Nella tana del lupo

524 44 35
                                    


Non riesco a credere a ciò che è successo ieri sera. Ricordo poco e niente, ma c'è una cosa che sicuramente non riuscirò mai più a togliermi dalla mente: ho chiesto a Sebastian di far l'amore con me. 'Ma come mi è venuto in mente? Non mi sarei mai spinta così tanto oltre... O sì? Devo essere sembrata una disperata, come nel momento in cui ho accettato di essere 'sua' a quelle stupide condizioni. Non devo più bere, questo è sicuro!' Dopo la festa mi ha portata a casa, mi ha messa a letto e si è preso cura di me. Avrei voluto che fosse rimasto a dormire ma poi come lo avrei giustificato ai miei genitori? Cosa avrei detto loro?

Allungo le gambe all'interno dell'acqua calda presente nella vasca da bagno: la superficie è ricoperta di schiuma profumata che ricopre gran parte del mio corpo, dal seno in giù. Guardo i miei capelli galleggiare e mischiarsi a quel bianco pieno di bollicine colorate, piene di tanti piccoli arcobaleni. Sorrido e, come facevo da bambina, ne prendo una manciata e la metto sotto il mento, formando una barba finta. Rido per il gesto infantile: pian piano la corposità va a sciogliersi, colando lungo il collo, fino a morire tra i piccoli seni. Questo mi ricorda la lingua di Sebastian sulla mia pelle: un calore improvviso parte dal basso ventre e prende possesso dell'intero corpo. Lui mi manda a fuoco, lui mi uccide ma, al tempo stesso, mi fa sentire viva. Sebastian è un turbine d'emozioni, è un uragano spaventoso senza via di scampo. È qualcosa di così profondo, così intenso che fa paura. Ho paura di lui, ma soprattutto di me stessa: non so a quanto potrò spingermi, non so quello che potrei fare per quel dannato ragazzo. Non so come potrei reagire adesso, se lo vedessi assieme a un'altra; non so come reagirò quando non potrò neanche sfiorarlo nei corridoi di scuola. Non so come faremo a mettere da parte tutti i dissapori avuti fino a ora: mi chiedo ancora come sia successo tutto questo, come siamo arrivati a ciò. Mia madre me lo disse che l'adolescenza è un'età strana, dove gli ormoni impazziscono, il cuore si perde facilmente e l'amore non ha spiegazioni.  'Spero solo di non farmi troppo male' penso, prima di affondare con la testa sotto la superficie schiumosa.
Lascio l'acqua oramai tiepida e avvolgo il corpo bagnato nell'accappatoio: spanno il vetro e noto con piacere le occhiaie dovute a quella notte di follia. Non c'è niente di sensato, di ragionevole  in tutto quello che è successo: mi sono lasciata toccare come mai prima di allora. Mi sono lasciata baciare, esplorare, assaporare senza remore e senza vergogna. Il telefono squilla e sul display vedo comparire il nome di Gabriele: quindi è vivo. Scorro con il dito lungo la linea e rifiuto la chiamata: non sono in grado di reggere un confronto, ora.

«Tesoro, sei pronta? Tra poco dobbiamo essere dagli Smith» intima mia madre: guardo l'ora e vedo che sono già le diciotto e trenta. Mi affretto ad asciugare i capelli che decido di lasciare mossi. Vado in camera mia e per l'occasione indosso una camicia color tiffany, abbinandola con una gonna a ruota nera: il mio riflesso allo specchio mi piace e sono sicura che piacerà anche a quel diavolo. Lo schermo del telefono s'illumina nuovamente: mi avvicino e, appena leggo il nome, sussulto: Pumba. Sorrido per quel nome stupido e penso che è la prima volta che mi invia un messaggio.

-Verrai a cena da me?- Mi mordo il labbro: 'Sembra impaziente di vedermi' penso.

-Sì- gli rispondo. Mi fa un certo effetto premere invio: è il primo messaggio che mando a questo ragazzo che mi ha del tutto scombussolato la vita. Metto un velo di ombretto marrone accompagnato da tanto mascara; infilo gli stivaletti neri bassi ai piedi, mi do un'ultima controllata allo specchio e corro giù per le scale. Tra poco vedrò Sebastian

«Sono pronta!» esclamo, cogliendo di sorpresa i miei genitori: i loro sguardi spiazzati mi fanno capire subito di aver dato nell'occhio. Solitamente ero cupa quando si trattava di andare a cena dagli Smith: odiavo quel momento, sapendo che avrei dovuto passarlo assieme a Sebastian.

«Come mai così raggiante, tesoro?» domanda mia madre con... malizia? Arrossisco, abbasso il capo e rispondo:

«Non sono raggiante» mento. I miei genitori si lasciano scappare una risata e, vergognandomi per la situazione, corro giù in giardino. Apro il cancelletto e alle spalle sento gridare mio padre:

~I hate you, I love you~ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora