07. Like panic

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Dopo le vacanze autunnali, a scuola, sembrò tutto totalmente diverso. Non vi era più il grigio perenne che percepivo ogni volta che camminavo per i corridoi e l'aria che si respirava era più leggera e fresca. Con Noora al mio fianco, le lezioni sembravano passare così velocemente che, ad un certo punto, mi sembrò perfino che il tempo volasse nel vero senso della parola.
«Perciò ora state insieme.» Osservò Louis appena mi vide entrare in classe dopo aver salutato Noora con un sorriso timido. «Piuttosto carine.» Commentò, dopo.
Entrammo in aula nonostante mancassero ancora venti minuti all'inizio della lezione.
Gli feci abbassare la voce ugualmente e, prendendolo per un braccio, lo portai davanti la sua tela da disegno. «Non dirlo ad alta voce!» Lo sgridai. Non credevo di potermi abituare a parlare delle mie relazioni con persone secondarie. Ciò che si era creato fra me e Noora non lo capivo, ancora, perciò mi sentii abbastanza persa in un labirinto che avrei dovuto conoscere bene, invece.
Louis alzò le mani in segno di difesa. «Okay, non lo farò.» Commentò, prima di immergere un pennello nell'acqua per poter usare gli acquerelli. «Però devo dire che hai seguito il mio consiglio, ovvero di non reprimere i tuoi sentimenti. Sono davvero fiero, dato che nessuno lo fa mai.» Alzò gli occhi come se stesse pensando. «In realtà, nessuno mi chiede mai dei consigli.» Mormorò.
Gli sorrisi con complicità e con compassione. Il solo fatto che mi avesse spronata a non lasciare andare i miei sentimenti, mi portò a pensare che, in realtà, non ero mai stata poi sempre così sola come pensavo: Louis, seppure non fosse un intimo amico, mi era accanto da sempre e non lo avevo mai realizzato se non in quel momento. Mi allontanai allora dalla mia tela e lo abbracciai. In qualche modo, sapevo che servisse anche a lui una spinta emotiva, un qualcosa che lo facesse sentire più al sicuro, più al suo posto.
«Grazie, Louis.» Sussurrai io, sentendo lui che mi stringeva a sua volta.
Non volli un prego da parte sua, o un di niente. Ero a posto così. Nessuna parola, nessun'altra azione. Un abbraccio e un silenzio che parlava da sé.
Qualcuno, però, spezzò la magia, schiarendosi la gola ed entrando in aula: era Davis.
Io e Louis ci divincolammo l'uno dall'altra.
«Mi aspettavo di vedere due amichetti sfigati che ridessero alle loro stupide battute, non due piccioncini che si sbaciucchiassero nell'aula d'arte.» Ghignò, incrociando le braccia.
Presi un bel respiro per non mettergli le mani addosso. «Non ci stavamo sbaciucchiando. Siamo amici.»
Davis fece un segno con la mano, come se non gli interessasse di niente. «La solita scusa.»
Louis si fece avanti. «Che cosa vuoi?»
Davis corse a guardarlo, ampliando quel maledetto sorrisetto. «Sono venuto qui con l'intento di invitare la cara Anaïs ad un campeggio, nel Martignas-sur-Jalle, questo fine settimana. I miei genitori possiedono una casa, lì, perciò...» Fece una pausa. «Ma dato che Anaïs non è da sola in aula, mi sembrerebbe sgarbato non invitare anche il suo ragazzo.»
«Non è il mio ragazzo!» Scattai a correggerlo. Frenai la mia lingua quel poco che potei per non farmi scappare niente di niente. Avrei tanto voluto confessargli che provavo qualcosa per Noora e che questo qualcosa era reciproco, avrei voluto vedere il suo ghigno svanire sulla sua faccia come era successo poche settimane prima in cortile, avrei voluto tanto dirgli che il suo incubo si era avverato e che non c'era nulla che lui potesse fare per impedirlo... ma non volevo rovinare la vita di Noora e neanche la mia. Se avessi rivelato a Davis quel segreto che tenevamo costudito io, lei ed ora anche Louis, la scuola sarebbe rimasta scioccata e avremmo avuto tutti contro, ne ero certa. Perciò, frenai la mia lingua, ancora e ancora.
«Beh, lo invito ugualmente.» Mi fece l'occhiolino. «Ringraziami più tardi.» Girò sui tacchi e si fermò sulla soglia della porta. «Oh, non ti preoccupare se non conosci la zona. Ci sarà probabilmente anche Noora.» Fece un ultimo ghigno e sparì dalla circolazione per l'intera giornata.
Mi salì una rabbia immane lungo tutto il corpo.
Louis tentò di toccarmi una spalla ma lo scacciai, con un urlo soffocato.
«Lo odio.» Ringhiai, prendendomi tra le mani i capelli. «Scommetto che lo andrà a dire a Noora.»
Louis spalancò gli occhi. «Lui lo sa?»
Scossi velocemente la testa. «No, cioè... si. Non lo so! Credo che l'abbia inteso.» Gli spiegai l'accaduto. «Tu credi che lo dirà a Noora?»
Louis aveva contratto la faccia. «Se ancora ama Noora ed è ancora convinto che tu gliel'abbia portata via, fidati di me: non te la farà passare liscia. Conosco Davis da molti anni.» Mi rispose, nonostante sapesse quanto mi avrebbe fatto preoccupare quella sua risposta. «Mi dispiace... non avremmo dovuto...»
Corsi a guardarlo. «Hey, scherzi? Era un abbraccio! Gli amici si abbracciano costantemente!» Tentai di sorridere. «Risolverò questa cosa con Davis prima che sia troppo tardi.»

***

Cercai Davis ovunque, quel giorno, senza, però, trovarlo. Mi chiesi dove si fosse cacciato.
Avevo incontrato, poi, Noora, durante la mia ricerca e sembrava contenta all'idea di andare con me a quello stupido campeggio. Avevo provato più volte a convincerla che potevamo rimanere a casa mia per quel fine settimana, solo io e lei, evidenziando anche il fatto che non conoscessi nessuno e che la sua ex-compagnia non faceva al caso mio, che mi sarei sentita un'estranea. Però, in qualche modo, Noora mi convinse di smetterla di preoccuparmi, di partecipare, che non sarebbe accaduto niente di male e di scordarmi di Davis e della sua scenata. Non le dissi nulla di quello che era successo nell'aula d'arte.
Così, assonnata e ansiosa nello stesso momento, mi ritrovai su uno dei tanti autobus desertici che portavano fuori città, dopo aver riempito il mio borsone di cappotti, sciarpe, cappelli e cibo. Noora sedeva accanto a me e non smetteva di sorridermi ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi. Mi strinse una mano.
Mi accucciai a lei. Era così bello quando ci trovavamo da sole, su uno dei tanti autobus della città; quando nessuno era intorno a noi e potevamo finalmente essere Anaïs e Noora, due ragazze che pensavano di amarsi o che pensavano di sapere cosa fosse l'amore. Ad oscurare la mia felicità, però, fu di nuovo Davis e il suo ghigno malefico che non augurava nulla di buono. Perché ero così spaventata da lui? Non bastava negare l'evidenza? No... Davis non me l'avrebbe permesso; avrebbe fatto di tutto pur di farsi credere e gettare me nel torto. Ma la vera domanda era: Noora avrebbe creduto a lui o a me?
«Ti vedo abbastanza preoccupata, Anaïs. Che cosa c'è che non va?» Mi chiese Noora, alzandomi il volto dal mento.
Scossi la testa, cercando di sembrare piuttosto spensierata. «Nulla, perché?»
Noora alzò le sopracciglia. «Anaïs?»
Fissai i suoi occhi marroni per qualche secondo, poi le sue labbra e infine le nostre mani intrecciate. Se non le avessi detto niente io, per prima, e l'avesse fatto Davis, invece, avrei rischiato di perderla ed io non volevo perderla. Preferivo morire pur di vivere un'ennesima vita senza il suo tocco o i suoi baci. «Noora...» Sospirai, con il cuore a mille. E se avesse reagito male? «Davis ha visto me e Louis mentre ci abbracciavamo.» Feci una pausa, socchiudendo gli occhi. Ero pronta al peggio.
Dietro le palpebre semichiuse, però, c'era solo silenzio, perciò le riaprii di scatto.
Noora continuava a guardarmi, come se stesse aspettando dell'altro. Infatti, mi incalzò: «E...?»
«Ha pensato che ci stessimo baciando.»
Noora spalancò gli occhi.
«Ma ci stavamo solo abbracciando! Perciò ho pensato che questo fine settimana sarebbe stato la mia rovina perché avrebbe rivelato qualcosa a tutti o magari solo a te, mettendomi sotto gli occhi di tutti ed io odio essere messa sotto gli occhi di tutti.» Presi un bel respiro. «Non volevo venire per questo motivo, perché avevo paura che lui avrebbe rivelato tutta questa falsa storia solo per farti del male, per farci del male. Avrei dovuto dirtelo prima, lo so, e mi dispiace.» Aspettai una sua reazione, una qualunque reazione perché non sapevo più dove parare in quel momento. Ero nel panico più totale, un panico che non mi stava facendo sentire molto bene.
Noora, però, sorrise e ridacchiò, prima di accostare il suo volto al mio e baciarmi.
Non capii il suo gesto, ma accettai ugualmente quel bacio. Mi piaceva sempre di più quando lo faceva. «Non sei arrabbiata?» Le sussurrai dopo che le nostre labbra si staccarono l'una dall'altra.
Noora scosse lentamente la testa, strofinando il suo naso sul mio. «Perché dovrei esserlo? È stato un semplice abbraccio e, poi, ti credo. Non crederei mai a quel buffone.» Mi cinse le spalle con un suo braccio. «Sembravi una bambina, comunque. Eri suo punto di esplodere in lacrime.»
La guardai male e misi il broncio.
La feci ridere ancora di più e mi strinse a sé. Lo feci anche io, posando una mia gamba sulle sue. La strinsi.
«Non voglio perderti.» Mi lamentai io, in un sussurro strozzato.
Noora mi diede un altro bacio, sulla fronte stavolta. «E non succederà.»

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