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°*•○Oxalis Tetrafoliata○•*°
|HS|


Non è passata nemmeno una settimana da quando sono qui dentro e sono già diventato il protagonista di tutte le discussioni e le voci di corridoio.

 A quanto pare il mio colore di capelli e i miei tatuaggi hanno fatto facilmente scalpore, facendomi diventare il "teppistello" dell'ospedale.

All'inizio capivo la situazione, per i nuovi arrivati è normale essere sotto i riflettori, ma ora la cosa mi turba.

 Mentre cammino sento continuamente sguardi di sconosciuti che mi scrutano da lontano, mi sparlano alle spalle, ridono sotto i baffi. 

Quegli occhi sul mio corpo mi mettono in soggezione, mi lacerano la pelle, mi fanno sentire nudo, come se potessero vedere tutte le mie debolezze e potessero usarle per farmi del male.

Alcuni, pensando che io non possa vederli, mi puntano l'indice contro quando sono girato, come se volessero mostrare all'amico accanto una strana creatura, un fenomeno da baraccone. 

Ho persino visto ragazzini farmi delle foto.

Io, invece, cerco di nascondere le miei insicurezze sotto un sorriso falso, come ho sempre fatto. 

Non voglio che le persone mi vedano triste e moscio, non voglio peggiorare la situazione. 

Continuo a salutare felicemente chiunque mi passi accanto, soprattutto il personale medico. 

Cerco di essere neutrale nelle decisioni, non voglio mettermi nessuno contro. Anche se impossibile, voglio attirare meno attenzione.

Sono qui da appena 4 giorni, ma ho delineato delle aree rosse dell'ospedale che sono davvero pericolose per me. Tra queste ho riposto particolare attenzione alla mensa comune.

 E' un luogo molto affollato, dove è facile trovarmi al centro dell'attenzione, ma che devo visitare per forza se non voglio morire dalla fame.

 Uguale per il cortile esteriore. Le zone di pronto soccorso o limitrofe sono vietate, la visione di barelle, persone insanguinate o malate, flebo e punture riescono a far cadere la mia maschera dalla faccia, ed è quello che voglio non accada mai.

Di solito cerco di rimanere nella stanza che mi è stata assegnata, così da non avere nessuno intorno, ma ieri ho scoperto un posto perfetto dove andare nel tempo libero.

 E' un piccolo e solitario angolino del tetto, dove hanno piantato alcuni fiori e piante, ed hanno messo delle panchine. Da questa posizione è possibile vedere tutto il cortile e l'entrata della clinica.

Il terrazzo è sempre vuoto, nemmeno un visitatore, nessuno vuole passare del tempo qui, nessuno tranne me e questo ragazzino dai capelli neri e lo sguardo freddo e annoiato che mi ritrovo sempre davanti.

 Penso abbia violato il suo nascondiglio segreto, ma siamo riusciti a dividerci lo spazio secondo un patto durato il tempo di un'occhiata. Io ho l'angolo destro mentre lui il sinistro.

Da quando ho visto per la prima volta quel ragazzo sul tetto continuo a vederlo ovunque, è come se i miei occhi potessero scartare tutte le persone inutili accanto a me ed arrivare a lui.

 Come se ad un tratto spegnessero le luci e accendessero un riflettore su di lui. Incrocio sempre il suo sguardo, sembra che continui ad osservarmi, ma non come il resto della folla.

La sua fronte si corruccia spesso e la sua testa si piega a destra e a sinistra, come se avesse un dubbio che gli frulla per il cervello e non riuscisse a trovare una risposta. 

Senza nemmeno rendermene conto lo trovo nel tavolo difronte al mio o nella sedia dall'altra parte della stanza, che mangia il suo pranzo o che scarabocchia qualcosa su un quadernino. Non riesco a non notarlo, è diverso dal resto della spazzatura qui dentro. 

Ne sono sicuro.

Dopo la cena, posso finalmente uscire dalla mensa e ritornare in camera.

 Mi lavo e mi distendo sul letto. Non è ancora il momento di dormire, quindi rialzo lo schienale e accendo la lampada sul comodino, apro il cassettino inferiore e prendo la lettera che mi ha lasciato mia madre.

Il giorno in cui sono arrivato, i miei genitori mi hanno accompagnato, anzi, sono proprio loro che mi hanno costretto a rimanere chiuso qui dentro. Hanno chiuso la porta della camera dopo avermi salutato con parole dolci e augurato una buona guarigione. 

Quanto coraggio.

-"Lo sai che lo stiamo facendo per il tuo bene, quindi guarisci pesto e torna a casa. Ti aspettiamo." Disse mia madre consegnandomi una busta e varcando la soglia della stanza,

-"Non provare a farti rivedere a casa, moccioso malato..." sussurrò a denti stretti mio padre a 5 cm dalla mia faccia, poi si voltò e chiuse la porta.

Questa è l'ultima immagine che mi hanno lasciato i miei genitori della mia famiglia.

Fino ad ora non ho mai avuto il coraggio di aprire questa lettera, non volevo scoprire cosa ci fosse scritto sopra, avevo paura; ma oggi è arrivato il giorno.

 Apro la parte superiore e tiro fuori il foglio di carta, lo spiego e incomincio a leggere le prime parole.

"Caro figlio mio,

sono sempre stata in silenzio,

ma credo sia arrivato il momento di farti sapere..."

Non prevedo nulla di buono.




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@ImForsaken_  & 

°The flowering of a dream°Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora