2. Quando arriva la luna

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Il cielo si stava già scurendo, la luna sarebbe sorta dopo un po'. Guardai Alex. Ormai ci avevo fatto l'abitudine, ma lei no. Avevo fatto l'abitudine a buttarmi in acqua ogni sera prima che sorgesse la luna, e rimanerci finché non calava. Era questa la mia maledizione.   Se non facevo questo rituale ogni sera mi trasformavo in una bestia zannuta e piena di squame e tentacoli con le cozze appiccicate sopra. "un Pesce mannaro" così mi aveva definita mia sorella.

- tre, due, uno.... vai. - disse Alex. Mi tuffai in acqua. La luna era sorta nel momento in cui avevo toccato l'acqua. Faceva male.

Ogni sera. Ogni notte. Tutta la notte. E forse anche tutta la vita.

Le prime volte, avevo due o tre anni quando la maledizione ha iniziato a manifestarsi, mi in acqua dal dolore. Non dormivo, mai. 

Iniziai ad urlare, dentro di me. Mi sedetti sul fondo del lago salato, le gambe trattenute al petto dalle braccia. Appoggiai il mento sulle ginocchia e iniziai a cullarmi accompagnata dai miei mugolii di dolore attutiti dall'acqua. Non potevo respirare, mi trovavo a quindici metri sotto la superficie, il punto più profondo del lago. Non dovevo essere tentata dalla superficie, altrimenti, se respiravo, avrei liberato il mostro che ero diventata a causa della maledizione. Potevo resistere sott'acqua, senza ossigeno, per circa un'oretta; questo era il pro della maledizione. Ma una notte dura ben più di un'ora, perciò mi abbandonavo allo svenimento più totale. Però non morivo. La maledizione impediva anche che morissi a causa dell'oceano. O dell'acqua in generale. All'inizio non mi sembrava una cosa molto tragica ma il dolore rendeva tutto insopportabile. Mi sentivo come se qualcuno mi stesse strappando braccia e gambe per sostituirle con qualcosa di molliccio. Ma le braccia e le gambe rimanevano sempre lì.  poi arrivava un mal di testa fortissimo, che andava di gran lunga oltre la mia soglia di dolore. Era come se qualcosa ti entrasse da un orecchio e ti uscisse dall'altro spappolandoti il cervello. Per non parlare delle orecchie che fischiavano tanto forte da aumentare il mal di testa.
Poi svenni. Non sentivo più niente tranne l'acqua che invadeva il mio corpo e le alghe che mi ancoravano al fondo sabbioso del lago.
Sentivo delle voci. Mormorava no. Non capivo cosa dicessero ma stavano parlando di me.
Perché? Ecco. Una notte piena di perché.
Riuscivo a stento a trattenere l'impulso di tornare in superficie e prendere quell'unica boccata d'aria notturna che sarebbe bastata per farmi avvicinare alla riva e farmi trasformare in un mostro.
Ma COME avrei fatto?
COME facevo a pensare se ero svenuta? E PERCHÉ svenivo?
Le domande dovevano aspettare. Anche dal fondo del lago si poteva vedere che la luna era calata.
Fuori dal lago c'era Alex, come ogni mattina che mi aspettava con un cesto pieno di coperte e bende. Queste ultime servivano ad avvoglermi. Ogni notte, per non congelare il mio corpo produceva un secondo strato di pelle. All'alba si staccava. Era come se la mia pelle venisse lacerata poco alla volta con tanti aghi che scavavano in profondità, fino all'osso.
Uscii dal lago. Alex con la sua solita espressione spaventata e affettuosa. La mia pelle supplementare era abbandonata dietro di me come un bozzolo staccato. Invece la mia vera pelle era scottata e lacerata lasciando vedere la carne in alcuni punti. Bruciava. Il vento freddo mi bruciava. Sarei guarita in un ora, un ora di tortura. Alex iniziò a fasciarmi. Urlavo. Forte. Mi faceva male il solo sbattere le palpebre. Urlai ancora. Credevo di non riuscire a sopportarlo ma mi dicevo che erano quindici anni che venivo torturata dalla maledizione.
Mia sorella finì di avvolgermi nelle bende. Non più bianche ma rosse, sporche del mio sangue.
Riuscivo a malapena a camminare. Duecento metri mi separavano da casa. Ce la potevo fare.

Mi stesi sul letto ancora completamente bendata. Le coperte tirate fin sopra la testa. Alex dormiva su una poltrona accanto a me.
Lo scioglimento della maledizione sarebbe stato un sollievo per tutti.
Chiusi gli occhi e feci entrare il buoi nella mia testa accettando il fatto che la notte dopo avrei dovuto passare la stessa tortura. Niente in confronto alla prima notte, ricordavo tutto.
Sangue ovunque, ero impazzita, non capivo più niente. I miei tentacoli. Le zanne.
Eliminai quel ricordo nello stesso modo in cui si scaccia unaoca fastidiosa.
Iniziai a mugolare per il dolore della pelle lacerata a bruciata e ben presto mi addormentai.

La Figlia di Sparrow e la Maledizione del Diamante del SudDove le storie prendono vita. Scoprilo ora