Capitolo 20

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Nonostante il mio rifiuto verso di lui e verso i suoi sentimenti, Filippo mi accompagnò lo stesso fino a fuori la porta della mia stanza quando tornammo a Roma a notte inoltrata.

Mi prese le valigie del viaggio e si preoccupò di entrarle dentro e io gli dissi che non ce n'era bisogno e che avrebbe potuto anche lasciarle direttamente accanto la porta.

Glielo dissi perché più vedevo lui e tutti quei piccoli gesti che mi rivolgeva, e più mi rendevo conto che io, uno come Filippo, non me lo meritavo.
Non me lo meritavo proprio.

Senza dire altro o perdere tempo, lasciò le valigie dove gli avevo chiesto e mi diede una buonanotte frettolosa, ma prima che potesse realmente uscire dalla stanza gli afferrai un polso, costringendolo a voltarsi nuovamente verso di me.

E lui si girò, ma non mi passò inosservato il fatto che continuasse a guardare continuamente dietro di me solo per non guardarmi negli occhi.

"P-puoi.. uhm, rimanere qui con me per fumare una sigaretta o bere qualcosa?" Glielo chiesi lo stesso, nonostante sapessi che questa cosa avrebbe potuto ferirlo o turbarlo.

Glielo chiesi perché dovevo capire cosa gli passasse per la testa e come si sentisse ora nei miei confronti;
perché io non lo sapevo più come sentirmi nei suoi, né sapevo tantomeno come comportarmi con lui adesso.

Avrei dovuto ignorarlo o continuare a parlargli come se non fosse mai successo niente? E se avessi continuato a parlargli e a comportarmi con lui come se nulla fosse successo l'avrei solo ferito di più, lo sapevo, ma quello che non sapevo era cosa dovessi fare ora perché io non mi ci volevo allontanare proprio per nulla da Filippo. Io non lo volevo perdere.

"No Mia, io non voglio-"

"Ti prego Filippo, voglio soltanto stare con te per un po'. Per favore." Lo interruppi e non mi preoccupai di quanto la mia voce fosse disperata.
"Per favore."

Ma Filippo, dal canto suo, continuò a negare con la testa senza ancora dirmi una parola. "Buonanotte, Mia."

Stavo per parlare di nuovo, ma quando si avvicinò a me e pressò le sue morbidissime labbra sulla mia fronte, avrei solamente preferito che non lo avesse fatto.

Non perché non volessi sentire la sua pelle a contatto con la mia, ma per il semplice fatto che il senso di colpa cresceva in me più frettolosamente di quanto avessi sperato, e, francamente, non mi ci volevo sentire così una merda solo perché non ricambiavo i suoi sentimenti.

Eppure, mi ci sentivo lo stesso.

Le sue labbra indugiarono su di me per non so quanto tempo, ma le sue mani non mi sfiorarono né il viso né i capelli - com'era suo solito fare-, né nient'altro.

Per quanto le sue labbra potessero essere bollenti, quel bacio risultò tanto freddo fin dal primo momento in cui me lo diede.

Quando si staccò e mi rivolse un ultimo sguardo, una scarica di adrenalina percorse la mia spina dorsale.

Ancora una volta, Filippo non mi disse niente prima di andare via e quando chiusi la porta dietro le sue spalle ricordo perfettamente il momento in cui strisciai la schiena contro il legno della porta e iniziai a singhiozzare con la testa tra le ginocchia.

E se, - per tutta la durata della notte e per la seguente mattinata -, non ero riuscita a dormire né tantomeno a trovare un attimo di pace per tutte le domande che mi affollavano la testa, non dovetti più preoccuparmi di che atteggiamento adottare con Filippo d'ora in avanti, perché ci pensò lui per entrambi.

𝐈𝐋 𝐑𝐀𝐆𝐀𝐙𝐙𝐎 𝐃𝐈 𝐏𝐈𝐔𝐌𝐄 [IRAMA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora