Le settimane seguenti furono piuttosto tranquille, ad eccezione dell'ultima, quella che ci divideva dalle vacanze autunnali tanto attese.
L'amicizia fra me e Noora stava andando bene, forse così bene che mi chiesi se sarebbe durata, questa cosa fra me e lei.
«Davvero pensavi fosse tutta una scemenza?» Chiese Noora, quasi sbalordita dal fatto che, anni prima, non credessi all'esistenza del nostro Sistema Solare. Stava ridendo come una bambina, poggiando la sua schiena contro la mia spalla.
Fece ridere anche me. Per la prima volta nella vita, avere qualcuno con cui ridere e parlare del mio passato mi stava facendo bene e stava riparando delle crepe nel mio cuore che pensavo fossero irreparabili. Noora stava diventando pian piano ancor più importante di quanto non lo fosse già, un tassello della mia vita che stava facendo ricongiungere i miei sentimenti e la mia anima. Non mi ero mai sentita in quel modo. Mai e poi mai avrei pensato di finire a parlare con la famosa Noora, che mi aveva sempre incuriosita, fino a distenderci ogni giorno sull'erba del cortile della scuola, a parlare di stupidaggini che avevamo fatto o detto o creduto. Le nostre risate scomparirono solo quando io notai l'avanza di Davis, assieme ai suoi amici. «Cazzo.» Sussurrai.
Noora si alzò immediatamente, io la seguii. «Che cosa vuoi?» Chiese immediatamente lei, con un tono poco gentile.
Davis, prima di tutto, la osservò. Quel suo sguardo, però, non mi piacque. Sembrò pensare a quante cose avessero fatto insieme, magari in una notte d'estate, in una camera calda, i loro corpi diventati uno. Poi, ghignò e incrociò le braccia. «Hey, calma. Non sono qui per te.»
Quella frase mi fece gelare.
Noora alzò le spalle. «Bene, sei qui per Anaïs. Che cosa vuoi da lei?» Il modo in cui mi stava proteggendo, seppure non ce ne fosse bisogno, rispecchiava al meglio quello che ero diventata per lei. Qualcuno di importante, qualcuno da proteggere a tutti i costi.
Davis alzò gli occhi al cielo e si voltò verso i suoi amici, facendo segno loro di allontanarsi.
Deglutii.
Noora anche sembrò cogliere la stranezza, perché si irrigidì.
«Lo so a che gioco stai giocando, Noora.» Mormorò, avvicinandosi a lei.
Noora non fece una piega.
«Ma tu non sei quella che tu pensi.» Le prese le mani e le posò sul suo petto. «Tu sai quello che vuoi.»
Noora indietreggiò, con scarsi risultati. «Lasciami stare.» Gli ringhiò.
«Ricordi quanto ci siamo divertiti, vero? Non puoi lasciare tutto ciò nel dimenticatoio, Noora.»
Avevo aggrottato la fronte. Che cosa stava insinuando?
«Lasciami andare!» Esclamò lei.
Davis non l'ascoltò. Corse a guardarmi, però. Prese una mano di Noora e la fece scorrere sul suo dorso, fino ad arrivare sull'orlo dei suoi pantaloni. «Non potrai mai averlo se...»
Fu un attimo. La rabbia mi scoppiò nelle vene ed avanzai fino a spingerlo via da Noora. Non fu un granché, quella spinta, ma almeno si allontanò da Noora, la quale rimase a fissarlo con un'espressione sconvolta, quasi non riuscisse a credere che il ragazzo avesse fatto una cosa del genere in pubblico, davanti a me.
«Mi hai appena toccato?» Scattò a chiedere Davis, come se l'avessi ferito profondamente e si volesse vendicare.
La parte che preferivo di me stessa - di quelle poche parti che preferivo - era quella che non aveva paura di Davis o della sua fama, che poteva andare anche a farsi fottere. Non aveva alcun potere su di me. Lo odiavo. Lo odiavo immensamente, ora ancor di più. «Ho per caso distrutto la tua mascolinità, con il mio tocco?» Ghignai. «Tranquillo, non la possiedi. Non c'è alcun pericolo.»
Davis digrignò i denti e mi prese di forza un polso. Lo strinse forte.
Trattenni il fiato, guardai la sua presa su di me, per poi ghignare ancora. «Cosa vorresti farmi, eh? Rompermi il polso?»
Davis lo piegò leggermente verso il basso.
Per il dolore, gemetti.
«Vorrei soltanto ricordarti che tua madre rimane rinchiusa lì dentro.» Sussurrò, in modo che ascoltassi solo io. Avvicinò il suo volto a me. «E non potrai mai cambiare le cose, piccola stronzetta.»
Quel suo modo di ricordare com'era la mia vita mi fece arrabbiare. Misi tutta la forza che avevo, tutta l'energia che potessi ricevere da quella rabbia incontrollabile. Spinsi via il mio polso dalla sua presa e lo spinsi ancora. Non dissi una parola, non dissi niente: cominciai a prenderlo a pugni, non riuscendo a beccare la sua faccia a causa dei suoi riflessi veloci. Non volevo che Davis usasse la mia più grande debolezza contro di me. Non aveva alcun diritto di farlo. Probabilmente non gli stavo procurando niente se non un debole solletico, perché neanche mi scansò: assunse un ennesimo ghignò sulla sua faccia e mi lasciò fare.
Noora mi prese per le spalle e mi fece indietreggiare fino a quando non gli fui abbastanza lontano da non desiderarlo totalmente morto.
Davis fissò Noora, poi me. Non vi era più quel suo sorrisetto, ma un sorriso nervoso, quasi teso. «Dimmi che non mi hai lasciato per stare con lei.» Mormorò poi Davis, con un filo di voce, come se ad un certo punto il suo cuore si fosse spezzato. «Dimmi che sei la solita Noora che ho conosciuto.»
Noora mise pressione sulle mie spalle.
Avevo aggrottato la fronte, ma tenevo la guardia ancora alta.
«Dimmelo, Noora.»
«Sei uno stronzo.» Gli rispose, semplicemente, con la sua solita nonchalance nel dire la verità. «È tutto ciò che posso dirti.»
Davis alzò gli occhi al cielo. «Bene.» Si toccò il collo. Si voltò e ci lasciò da sole.
Mi allontanai d'impulso da Noora. Tutto quello che aveva detto Davis non aveva alcun senso, o almeno per il momento no.
«Non devi credere a tutto quello che ha detto.» Disse, come se volesse farmi sentire meglio.
Socchiusi gli occhi, li strizzai. Sentii il mio cuore andare in frantumi. «Perché non gli hai risposto?» Le chiesi subito dopo, implorandola con lo sguardo di farlo ora.
Avevo bisogno che mi dicesse che l'aveva fatto, aveva lasciato Davis perché provava lo stesso per me, perché provava quel sentimento che entrambe avevamo cercato di seppellire con scarsi risultati. Avevo bisogno che me lo dicesse forte e chiaro, perché io ero lì, di fronte a lei, pronta a ricevere una notizia che avrebbe potuto cambiare le nostre vite. Ero lì, ferma come una statua, come per dire 'Ti prego, di' qualcosa, qualunque cosa. Sono qui, che attendo con ansia una tua risposta che possa soddisfare le mie aspettative. Mi piaci, Noora. Mi piaci dannatamente tanto che non so neanch'io cosa voglia dire. Di' quello che vuoi, qualsiasi cosa che possa eludere a ciò che c'è tra noi. Perché c'è qualcosa. Magari la stessa gravità che tiene ancorati i pianeti, magari qualcosa che ha a che fare con la chimica. Qualunque cosa. Ma, ti prego, non lasciarmi con il fiato sospeso perché potrei morire'.
«Sai perché non ho risposto.» Disse, tenendo il suo sguardo di ferro su di me.
«No, non lo so.» Finsi io, con l'adrenalina che sembrava esplodermi da ogni poro della pelle. Avanzai. «Dimmelo tu.»
Noora si lisciò le labbra e distolse lo sguardo, per poi tornare a guardarmi, con le braccia incrociate. «Vuoi farmi male?» Insinuò, ad un certo punto.
Aggrottai all'improvviso la fronte. «Che cosa?»
Noora alzò le sopracciglia. «Pensi che sia colpa mia se Davis ti tratta in quel modo, non è vero?»
«Che? No!» Le risposi. Perché la conversazione stava prendendo quella piega?
Noora mi restò a guardare, fino a quando non mi superò e mi lasciò da sola, a contemplare le sue parole, quelle di Davis, le mie.
Era davvero così disperata da inventarsi tutto pur di difendere se stessa e i suoi sentimenti?

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Nel tuo disordine
Teen Fiction'Mi obbligò a guardarla profondamente negli occhi. Me li sentii dentro, in un instante. «Fammi spazio nel tuo disordine, Anaïs.» Sussurrò con un filo di voce, come se neanche avesse detto quelle parole. Venni completamente e totalmente balzata fuori...