Vienna

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*La stessa notte*

Aveva detto che i dolori sarebbero peggiorati il giorno dopo, ma erano appena le due del mattino e i dolori erano quasi insopportabili.

Avevo provato a mettere la gambe in aria, mi ero stesa per terra sperando che la schiena mi lasciasse vivere, ma niente, avevo provato di tutto, ma non riuscivo a chiudere occhio per via di tutti i muscoli indolenziti.

Mi alzai dal letto, camminando come un pezzo di latta fino al bagno, e una volta uscita di lì provai a camminare su e giù per il corridoio, magari camminando il dolore sarebbe diminuito, ma ancora una volta mi sbagliavo. Seriamente, rischiavo di diventare matta per quanto dolore provavo.

«Stai morendo?» uscì dalla sua stanza, stropicciandosi gli occhi, ritrovandomi sdraiata a terra che piangevo in silenzio «Che è successo?» si preoccupò un po' di più, avvicinandosi ma vedendo comunque un sorriso sul suo volto.

«Ti odio» mi asciugai le lacrime.

Sperai d'intenerirlo, ma quello che fece fu ridere il più piano possibile per non svegliare nessuno e aiutarmi ad alzarmi per portarmi in camera mia, chiudendo la porta.

«Stenditi, ti faccio un massaggio» m'istruì.

Solitamente odiavo i massaggi, e se fossi stata in me avrei rifiutato l'offerta senza pensarci, specialmente perché sarebbe stato lui a toccarmi, ma in quel momento mi sembrava l'unica via di uscita, così mi sdraiai sul letto senza obbiettare.

«Domani ti lascio libera» sghignazzò appena, sfregando le mani fra di loro per riscaldarle, poggiandole sulla caviglia sinistra ed infine salire, premendo per darmi sollievo, ed effettivamente me ne dava, e tanto anche.

Così tanto da lasciarmi andare ad un sospiro. Era inspiegabile la sensazione di liberazione che stavo provando.

«Grazie al cielo» sospirai ancora una volta.

Avevo il timore che mi avrebbe trascinata fuori di casa alle sette di mattina per andare a correre, come era successo il giorno prima, ma evidentemente un po' di tenerezza gliel'avevo fatta, visto che mi stava risparmiando chilometri di sofferenza.

«Si tratta solo di abitudine» sminuì, come se fosse del tutto normale.

«Non sono fatta per gli sport» appurai, rimanendo ad occhi chiusi «Mamma ci ha rinunciato quando da piccola mi portò a nuoto e quasi morii annegata»

«Sì, ma un po' di sport dovresti farlo, ti aiuta a pensare» scrollò le spalle, passando alla coscia «Puoi sfilarti il pantalone?» si grattò il naso, in attesa che seguissi ciò che mi chiese.

Non ci pensai due volte, già con quel piccolo distacco sentivo di nuovo i dolori impossessarsi di me, perciò mi sarei anche completamente denudata se questo voleva dire che mi avrebbe alleviato i dolori.

«Hai le mani d'oro» mormorai, beandomi di quel contatto così rigenerante.

«Hai mai provato ad andare in bicicletta?» mi chiese sovrappensiero «E' un modo per muoverti, ma non ti affatichi più di tanto»

«Vallo a dire ai ciclisti professionisti» aprii un solo occhio, fissandolo male «Dopodomani ruberò la bici a mamma» richiusi gli occhi e tornai nel mio mondo privo di dolori.

Proseguì con il massaggio anche sull'altra gamba, restando entrambi in silenzio, finchè non arrivò con le mani vicino all'inguine, scansando l'enorme felpa che mi copriva gli slip, e lì si fermò, scrutandomi per bene.

«E questa?» la sfiorò volutamente questa volta, facendomi sussultare appena.

«Una staccionata rovinata» alzai le spalle, come se non fosse stato doloroso farmi togliere tutte le schegge di legno dalla pelle, in una zona davvero molto delicata.

Honey||H.SDove le storie prendono vita. Scoprilo ora