La festa (Parte Due)

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«Scusami Gabriele, ma ora devo andare» lo liquido, andando in contro a quella furia di Sebastian. Più mi avvicino e più vedo i suoi occhi iniettati di sangue: appena sono abbastanza vicina, poso le mie mani sulle sue spalle e lo blocco. Alzo il palmo e lo poso sul suo volto, costringendolo a guardarmi.

«Cosa vuole?» domanda, carico di rabbia. Credo di non aver mai visto così tanto odio ingiustificato verso qualcuno: il ragazzo che ho di fronte è una bomba a orologeria pronta a esplodere al primo tocco. Non mi piace che si comporti così, non mi piace quando è cattivo; non mi piace la sua gelosia insensata, il suo fare aggressivo e arrogante. Non ora, non qui.

«Mi ha solo salutata. E ora, per favore, calmati. La mia migliore amica sta per arrivare e vorrei festeggiare il suo compleanno nel migliore dei modi, grazie» dico in tono cinico. Lui mi guarda e, attraverso i miei occhi, sembra calmarsi: l'espressione dura e furiosa si scioglie, lasciando spazio a uno sguardo dolce e comprensivo. Annuisce, mi abbraccia e mi bacia dolcemente: Sebastian riesce sempre a stupirmi.

«Ci prendiamo qualcosa da bere?» gli propongo. Il suo gesto del capo è positivo per cui gli afferro la mano e, facendoci largo tra la folla, riusciamo ad arrivare al bancone.

«Una Tequila, sale e limone per me» dico al ragazzo che, sfacciatamente, guarda la scollatura falsata dal push-up.

«Quando hai finito di guardare le tette della mia donna, preparami un Martini, grazie» interviene Sebastian, fucilando il ragazzo moro con gli occhi. Quest'ultimo deglutisce e, come un cane impaurito, torna al suo posto con la coda tra le gambe. Ci serve il nostro ordine e, complici, io e il mio fidanzato ci guardiamo negli occhi e, alzando i bicchieri, brindiamo a noi. Mando giù il liquido trasparente che mi dona una sensazione piacevole di bruciore alla gola: smorzo tutto col limone che addento. Poso il bicchierino sul bancone, allargo le braccia e mi fiondo su Sebastian, baciandolo con passione.

«Per fortuna che ti eri sentita male!» sento urlare al mio fianco: mi volto e trovo la mia migliore amica nera di rabbia. I suoi occhi sprizzano delusione, furia, disprezzo.

«Claudia, ti posso spiegare» le dico, cercando di afferrarle un braccio. Lei si scosta, impedendomi la presa e scappa verso l'uscita. Guardo Matteo che con le spalle mi fa cenno di non sapere come comportarsi. Decisa, la seguo e mi faccio largo tra la folla, a fatica. Fortunatamente i tacchi mi permettono di rintracciarla e non perderla d'occhio: la vedo varcare la porta della toilette e, in un attimo, la raggiungo. Quando apro la porta non vedo nessuno e capisco che dev'essere entrata in uno dei bagni.

«Claudia, dove sei?» domando, sperando in una sua risposta. Apro tutte le porte dei bagni che noto non essere chiuse ma niente, deve essere in uno dei due con la striscia rossa, pronta a dichiarare l'occupazione del posto. Una di esse si apre, svelando però una ragazza magra e bionda pronta a pulirsi il naso da una sostanza bianca: rabbrividisco al solo pensiero di una così curata e di bell'aspetto, usare e rovinarsi la vita con la cocaina. Capendo dove si trova la mia amica, busso alla sua porta e aspetto che mi apra.

«Perché?» sento domandarmi dall'altra parte.

«Aprimi e ti dico tutto» rispondo, non volendomi arrendere. Io e lei abbiamo sempre risolto così le poche incomprensioni: faccia a faccia. E, fortunatamente, vengo accontentata. La porta si spalanca e mi rivela la mia migliore amica con le guance rigate dalle lacrime: istintivamente l'abbraccio e lei, quasi sorprendendomi, risponde al mio gesto. Le accarezzo la schiena, come a rassicurarla, come a darle il permesso di crollare e sfogarsi.

«Mi mancano così tanto» dice con voce strozzata, mentre la presa si fa così forte da farmi mancare il respiro. Si accascia a terra, in ginocchio, piangendo copiosamente: non ci stacchiamo neanche per un secondo, pronte a confortarci a vicenda, come sempre.

~I hate you, I love you~ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora