Capitolo 9

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Passarono ore ed ore,alla mancata sparizione di Dominic. L'ora scattò sul l'orologio,penzolò contro il muro. Erano esattamente le 3:00 spaccate del mattino. Restai sveglia,all'insaputa dei miei genitori. Poche ore prima,salii le scalinate insieme a loro,poi ognuno andò nella propria camera.

«Buonanotte Tesoro.» entrambi risposero,poi sparirono dietro la porta della loro camera.

Io annui e feci un lieve sorriso,e come una scena improvvisa,andai nella mia camera.

Ma nel momento in cui,loro si chiusero la porta della loro camera alle spalle,io uscii di nuovo dalla porta.

La chiusi senza far rumore,e con passo deciso e felino,scesi verso le scalinate e andai di nuovo nel salone.

Presi il telefono tra le mani,di nuovo. E cliccai sul numero di mio fratello,che ormai già lo chiamai diverse volte.

La chiamata,per un po' attese. Poi parlò la segreteria telefonica.

«Merda!» mormorai sottovoce.

Mi guardai intorno. Sperai con tutta me stessa di non farmi scoprire dai miei genitori. Di rado,scendevano giù per un bicchiere d'acqua. 

Sospirai a lungo. Non ero del tutto sollevata anzi, avevo i nervi a fior di pelle. Ero preoccupata,fin troppo.
Avevo ancora addosso quel brutto presentimento,che il mio sesto senso metabolizzò nelle ore prima.

Mi meravigliai per i miei genitori.
Con quale coraggio,e con quale consapevolezza,andavano a letto presto,senza curarsi minimamente della sparizione del loro primogenito?

Si fidavano così tanto? Si fidavano del loro e amorevole figlio,che in ventun anni di vita non ha mai portato guai in famiglia?  Almeno,avevano considerato il semplice fatto che non siamo a Milano,ma bensì a Londra?

Mille domande senza alcuna risposta mi torturarono la mente.
Non sapevo cosa fare. Non sapevo come rintracciarlo. Dove si era cacciato? Sta bene? Si è messo nei guai? L'ansia iniziò a prendermi. Stavo quasi per cadere nel l'abisso. I giramenti di testa,furono così frequenti e roventi,che a malapena riuscii ad aggrapparmi. Ma con tutta la mia forza e la volontà di farcela,a passo lento,arrivai dinanzi al frigorifero. Aprii e presi una bottiglietta d'acqua.
Ne bevvi uno,due,tre sorsi.
Ma non mi placò. Non cambiò nulla.

Diedi un pugno al frigorifero,per la frustrazione e per l'angoscia che avevo.

Dovevo fare qualcosa. Pensai.
Devo cercarlo. Arrivai alla conclusione.

Così mi diressi verso il portone. Lanciai un ultimo e rapido sguardo verso le scalinate,poi vidi che non c'era nessuna sagoma nascosta nell'ombra del buio. Presi le chiavi,e mi chiusi alle spalle la porta del portone.

Ero fuori. Ero fuori di casa.

Stranamente,forse per pura coincidenza. La notte era serena. Il cielo era limpido,con tante piccole stelline circondate attorno alla luna piena. Ma il vento era forte. Ululava e gridava,quanto la mia anima. Gli alberi si muovevano frenetici. Sembrò un insieme di calma e tempesta.

Mi guardai intorno e deglutii. Oltre alle case,circondati da lunghi vialetti,non c'era un ombra di qualche passante. 

Ero completamente da sola.
Non che mi spaventasse la solitudine,ma eravamo quasi in estate e Londra doveva essere più movimentata.

Mi incamminai,quasi a passo svelto. Andai nella lunga direzione. Non mi fermai neanche un istante. 

Quella via diretta,mi portò nei posti più frequentati,sia dagli adolescenti e sia dalle persone mature.

C'erano Lounge Bar di tutti i tipi.  Persone che alle 3:30 del mattino,girovagarono ancora per le strade. C'erano addirittura chi facevano degli aperitivi notturni.

Mi soffermai a dare un occhiata a tutti i Lounge Bar aperti,ma non ci fu alcuna traccia di Dominic.

Ma non potevo arrendermi.

Dovevo continuare a camminare e cercarlo. 

Ma nel momento in cui stavo per incamminarmi di nuovo,una mano si soffermò sulla mia spalla destra. Mi bloccò completamente. Non ebbi il coraggio di voltarmi e guardare lo sconosciuto che mi aveva posato la mano sulla spalla.

Restai zitta.  Non feci alcun movimento brusco.  In primo momento,pensai di dargli un calcio nelle parti basse e scappare così lontano,in modo da non lasciare alcuna traccia di me. 

Ma poi ragionai.  E se è uno stupratore?

Restai calma e respirai a fondo.

«Cosa ci fai tu qui? Quasi alle 4:00 del mattino?»

Mi girai di scatto verso lo sconosciuto. Che poi non era tanto sconosciuto. 

Era Daniel. Aveva le braccia incrociate al petto e mi scrutò con lo stesso sguardo abbagliato. 

«Ehm..» mugugnai. Cercai una mezza bugia da raccontargli.  « Sono qui per fare un aperitivo.» Feci un mezzo sorriso strampalato e indicai il Lounge Bar dietro le mie spalle.

«In ciabatte?» Chiese. Poi continuò a scrutarmi,dal basso verso l'alto.

«Cazzo!» mormorai a denti stretti.

Mi guardai i piedi e solo in quel momento notai che ero uscita nel cuore della notte in ciabatte.

« Perché? Per caso è proibito uscire con le ciabatte?» Incrociai le braccia al petto e mi rimisi subito sulla difensiva.

Uomini! Maledetti Uomini! Perché ti fanno notare e pesare qualsiasi cosa!

«No.» Rispose. «Però è sexy.» scuotò la testa e sorrise.

«Lo so.» mi vantai.

«Comunque..» fece una breve pausa e si schiarì la voce. « Non mentirmi. Tu non sei qui per fare un breve aperitivo. Sei troppo sveglia,per dimenticarti di metterti le scarpe. Se sei uscita con le ciabatte,vuol dire che c'è qualcosa di importante che devi risolvere.»

Touché!

«Mi conosci da quando?» misi il dito indice vicino al mento. «Da ieri mattina?» Proseguii.

«Più o meno.» Ammiccò un sorriso.

«E tu che mi conosci da ieri,pensi di sapere già tutto della mia vita?» Risposi diretta.

«No,non penso di sapere tutto della tua vita. Ma ho pensato che..»

«Ti sei sbagliato.» Tagliai corto.

Aprí la bocca e la richiuse di nuovo.

Annuì solamente.

Ci sedemmo davanti al tavolino del Lounge Bar.
Entrambi restammo zitti.

Daniel non parlò.
Io,nemmeno.

Intorno a noi,si sentirono solo voci e risate dei passanti,o di chi era sul posto a sorseggiare qualche aperitivo in compagnia.

Mi guardai intorno per diverse volte. Ma nel momento in cui stavo per rivolgere lo sguardo verso Daniel,vidi Dominic in lontananza.

Non sembrò tanto in sé. A malapena riusciva a reggersi. 

«Dominic!» Urlai,poi mi alzai e gli andai in contro.

«Corinne!» Urlò Daniel in lontananza.

« Vieni ad aiutarmi!» Non glielo negai una seconda volta. Gli feci vedere la verità,che era lì,vicino a noi e in carne ed ossa.

«Chi è?» Chiese,dopo aver preso mio fratello per un braccio e spostarlo sulla sua spalla.

«È mio fratello!»

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