miei capelli rossi non erano mai stati un problema per me e mai nessuno mi aveva presa in giro a causa del loro colore. Salita la rabbia, mi avvicinai a lui e gli pestai un piede con le mie magnifiche Lelly Kelly luminose. Lui, in risposta, mi tirò i capelli strappando via la sagoma di Hello Kitty che avevo attaccata sopra l'elastico.
«Iris!» urlò mia madre, seguita dall'altra donna:
«Sebastian!»
Entrambi ci voltammo, ognuno verso la propria genitrice e, all'unisono, esse gridarono:
«Smettetela!»
Le due si guardarono e scoppiarono in una fragorosa risata mentre io e il diavolo le guardavamo perplessi, non capendo il motivo del loro divertimento. Ci eravamo appena inferti dolore a vicenda e, coloro che dovevano proteggerci, ridevano di quella situazione.
Da quel giorno mia madre Teresa e la madre di Sebastian, Anna, diventarono molto amiche. Scoprirono anche di abitare vicine, ovvero a due case di distanza.
Da quel maledetto giorno, ogni weekend, dovevo avere a che fare con quell'essere uscito direttamente dall'inferno.
Da quel giorno, o poco dopo, le nostre madri decisero che fosse una buona idea mandarci a scuola insieme, sperando che così il nostro rapporto migliorasse. Ricordo ancora il primo giorno d'asilo con lui: pregai mia madre di farmi indossare il vestitino bianco a fiori con i sandali abbinati. Dopo parecchi no, finalmente mi diede una risposta positiva. Stetti attenta tutto il tempo a non sporcarlo o stropicciarlo ma, quell'essere demoniaco, rovinò completamente ogni mio sforzo: agguantò un barattolo di tempera rosso, si avvicinò, mi spinse a terra e, con il colore, simulò del sangue appena uscito. Inutile dire che fummo messi subito in punizione, entrambi. Lui per avermi spinta e sporcata, io per avergli tirato un calcio nelle parti basse, proprio come mi aveva insegnato il mio eroe: papà.
Da quel giorno, il nostro odio crebbe in modo incontrollato: ogni dì in classe era una tortura, ogni weekend i nostri genitori dovevano separarci e metterci uno distante dall'altro e, se decidevano di andare in vacanza insieme, uno dei due doveva rimanere a casa con i nonni.
Fortunatamente, dopo le scuole medie, le nostre strade si sono quasi separate: entrambi frequentiamo il liceo scientifico ma, per volere del destino, siamo finiti in sezioni differenti.
Questo ha procurato un maggiore sollievo nella mia vita: non lo vedo quasi più, raramente vado alle cene che i miei genitori organizzano con i suoi e non abbiamo nessun amico in comune.
Non ci insultiamo più come prima, non litighiamo più come una volta, non mi sveglio più pensando a come dover affrontare una giornata in compagnia di Sebastian Smith.
Sono due anni che a malapena mi rivolge uno sguardo di disgusto, sono due anni che è troppo impegnato con le ragazze che gli ronzano attorno: già, perché il fascino americano, si sa, fa uno strano effetto alle ragazze italiane.
E lui, un metro e ottantaquattro, occhi dello stesso color del ghiaccio, capelli neri, sorriso smagliante, dentatura perfetta e fisico da kickboxer ricoperto di tatuaggi, sapeva sfruttare al meglio le sue qualità per ottenere ciò che voleva, sempre e comunque.
Solo a guardarlo mi da la nausea, il voltastomaco, il prurito. Lo odio e mai avrei smesso di farlo per la sua insolenza, per il suo essere pungente e, soprattutto, per sopprimere quell'attrazione insensata che provavo nei suoi confronti.
°Spazio autrice°
Ciao a tutti!
Spero che questo inizio vi piaccia.
Cosa ne pensate del primo incontra tra Sebastian e Iris?
Molto dolce, vero? 😂
Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate ❤️~A presto~
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~I hate you, I love you~
RomanceIris e Sebastian, nemici giurati fin dai tempi dell'asilo, cercano di evitarsi in tutti i modi: eppure, in un modo o nell'altro, finiscono sempre per ritrovarsi, attaccarsi, ferirsi, distruggersi, curarsi. Lei, una ragazza forte all'apparenza, ma fr...