Capitolo 2 - Whisky.

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Il mattino successivo mi sveglio quasi totalmente rigenerata. Passo nel corridoio poco illuminato fischiettando una canzone che ho ascoltato qualche volta alla radio e raggiungo la cucina, dove trovo Chanel intenta a prepararsi il solito cappuccino con doppio latte.

«Buongiorno! - la saluto, - pensavo di doverti svegliare buttandoti giù dal divano».

La ragazza mi rivolge un'occhiata rapida. «Verso le tre mi sono svegliata e sono tornata in stanza, avevo un dolore alla schiena tremendo. Sono nell'anno dei ventiquattro o degli ottantadue? Comunque, vuoi un caffè?», chiede poi con un sorriso.

«Più amaro che puoi», rispondo arricciando il naso e pensando alla dura e lunga giornata lavorativa che mi aspetta. Spero che la pratica di ieri sera vada bene al capo, perché lavorarci per altre lunghe ore non è una bella prospettiva, anche se è l'ultimo giorno della settimana.

Chanel si mette subito al lavoro con la macchinetta Nespresso, canticchiando l'ultimo singolo di Dua Lipa. Mi chiedo come possa essere costantemente di buon umore, perché la mia felicità è durata solo cinque minuti - il tempo di svegliarmi, uscire dal letto e arrivare in cucina. Una volta realizzata la mia giornata nella mia mente ogni residuo di eccitazione è svanito dal mio corpo.

Quando conobbi Chanel Martin, davanti a una brioche e un caffè freddo, mi stupii del suo persistente ottimismo, che la rendeva quasi snervante. Poi mi accorsi che passava un giorno sì e uno no con il ragazzo, e capii al volo la situazione. Io non ero stata così fortunata - anche se non mi ritenevo nemmeno totalmente sfigata. Insomma, me la cavavo decentemente, sotto il punto di vista "maschi". In ogni caso, il sesso sprigionava la serotonina di Chanel al massimo, facendomela invidiare soprattutto perché l'effetto resisteva per giorni interi e non solo per qualche ora come succedeva a me.

«Sebastian mi ha scritto che oggi devo allungare il turno di un paio di ore, è un problema andare a cena per le nove?», mi chiede Chanel appoggiando sul tavolo la mia tazzina di Friends con dentro del caffè lungo fumante, rigorosamente senza zucchero.

Mi accomodo sullo sgabello davanti alla mia colazione, prendendo dal contenitore in latta al centro dell'isola un biscotto integrale. «Conoscendo il mio, di capo, non so a che ora finirò di lavorare, perciò va più che bene. Sai che preferisco fare una doccia rigenerante prima di uscire, uscire dall'azienda e fare serata non sono due cose conciliabili».

La mia amica maschera una smorfia di disapprovazione dietro il suo mug, finendo in un unico sorso il cappuccino. «Non finirò mai di consigliarti di licenziarti. Sai che Seb ti accetterebbe più che volentieri come cameriera», borbotta dandomi le spalle e aprendo il getto dell'acqua per sciacquare la tazza.

«E io non finirò mai di ribadire che tutto sommato quel posto mi va bene. E non perché ho l'ufficio di fronte a quello di Alexandre», replico quando lei si volta di scatto e incurva l'angolo della bocca in un mezzo sorriso malizioso.

Sì, il mio collega potrebbe benissimo essere preso come nuovo modello di Calvin Klein, ma tra noi c'è solo amicizia. La sua attuale ragazza è carina, simpatica e non odia la sottoscritta in quanto unica donna del piano al lavoro. Il che mi rende totalmente cordiale e amichevole nei suoi confronti.

«Va bene, sto zitta. A proposito, sono le otto e venti, sono in ritardo», asserisce Chanel con fin troppa calma dopo aver controllato il cellulare. In fondo sa che Sebastian non la licenzierebbe per un misero ritardo di qualche minuto, è la sua miglior dipendente.

Io, invece, rischio di perdere il lavoro, se arrivo in ufficio anche solo cinque minuti in ritardo, perciò è meglio che mi sbrighi. «Mi lavi tu la tazzina? Ti pago la cena stasera», domando supplicante, cercando di assumere l'espressione di un cerbiatto ferito. Non sono certa del risultato, ma almeno ci provo.

Euphoria {Neymar}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora