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Aggiunsi l'uvetta all'impasto e continuai a mescolare gli ingredienti.
Quella mattina mi ero svegliata prima di Harry e visto che non avevo niente da fare, avevo deciso di approfondire le mie abilità culinarie. Iniziai a fischiettare e a muovere le anche a tempo di musica. Appena trasferita Londra, la sera mi divertivo sempre a mettere la musica a volume alto, ma i miei vicini si lamentarono e dovetti eliminare quell'abitudine. Ero passata davanti la camera di Harry appena sveglia, per vedere se stesse dormendo ed era disteso a dormire come un piccolo angioletto. Non gli avrei mai detto che sembrava un'agioletto, ma lo avrei sempre pensato. Il tempo quel giorno era strano, il sole si faceva strada tra le nuvole cariche d'acqua. Le prime gocce di pioggia non avrebbero tardato ad arrivare.
«Se Shakira ti vedesse sculettare in quel modo, ti inviterebbe ad entrare nel suo corpo di ballo.» ridacchiò Harry alle mie spalle. Allungai la mano e spensi subito la musica. «E forse ti darebbe uno stipendio migliore del mio.»
Riuscivo a sentire nel suo tono una nota di maliziosità.

Posai la ciotola che conteneva l'impasto sulla mensola della cucina e mi voltai verso di lui. «Da quanto mi guardavi?» e assottigliai gli occhi.

Alzò le spalle. «Più o meno da trenta secondi.»
Per un attimo ne fui vergognata.

«Be'...» cambiai discorso e presi il piccolo vassoglio su cui c'erano i primi dolcetti che avevo cucinato e li posai davanti ad Harry. «Ti ho preparato la colazione.»

Lui restò sorpreso dalla mia affermazione. «Mi avevi detto di non saper cucinare.»

«Sì, è vero.» mi sedetti davanti a lui. «Ma si da il caso che mia nonna mi abbia insegnato a cucinare dolci tipici francesi. E oggi te ne ho preparato un tipo, si chiamano Pain aux raisins.»

Corrugò la fronte. «Pain... di che cosa?»

«Harry, assaggia e basta.»

Lui ubbidì e ne prese uno in mano. Lo guardò attentamente. «Quali ingredienti hai usato?» domandò, curioso.

«Crema pasticcera e uvetta.» gli afferrai la mano con cui teneva l'impasto ancora fumante e la portai accanto alle sue labbra. «Non perderti in chiacchiere e mangia.»
Harry lo morse e iniziò a masticarlo.
Perché ci stava impiegando così tanto? Volevo sapesse cosa ne pensasse, e dovevo ammettere che l'agitazione mi stava assalendo.
Mi agitai sulla sedia e mi morsi l'interno della guancia. «Allora? Com'è?»

Harry mi guardò e smise di masticare. «Sarò molto sincero con te Emily...»
Odiavo quando si dilungava nei discorsi.

«Arriva al punto.» borbottai.

«È il miglior dolce che io abbia mangiato,» ne morse un altro pezzo. «Sono sincero, ne mangerei a quintali. È buonissimo.» si versò del succo d'arancia. Mostrai ad Harry il sorriso più stupido della mia vita, ma ero felice perché per una volta avevo cucinato qualcosa che non fosse andato a fuoco. «Smettila di sorridere in quel modo e prendine uno anche tu, o li mangerò tutti.»

Posai i gomiti sul tavolo e agganciai una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Oggi hai interviste?»

Harry scosse la testa in segno di negazione. «No, e ho dato un paio di giorni liberi a Simon; la moglie è in viaggio per lavoro e le sue bambine hanno la febbre, quindi non lo vedremo per un po'. E poi, se le è meritate.»

«Quell'uomo mi odia.»

«Non è vero.»

«Sì, invece.» alzai la voce ed Harry sussultò. «Credo che abbia la costante convinzione che io possa farti soffrire, e non lo sopporto.»

Harry prese un altro sorso di succo d'arancia. «Ma non lo farai.» confermò lui, quasi con noia.

«Potrei sempre licenziarmi...»

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