06. Kiss me, you fool

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Io e Noora non ci parlammo per molto. Fu, appunto, una settimana orribile data dal fatto che lei mi evitò ed io non feci nulla per impedirle di farlo; le stavo lasciando tempo per pensare indirettamente a me, alle maledette parole che erano risuonate nell'aria quel giorno, a ciò che era, a ciò che poteva capire anche senza il mio aiuto o l'aiuto degli altri. Ebbi, però, la possibilità di passare del tempo con Louis, a parlare d'arte e di varie mostre a cui era stato e alle quali sarebbe andato proprio quell'ultimo giorno di scuola.
«Vorresti venire con me?» Mi chiese con premura, una volta posata la sua tela e riposto le sue cose nella sua valigetta. «Se vuoi.» Aggiunse poi, pensandoci, arrossendo un po'.
Non era il rossore che riconoscevo sulla mia faccia quando vedevo Noora o quando mi parlava: era il tipico rossore da amico che non voleva farti pensare a nient'altro se non ad una condivisione di qualcosa che gli stava a cuore, ad un pomeriggio insieme a vedere dei dipinti, qualcosa di cui parlare per il resto dell'anno scolastico. Così, ci ritrovammo al Musée des Beaux-arts - a qualche chilometro di distanza dalla nostra scuola superiore - a passeggiare lentamente tra una galleria ed un'altra, intenti ad osservare ogni minimo particolare di quei dipinti che riuscivano a scaturire nella tua mente l'angoscia, la spensieratezza, la passione, l'amore.
Louis, ad un certo punto, si fermò ad osservare una statua piuttosto particolare, una statua che mi fece riflettere.
«Sembra così reale, non è vero?» Sussurrò Louis accanto a me, osservandola con occhi critici.
Incrociai le braccia, osservandola. Al primo impatto, sembrò come ricordarmi una persona malata, seduta sulla sua vecchia sedia di sempre, con un cuscino comodo dietro la testa il quale, però, non si sopporta più, e la compostezza persa durante gli anni. Dai tratti sofferenti e quasi stanchi, vi era una persona esausta di lottare, di aspettare, come se avesse aspettato tutta la vita per una cosa che non era mai arrivata. Era un uomo, o una donna anziana dai capelli corti; il suo genere, però, non cambiava ciò che stavo provando.
Avrei fatto anche io la stessa fine della statua? Mi sarei ammalata per colpa della sofferenza / causa della persona che ero sicura di amare e di volere? Mi sarei sentita anche io così vuota, così spenta da non voler più avere a che fare con i miei sentimenti e le mie emozioni?
«Tutto okay?» Mi chiese ad un certo punto Louis, posandomi una mano sulla spalla.
Scossi la testa e annuii velocemente, facendo correre lo sguardo da lui alla statua. «Stavo solo pensando...» Serrai le labbra, senza guardarlo negli occhi. «Se due persone provano gli stessi sentimenti... troveranno un modo per congiungersi? O tu sei un tipo che...»
Louis aveva abbozzato quel suo sorriso da Io so tutto. «Stai parlando di Noora?»
Spalancai gli occhi, quasi mi strozzai con la saliva. «C-Che?»
Louis alzò un sopracciglio. «Anaïs, secondo te non mi sono accorto di niente? Passate molto tempo insieme e ho fatto caso al tuo sguardo, quando la guardi.» Ridacchiò. «Comunque sia, se provate la stessa cosa, troverete un modo per congiungervi. E si, ho qualche esperienza in consigli d'amore.» Rispose, allora.
Tornai a guardare la statua. «Sei mai stato innamorato?» Gli chiesi allora, con un tono così basso che non seppi se mi avesse sentita o meno.
Louis fece una smorfia, come se stesse pensando. Poi, con un respiro profondo, scosse la testa. «Credo di non aver mai provato nulla di quello che provi tu per lei.» Mi rispose, con tono piatto, quasi amaro. «Non reprimere quello che provi, Anaïs. Potrebbe durare per poco o durare per sempre.» Corse a guardarmi. «Non aver paura di quello che sei, davvero. È okay.»
Le mie labbra si allargarono immediatamente davanti quelle splendide parole che mi fecero solo bene. Inoltre, non avevo mai pensato a quello che fossi davvero, se fossi qualcosa. Non volevo etichettarmi, per me non esistevano modi per definire la sessualità di una persona. Finché si trattava di amore, non c'erano etichette. Ed io, seppure consapevole, non volevo definirmi in nessun altro modo se non come Anaïs. «Grazie, Louis.»

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Era quasi ora di andare a letto quando mia zia mi chiamò dal piano terra, a gran voce.
Mi precipitai immediatamente sulle scale, fino a fare un enorme salto sull'ultima rampa perché pensavo che fosse successo qualcosa a zia Félicité. Quando, però, vidi Noora sulla soglia della porta accanto a lei, che la stava invitando ad entrare, il mio cuore si fermò.
«Come hai fatto a trovarmi?» La domanda risultò così tanto personale, come un 'perché ci hai messo così tanto a trovarmi?' che arrossii a causa della presenza di mia zia.
Lei, infatti, unì le mani e, una volta salutato Noora, andò in salotto. Una volta che fu fuori dalla questione, con fare quasi infastidito, avanzai verso di lei. «Perché sei qui?»
Noora si mise le mani in tasca e restò a guardarmi, come se volesse dirmi qualcosa ma non trovasse le parole. «Non parliamo da giorni.» Rispose soltanto.
Voltai le spalle e le dissi di seguirmi. Tornammo in camera, salendo silenziosamente le scale. Fu la prima volta che mi resi conto quante scale ci fossero nella mia casa. Il suo silenzio era una pugnalata alla schiena e avrei voluto che dicesse qualcosa, qualunque cosa le passasse per la mente. 'Mi hai uccisa' avrei voluto dire io. 'Mi hai uccisa con il tuo silenzio e solo ora torni da me?'
Aprii la porta della stanza e vi entrai dentro, lasciando che lei chiudesse la porta. In sua presenza, capitava sempre che fossi nervosa, ma quella volta fu come se il mio cuore stesse realmente scoppiando e avesse realmente l'intenzione di uscirmi fuori dal petto e saltellare via. Quando mi voltai verso di lei, però, fu come se la luna mi avesse voluto dare un segno: i suoi capelli neri brillavano sotto il suo chiarore e mi risultò difficile potermi concentrate solo su di me e sul mio controllo. Feci per andare ad accendere la luce, ma lei mi bloccò il polso. Scattai a guardarla. Sperai che non si accorgesse della mia rigidità.
«Va bene così.» Sussurrò, prima di osservarmi le labbra, avvicinarsi a me e posare le sue, di labbra, sulle mie.
Mi irrigidii come una statua. Avevo sempre pensato a quel bacio, mi ero sempre chiesta a come sarebbe stato il mio primo bacio, a chi l'avrei dato, come sarebbe stato. Noora era stata il mio primo desiderio, la prima persona che avevo desiderato baciare con tutta me stessa. Le sue labbra sulle mie significarono tanto, all'improvviso. Mi lasciai andare, allora. Le mie mani, come avevano sempre voluto fare, si nascosero tra i suoi capelli e il mio corpo si posò totalmente contro il suo, come se desiderasse accoppiarsi e finirla lì per sempre. Le braccia di Noora mi strinsero forte, la sua superiorità che avvolse la mia inferiorità. Fu un bacio fuggente, violento, segreto.
Lei voleva quel bacio da chissà quanto tempo, io lo avevo sempre bramato.
Noora mi spinse verso il letto e persi l'equilibrio quando la mia gamba incontrò i piedi di esso. Caddi sul materasso, facendomi scappare dalle labbra un piccolo urlo soffocato.
Noora si allontanò dalle mie labbra per scoppiare a ridere. Lo feci anch'io, ma la spinsi sopra di me e tornai a baciarla. Aveva le labbra così gonfie che il solo pensiero che fossi stata io l'artefice di tutto ciò mi fece sognare. Mi toccò le braccia, i fianchi, le cosce. Ogni suo tocco sembrava un passo verso il paradiso. Mi sentivo in cielo, a ballare tra le stelle, la luna e i pianeti. Mugugnai quando mi baciò il collo. Lo tirai indietro, contro il materasso, così da sentire il suo respiro sulla mia pelle.
Poi, fu lei a tirarsi indietro, con lentezza, però. «Non ti senti obbligata, vero?» Chiese in un sussurro, quasi contro le mie labbra. I suoi occhi nocciola erano lucidi, ma non per il pianto.
Aggrottai la fronte e sorrisi nervosamente. «Perché dovrei sentirmi obbligata?» Le toccai le labbra e gliele fissai. «Noora, mi piaci.» Mi feci scappare.
Allungata sotto di lei, fissando i suoi occhi, pregai chiunque ci stesse ascoltando - e chiunque fosse consapevole di ciò che stava succedendo - che Noora dicesse lo stesso, che le piacessi anch'io come piaceva a me, che non potevo vivere con quel rancore dentro se lei non avesse detto niente del genere.
«Mi piaci anche tu, Anaïs.» Il modo in cui lo disse fu così certo, così consapevole, così determinato che la baciai. E lei baciò me.
Dopo quella piccola conferma, mi lasciai spogliare dalle sue mani calde e lei si lasciò fare lo stesso. Concludemmo con il restare in intimo, dopo tocchi e baci ovunque. Ci eravamo infilate sotto le coperte e Noora, ora, mi cingeva le spalle, mentre entrambe guardavamo le stelle dal lucernario.
«È bellissimo.» Commentò.
Annuii. «Già.»
Ad un tratto, ebbi paura di annoiarla, di infastidirla con il mio silenzio, di innervosirla, di imbarazzarla. Ero spaventata, quasi confusa, perché nessuno mi aveva mai toccata prima di allora come mi aveva toccata Noora e nessuno mi aveva mai detto quello che mi aveva detto Noora. Quella sera era passata così in fretta che non mi ero neanche accorta delle conseguenze, di quello che, inconsapevolmente, avevamo fatto.
«Ti stai pentendo, non è vero?» Disse lei.
Tornai a guardare il cielo con chiarezza. «Non mi sto pentendo.» La rassicurai. «Tu sai chi sei, Noora?» Le chiesi ad un certo punto, allontanandomi un po' da lei per sorreggermi sui gomiti per osservare il suo sguardo confuso.
«Che vuoi dire?»
Inclinai la testa verso il lucernario. «Attrazione, desiderio, amore.» Feci una pausa. «Non so cosa pensare di me.»
Noora sorrise nervosamente. «Sei confusa?»
«Tu cosa vuoi?»
Noora mi guardò per un secondo, prima di riavvicinarsi a me e posare le sue labbra sul mio petto.
Trattenni il fiato quando lo fece.
«Voglio te, dannazione.» Sussurrò. «Non è sbagliato, o pensi che lo sia?»
Scossi velocemente la testa, sperando che mi baciasse di nuovo come aveva appena fatto. «È un problema se ti dicessi che ho bisogno di tempo?»
Noora rimase a pensarci, senza distogliere lo sguardo da me. Posò una mano sulla mia guancia. «Tutto il tempo che ti serve, Anaïs.»
Le sorrisi, ringraziandola.
Passammo quell'intera notte sdraiate sul mio letto e pensai che mai, in tutta la mia vita, mi ero sentita così bene.

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