Mi accorsi troppo tardi che mi trovavo sulla passerella. Sospesa su una trave di legno a qualche metro dall'acqua. Per giunta agganciata ad una pietra.
Come avevo fatto a non capirlo?
Mi stavano buttando in acqua.
Una spinta.
Una sola bastò a farmi cadere dalla passerella.
Non feci neanche in tempo a rivolgere un'ultimo sguardo alla Perla Nera che già mi trovavo a sprofondare, trascinata verso il fondo dalla pietra che mi avevano legato ai piedi.
Però la mia disavventura negli abissi aveva un pro: non potevo morire. La Maledizione mi impediva di essere uccisa dall'acqua. Ma dopo un'oretta di apnea sarei svenuta... Dovevo tornare in superficie. Ma come?
Cercai di slacciare il nodo che mi cingeva le caviglie, ma era troppo stretto. Così cercai di nuotare verso l'alto, ma mancava poco al fondo. La pietra era troppo pesante e io troppo stanca. Mi erano rimaste poche forze, risultato di quattordici anni di notti insonni.
Dentro di me mi dissi di non abbattermi... Ma come potevo?
Due mesi di navigazione... Il risultato? Restare sepolta quaranta metri sott'acqua a marcire.
Dopo cinque minuti toccai il fondo. Mi meravigliai. Mi parevano un po' troppi... Ma erano cinque minuti.
I capelli mi danzavano davanti agli occhi. Li tenevo aperti. Almeno potevo vedere dov'ero... Ma che dire? Sabbia, acqua, sabbia, acqua... E così via per svariate miglia.Mi sntivo sperduta... non riuscivo a perdonarmi la morte di quell'uomo. Non avevo mai ucciso qualcuno, ne tanto meno avevo intenzione di farlo. Autodifesa, mi ripetevo che era solomper autodifesa... ma non ci credevo veramente. Un omicidio è pur sempre un omicidio.
E poi quegli occhi bianchi... me li ricordavo perfettamente. Io avevo quegli occhi quattordici anni fa.
Però ormai quell'uomo era morto, non potevo tornare in dietro. Non potevo più salvarlo. Ma forse c'era una minima speranza di salvare me. Là sotto, non un raggio di luce, non un motivo per continuare.
Così pensando passò mezzora. Mi restava poco tempo per trovare il modo di tornare in superficie.
Mi occorreva qualcosa di affilato,tagliente, per spezzare la corda che mi legava il masso alle caviglie ancorandomi al fondale. ma una volta su? la perla era probabilmente già lontana e non c'erano possibilità di raggiungerla a nuoto... quella era la nave più veloce dei Caraibi.
Frugai nelle tasche della giacca... ma non un coltellino o un pugnale.
Però la mia salvezza era imminente. Uno scintillio, era flebile ma c'era. Era, più o meno, a cinque o sei metri da me. Probabilmente era un coltello. Iniziai a "nuotare" in direzzione dell'oggetto luminoso. Ma più che nuotare arrancai goffamente sulla sabbia, le dita affonate in quella polverina granulosa e argentata, trascinandomi dietro il masso.
Mi ci vollero ben cinque minuti per percorrere cinque metri. Afferrai il pugnale per la lama, con due dita. Aveva l'impugnatura in acciaio e la lama corta e affilata del medesimo materiale.
Con quell'arma minuta iniziai a tagliare le corde che mi cingevano le caiglie.
Non molto tempo dopo avevo finito di slacciare l'ultima corda. Iniziai immediatamente a galleggiare verso l'alto appesantita, però, dalla giacca di pelle. Così me la tolsi.
Presi a nuotare verso l'alto con foga, gli occhi bruciati dall'acqua salata dell'oceano.
Sapevo che, seppure poco a poco, mi stavo avvicinando alla superficie... ma più nuotavo più mi sembrava mi stessi allontanado dal punto d'emersione.
Ma non mi lasciai scoraggiare. Avevo una certa dimestichezza nell'ignorare gli scherzi che giocavano l'acqua e la stanchezza. Ed io ero molto molto molto stanca. Le braccia e le gambe non rispondevano più, ma cercavo di portarmi avanti pensando: ancora un po' Jo... solo un'altro po'...
Il fiato ormai, stava per finire... sarei svenuta... però la superficie mi colse come uno schiaffo in pieno viso. Respirai a pieni polmoni l'aria carica di iodio, assaporando il piacere di una speranza di sopravvivenza.
Ora giungeva il problema numero due: raggiungere la Perla o trovare la terra ferma.
In qualche modo avrei pur dovuto fare, avrei nuotato in una qualsiasi direzione ma un'asso nella manica si presentò alla mia portata
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La Figlia di Sparrow e la Maledizione del Diamante del Sud
Fanfiction(completata) Jack Sparrow e Angelica de Sevilla hanno una figlia, Joselyn. Ma Jack non lo sa. Angelica, prima di scomparire affida Joselyn a Henry e Carina. I Turner crescono la bambina insieme alla loro figlia, Alexandra. Le due ragazze crescono co...