Capitolo 7 - Not in the kitchen.

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Al mio risveglio sono nel mio letto con solo una maximaglia addosso. Il profumo è quello all'aloe del detersivo per lavatrice, anche se in questo momento sento anche un leggero ma persistente odore di sudore. La prima cosa che sento quando sbadiglio ancora prima di aprire gli occhi è il sapore di alcol in bocca. La prima cosa che vedo invece è il petto statuario di Edinson, ancora addormentato e immerso tra le lenzuola che gli coprono gambe e addome, lasciando liberi proprio i pettorali che si alzano e abbassano regolarmente.

Lancio un'occhiata alla sveglia. Le dieci e ventitré. Sollevo il capo a guardarmi intorno e noto - dopo aver avuto una breve ma intensa fitta da sbornia alle tempie - i miei vestiti piegati con cura e appoggiati sullo schienale della sedia, un profilattico chiuso seminascosto dalle pieghe del lenzuolo ai piedi del letto e la maglia di Edi mezza pendente dal materasso.

Quasi mi spavento quando sento un piccolo e rapido fruscio alla mia destra. «Ti sei ripresa o hai bisogno di un caffè amaro?», sento biascicare Edinson in spagnolo. Parlare in francese il sabato mattina è difficile per lui quanto lo è per me, noto con divertimento.

Mi lascio crollare all'indietro sicura di trovare il cuscino a ovattare la caduta e chiudendo gli occhi, ma dopo un secondo giramento di capo dovuto al rapido movimento mi accorgo che è stata una pessima idea. «Ho un vuoto di memoria completo da ieri dopo il drink a ora», ammetto a voce strozzata storcendo le labbra.

Le immagini di ieri sera - almeno della parte che mi ricordo - mi scorrono in testa. Neymar, la presentazione imbarazzante, il drink super forte che ho preso per dimenticare all'istante l'incontro. Le tempie pulsanti mi suggeriscono che nulla di tutto ciò è inventato, e mi provocano un improvviso senso di nausea. Neymar è davvero a Parigi e sa che anche io ci sono. È quasi un incubo nella realtà, ma non siamo a Ottobre e questo non è neanche un immenso scherzo del Pesce d'Aprile.

«Se ti interessa, quel profilattico l'hai tirato fuori dal mio portafoglio e stavi per aprirlo, ma eri troppo ubriaca perché io potessi lasciartelo fare», mormora Edinson agitandosi al mio fianco. Sento i suoi legamenti scrocchiare, segno che si sta stiracchiando per bene. 

«Puoi farmi il resoconto davanti a un caffè super lungo?», gli chiedo dopo essere avvampata sulle gote. Ho ancora gli occhi chiusi, ma ciò non significa che sono immune alle stronzate fatte nelle ore passate.

Cavani non risponde, ma il letto si affloscia e si dilata seguendolo nell'alzarsi dal materasso. Pochi secondi dopo i suoi passi non rimbombano più in corridoio.

Mi lascio andare a un sospiro cercando con le mani il cuscino usato da Edinson per sbattermelo sul viso e soffocare un lamentoso piagnucolio. Anche se non ricordo quasi nulla sono sicura della causa del mio comportamento. Neymar. Neymar di merda.

Quando Chanel ha menzionato un nuovo compagno di squadra dei parigini, mai e poi mai avrei pensato a lui. Forse perché l'ultima volta che l'ho visto giocava nella squadra del Santos, praticamente sconosciuta in Europa, e forse perché quando sono partita pensavo di essermi lasciata alle spalle tutto il passato, lui compreso.

Ma il destino a volte si diverte a prenderti in giro, a giocare con le tue emozioni e la tua vita.

Devo aver agito malignamente contro il karma, perché quel ragazzo a Parigi è davvero una grande batosta.

Mentre percorro lentamente a piedi nudi il corridoio silenzioso dell'appartamento con una mano nei capelli a cercare di districare i nodi del sonno, noto la camera di Chanel con la porta bianca chiusa - segno che lei e Kevin sono tornati qui.

Bene, almeno so una cosa in più di prima su ieri sera.

Varco la soglia della cucina scoprendo un Cavani in mutande alle prese con la macchinetta del caffè, i capelli tirati dietro alle orecchie a mostrare la sua espressione corrucciata nel vedere che nonostante il rumore fastidioso dell'aggeggio non scende niente nella tazzina.

Euphoria {Neymar}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora