Cosa stiamo facendo?

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Mi sveglio e, d'istinto, cerco la mano di quel demone che, pian piano,sta risucchiando la mia linfa vitale. La trovo, sentendo uno strano calore sulla gamba destra. I nostri bacini sono perfettamente accostati e, come la prima volta, mi fa uno strano effetto: 'Perché ha voluto di nuovo dormire con me? Perché non prova a sedurmi come fa con le altre? Perché ha deciso di farmi impazzire?' Queste domande mi attanagliano la mente e non riesco a dargli una risposta.Con fatica, mi giro verso di lui e, come al solito, lo trovo con la bava che fuoriesce dall'angolo della bocca e, nuovamente, quel grugnito: 'Mi ricorda Pumba.' Sorrido al mio pensiero e, prendendo coraggio, con l'indice delimito i lineamenti di Sebastian. Parto dalla fronte dove ricadono alcuni ciuffi neri; scendo lungo il naso dritto e, appena sfioro la punta, lui lo arriccia. Caccio una risatina e poi continuo il tragitto; scendo sul prolabio e mi fermo: 'Sono bellissime' penso, fissando le sue labbra. Stacco il dito da lì, e penso che domani tornerà a casa sua. 'Quindi stanotte, forse, sarà l'ultima volta in cui dormirò con Sebastian?' Un senso di angoscia mi pervade e mi rattristisco; rivolgo lo sguardo verso il basso.

«Cos'hai?» mi sento domandare. Alzo la testa e noto i suoi occhi color ghiaccio che mi guardano con dolcezza. Gli sorrido malinconica e sussurro:

«Niente.» Le sue braccia mi stringono ancor di più a lui, mentre la sua mano finisce ad accarezzare i miei capelli.

«Sai che non puoi mentirmi» insiste lui. Non posso dirglielo, non voglio.È troppo: non riesco ad aprirgli il mio cuore. Poi, un flash, mi fa trovare un escamotage:

«Avevamo detto che di giorno saremmo tornati a ignorarci, ricordi?» Lui si stacca leggermente da me, mi sorride, mi bacia la fronte e si alza, lasciando il mio letto. Si infila la maglietta e, di soppiatto, esce dalla mia camera:

«Non era questo ciò che volevo» sussurro in un filo di voce, posando la mano sul lenzuolo caldo, caldo come il corpo che lo occupava fino a pochi istanti fa, quel corpo che mi ha fatta sentire protetta dal male che lui stesso riesce a infliggermi. Immergo il viso nel cuscino che profuma di lui: inspiro profondamente e mi dispiace pensare che da domani non lo vedrò più infiltrarsi in camera mia.

Scendo dal letto, afferro tutto l'occorrente per scuola e mi dirigo in bagno: apro l'acqua calda della doccia, lego i capelli in una crocchia disordinata e mi affretto a lavarmi. Indosso l'intimo, un paio di skinny rossi e un maglione bianco, in tinta con le vans dello stesso colore. Opto per una treccia laterale e tanto mascara.

Scendo e, stranamente, non vedo Pumba addentare il solito toast alla nutella, bensì si alza dal tavolo e noto che tiene in mano delle mandorle e una spremuta d'arancia. Butta giù tutto il liquido arancione, posa il bicchiere nel lavabo e, guardandomi, mi sorpassa, scendendo le scale e dirigendosi in macchina.

«Buongiorno, amore» mi saluta mia madre.

«Buongiorno» ricambio il saluto, freddamente. La guardo e noto la sua espressione triste: non so come possa pretendere l'amore che le davo prima, quando lei è la prima a non darmene più.

«La prossima settimana sono in ferie. Vogliamo fare qualcosa insieme?» domanda, cogliendomi di sorpresa: è molto tempo che io e mia madre non passiamo qualche ora da sole e, nonostante sia arrabbiata con lei, non posso far a meno di essere felice per quella proposta.

«Certo. Ah, mamma, papà, dopo Natale potrei partire con Claudia? Non voglio una festa di compleanno per i miei diciotto anni, però mi piacerebbe partire» domando, mentre mi sfrego le mani per il nervoso.

«Dove vorreste andare?» domanda mio padre, bevendo l'ultimo sorso di caffè.

«A New York» rispondo, esitando, con il cuore in gola. I miei genitori mi guardano, per poi guardarsi a loro volta. Sono confusi e, ovviamente, capisco che ne debbano prima discutere tra loro.

~I hate you, I love you~ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora