Capitolo 22

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Annuii alle sue parole, e mi avvicinai per sedermi sul letto di fronte a lui.

Incrociai le gambe, e non potei evitare di sentirmi un po' a disagio quando percepii Filippo fissarmi mentre pizzicavo i piccoli batuffoli sui miei calzini, solo per non guardarlo in viso.

"Preferirei che tu mi guardassi, Mia." Il suo sussurro sputava praticamente veleno mentre incominciava già ad agitarsi sul letto. "Non penso sia così difficile o che io ti faccia tanto schifo da non poterlo fare."

beh, se già partivamo così avrei davvero voluto sapere cosa saremo riusciti a chiarire alla fine di questa cosa.

Sempre se saremo riusciti a chiarire qualcosa.

Smisi di punzecchiare la pallina di cotone non appena me lo chiese e sospirai per sbollire un po' di tensione.

"Non dire queste cose Fil, per favore. Non l'ho mai detto." Scossi la testa e lo accontentai. "Sai bene che non mi fai schifo proprio per niente."

Come su sua richiesta, i miei occhi si inchiodarono ai suoi e non appena le sue iridi si strinsero solamente a due fessure, una scia di brividi mi percorse la schiena.

"Niente Fil, Filo o come cavolo ti pare. Il mio nome è Filippo." mi corresse subito il moro, mettendo ben in chiaro che non voleva essere chiamato in nessun altro modo da me, se non con il suo nome completo. Ahia.
"Ma sono sicuro che tu lo sappia già abbastanza bene da sola come mi chiamo, non è così Mia?" e allora, il suo sguardo sembrò voler perforarmi l'anima.

Com'è che ci eravamo finiti in questa situazione? Da quasi fratelli a quasi sconosciuti?

"Senti, Filippo." mi assicurai bene di marcare il suo nome e di farglielo sentire. Forse solo per dimostrarmi più forte di lui, ma non servì a molto.

Fil, di fatti, non annuì contrariamente da come mi aspettassi. Non disse o fece niente.
Continuava solo a guardarmi per sentire cosa avevo da dirgli ora, non gliene fregava proprio niente del modo in cui l'avevo marcato, il suo nome.

Ma io cosa avevo veramente da dirgli? Cosa avevo da offrirgli, ad un ragazzo come lui?

Liberai un sospiro - che non sapevo stessi trattenendo fino ad allora - e scossi leggermente la testa prima di riprendere a parlare.
Dovevo calmarmi, dovevo solo riuscire a calmarmi.

"So che sei arrabbiato con me, okay? Me l'hai reso chiaro in più di un'occasione e ne hai tutto il diritto, ma non c'è bisogno che continui a farlo.
Che continui a sottolinearlo, intendo." Lo guardai, e il suo sguardo era ancora lì. Incollato su di me, freddo e impassibile.

In tanti anni, non penso di averlo mai visto guardarmi con uno sguardo tanto compassionevole. Deglutii.
"E non c'è nemmeno bisogno di utilizzare tutto questo vittimismo con me soltanto perchè io non provo quello che invece tu-"
Ma non potetti finire ciò che avevo da dire, perché Filo non mi permise più di aprir bocca.

"Vittimismo? Vittimismo?" Sbraitò con le mani al cielo, e io potetti solo pregare che tutti gli altri continuassero ad essere in palestra.
"Ma ti senti quando parli, Mia? Sei ridicola. Mi hai capito?" Ripeté ancora una volta, e io potetti solo far finta di incassare il colpo che apparentemente non mi avrebbe fatto così tanto male come in realtà aveva fatto, eccome.

Oramai nessuno dei due era più seduto, e non credo nemmeno che si potesse più continuare o riprendere a parlare con calma.
Pure se finta, ma almeno quella calma ci aveva permesso di non continuare a sbranarci l'un l'altra, anche se per poco.

"Sì. Sì che ti ho sentito Filippo, Ma sai cosa? Non m'importa. Non mi interessa proprio niente di quello che dici o che pensi di me." Non mi ero accorta di essere tanto vicina al suo corpo, fin quando il dito che gli avevo puntato contro non gli toccò il petto. "E diavolo, non vedi che non riusciamo più ad avere una fottuta conversazione civile solo perché tu non sai più fare altro che non sia urlarmi addosso come un pazzo sclerotico?"

𝐈𝐋 𝐑𝐀𝐆𝐀𝐙𝐙𝐎 𝐃𝐈 𝐏𝐈𝐔𝐌𝐄 [IRAMA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora